Legambiente: «In Italia non decollano gli impianti da fonti rinnovabili»

«Da un lato un Paese costituito da un grande fermento, fatto di Amministrazioni pubbliche, imprese e territori che si muovono in tante direzioni diverse per realizzare impianti da fonti rinnovabili: dai piccoli impianti domestici, alle comunità energetiche fino ai grandi impianti industriali. Dall’altro, numeri che si confermano sconfortanti rispetto alla capacità potenziale di realizzazione, agli obiettivi climatici al 2030 e alle mancate opportunità di innovazione e di welfare strutturale per imprese e famiglie»: questa la fotografia di un’Italia a due facce fornita dalla sedicesima edizione di “Comunità Rinnovabili”, il rapporto di Legambiente.  
In Italia, secondo il dossier, sono presenti circa 1,35 milioni di impianti da fonti rinnovabili, distribuiti in tutti i Comuni italiani per una potenza complessiva di 60,8 GW, di cui appena 1,35 GW installata nel 2021 tra idroelettrico, eolico e fotovoltaico. «In termini di produzione, il contributo complessivo portato dalle fonti rinnovabili al sistema elettrico italiano è arrivato, nel 2021 a 115,7 TWh, facendo registrare un incremento di appena 1,58% rispetto al 2020. Un trend decisamente al di sotto di quelli che dovrebbero essere gli obiettivi annuali, causato dalla pandemia, ma anche e soprattutto dal sistema farraginoso di rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione dei progetti» spiegano dall’associazione. 

«Numeri in crescita, invece, per le nuove opportunità di autoproduzione e scambio di energia attraverso le Comunità Energetiche da fonti rinnovabili: 100 quelle complessivamente mappate da Legambiente in queste ultime 3 edizioni del Rapporto, tra realtà effettivamente operative (35), in progetto (41) o che muovono i primi passi verso la costituzione (24) – prosegue Legambiente – Tutte raccolte nella Mappa presente sul sito comunirinnovabili.it e realizzata in collaborazione con Esri Italia e ActionGis. Tra queste 59 le nuove, censite tra giugno 2021 e maggio 2022, che vedono il coinvolgimento di centinaia di famiglie, decine di Comuni e imprese, di cui 39 sono Comunità Energetiche Rinnovabili e 20 Configurazioni di Autoconsumo Collettivo».  

«I numeri raccolti dalla nuova edizione del rapporto si confermano drammaticamente insufficienti per affrontare il caro bollette e l’emergenza climatica, per liberarci dalla dipendenza dall’estero— ha commentato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – e soprattutto rischiano di farci raggiungere l’obiettivo di 70 GW di nuovi impianti a fonti rinnovabili al 2030 tra 124 anni, se calcoliamo la media di installazione degli ultimi tre anni, pari a 0,56 GW. Il Governo italiano segua l’esempio del programma europeo Repower EU, smetta di lavorare dando priorità alla diversificazione dei paesi da cui acquistare il gas fossile e climalterante; si concentri invece sulla semplificazione dell’iter autorizzativo e sulla certezza delle regole per consentire alle aziende del settore di investire 80 miliardi di euro e realizzare in 3 anni 60 GW di nuova potenza, come proposto da Elettricità Futura, in grado di sostituire il 70% del gas russo. È il momento di cambiare registro per risolvere l’incomprensibile ostracismo di uffici ministeriali, Regioni, Comuni, Sovrintendenze, comitati cittadini e di alcune sigle ambientaliste perché le famiglie, le imprese e il Pianeta non possono più attendere».  

Comuni italiani: i dati

Sono 40 i Comuni 100% rinnovabili e 3.493 quelli 100% elettrici. «Numeri importanti, che raccontano un potenziale di autoconsumo che potrebbe trasformare il nostro sistema energetico proprio a partire da queste realtà – prosegue l’associazione – Così come i numeri di diffusione delle singole tecnologie: 7.127 i Comuni con almeno un impianto solare termico, 7.855 i Comuni con impianti solari fotovoltaici in cui sono distribuiti 22,1 GW di potenza, 1.054 Comuni in cui è presente almeno un impianto eolico con 11,2 GW, 1.523 Comuni in cui è presente almeno un impianto idroelettrico, per complessivi 23 GW. E ancora 4.101 Comuni delle bioenergie e 942 Comuni della geotermia (tra alta e bassa entalpia). Rispetto ai Piccoli Comuni (sotto il 5mila abitanti), a cui il PNRR mette a disposizione 2,2 miliardi per la costituzione proprio delle CER, 38 i Piccoli Comuni 100% rinnovabili, 9 quelli che presentano i migliori risultati in termini di mix energetico; 2.271 i Piccoli comuni 100% elettrici, in grado di produrre più energia elettrica di quella consumata dalle famiglie residenti grazie ad una o più fonti pulite e 772 i piccoli comuni la cui produzione di energia da fonti rinnovabili varia tra il 50 e il 99%».  

