Sono state centinaia le persone che a Padova hanno risposto all’appello lanciato da alcune realtà cittadine per manifestare contro la presenza in città del Comitato NO194, movimento tristemente noto che punta all’abrogazione della legge 194/1978 sull’aborto. Un comitato composto da cattofascisti travestiti da onesti cittadini, paladini di un fantomatico diritto alla vita, con in mano crocifissi, rosari e feti di plastica, che da anni tenta di infilarsi nelle corsie ospedaliere o nei consultori per terrorizzare, accusare di assassinio, condannare senza possibilità di appello le donne che abortiscono.
Il giorno prima della manifestazione la Questura di Padova disponeva l’obbligo di staticità, di fatto mettendo sullo stesso piano chi vuole cancellare diritti conquistati in decenni di lotte femministe e chi si attiva tutti i giorni per ampliare i diritti e difendere le persone stigmatizzate e discriminate. Una provocazione che non ha scoraggiato la partecipazione ed è stata respinta al mittente: «vogliono rinchiuderci in un presidio statico, come vogliono rinchiuderci nei nostri corpi e nel nostro binarismo» dice una studentessa poco prima che il presidio di piazza Garibaldi inizi a muoversi per le vie del centro cittadino.
Nessun dubbio quindi; si parte in corteo con il ritmo scandito dai tamburi della Murga e con i cori che connotano tutte le manifestazioni trasfemministe. «Obietta su ‘sta fregna» è rivolto a chi quotidianamente promuove la violenza antiabortista, limitando il diritto delle donne a scegliere cosa fare del proprio corpo. Il corteo ha rivendicato non solo la difesa della Legge 194, ma anche la completa autodeterminazione delle donne e delle soggettività non eteronormate. «Vogliamo gli obiettori fuori da ospedali, consultori e farmacie; vogliamo un’educazione sessuale transfemminista nelle scuole; vogliamo anticoncezionali gratuiti; vogliamo che la religione non abbia voce in capitolo sulle nostre scelte» viene ribadito in molti interventi.
Nel corso degli interventi sono molte le questioni affrontate: dalle drammatiche esperienze personali che spiegano quanto sia invadente e invasiva la propaganda antiabortista nei confronti di chi sceglie di fare un’interruzione di gravidanza ai limiti imposti dall’articolo 9 della legge 194, quello che tutela la cosiddetta “obiezione di coscienza”.
In prima fila anche le grucce, in solidarietà alle donne polacche a cui è negato il diritto di abortire. La gruccia è infatti il simbolo dell’hanger abortion: molti aborti casalinghi si praticano proprio con l’aiuto di queste grucce, un intervento atroce e pericolosissimo effettuato ovviamente senza anestesia, che è costato la vita a moltissime donne.
La manifestazione si è conclusa con una performance in piazza Antenore, davanti alla Prefettura, mentre davanti al Santo i pochissimi giunti in supporto al Comitato NO194 – meno di una ventina! – ammainavano i loro tetri vessilli e continuavano a vivere le loro ipocrite esistenze.