«Questo è il momento per attuare la rivoluzione energetica di cui tutti parlano — ha commentato Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente —Ci sono tutte le condizioni: le rinnovabili sono ormai mature, il prezzo delle diverse tecnologie è in continua riduzione, cosa che non si può certamente dire delle fonti fossili, sotto scacco delle logiche geopolitiche. Le imprese ci sono. E gli esempi di CER che presentiamo stanno dimostrando sempre di più il potenziale di questi importanti strumenti in termini di contrasto della povertà energetica, di senso di comunità, spopolamento, mobilità elettrica, consapevolezza, pace, lotta contro l’emergenza climatica. Il Governo acceleri subito sullo sblocco dei progetti ancora fermi al palo e sulla pubblicazione degli strumenti necessari per dare risposte alle decine di CER ancora in attesa delle norme, favorendone la diffusione».

Le Best Practices

Numerose le esperienze che raccontano che, una rivoluzione per il nostro sistema energetico, è possibile. «Tra queste le 20 esperienze di autoconsumo collettivo, nate grazie al progetto Energheia: oltre 700 famiglie che, grazie all’energia prodotta dagli impianti solari utilizzata per alimentare le pompe di calore aria-acqua e i servizi comuni nei condomini, otterranno una riduzione del fabbisogno energetico da fonte fossile tra il 57% e l’81% per i consumi elettrici e da un minimo del 17% ad un massimo di 56% per quelli termici. O ancora, nel caso delle CER, la CER Nuove Energie Alpine o quella di Ventotene, la Comunità Energetica Critaro (in Calabria) insieme a quelle siciliane di Messina, Sortino e Blufi che hanno posto l’accento sui benefici sociali per le fasce di popolazione che vivono in condizioni di disagio socioeconomico – spiegano ancora da Legambiente – Tante storie diverse che vedono protagonisti 55 Comuni, da San Daniele, in Friuli-Venezia Giulia, a Ragusa, dove l’Amministrazione ha deciso di impegnarsi in un ampio di progetto di promozione di comunità energetiche su tutto il territorio comunale; da Basiglio, prima comunità energetica dell’area metropolitana di Milano, ad Ussaramanna e Villanovaforru, in Sardegna; le oltre 20 imprese coinvolte, direttamente e indirettamente, nella creazione di comunità energetiche, come il Gruppo Amaranto che ha dato vita,  in Molise, ad AMARES, comunità energetica d’imprese».  

Le proposte di Legambiente

«Aggiornare il PNIEC con i nuovi obiettivi di decarbonizzazione, autorizzare entro il 2023 progetti di nuovi impianti a fonti rinnovabili per 90 GW di potenza installata. Semplificare e rendere trasparenti i processi autorizzativi, dando non solo certezza negli investimenti alle imprese, ma anche ai territori con una procedura che permetta ai cittadini di essere informati e confrontarsi sui progetti – sottolineano dall’associazione – Servono poi regole che permettano il corretto sviluppo degli impianti agrivoltaici ed eolici offshore, promuovendo una grande campagna di informazione. Risulta necessario uno sforzo delle aziende del settore nel comprendere l’importanza della miglior integrazione possibile, andando oltre semplici indicazioni di legge; importante anche valorizzare il patrimonio esistente fatto di bacini e pompaggi, questi ultimi sottoutilizzati, e dichiarare le infrastrutture da fonti rinnovabili di interesse pubblico prevalente. Inoltre, risulta strategico fare in modo che, lo sviluppo del nuovo sistema energetico basato sulle fonti rinnovabili, sia un’opportunità anche per affrontare i problemi sociali del nostro Paese, partendo da una campagna di solarizzazione di tutti i tetti (pubblici e privati) fino allo sviluppo di comunità energetiche, specie quelle con specifiche finalità sociali. A questo proposito sono numerose le urgenze da affrontare: che il Governo e le Autorità definiscano al più presto tecnicalità e incentivi indispensabili, che nei bandi del PNRR destinati ai piccoli comuni si faccia uno sforzo reale per renderli compatibili con il loro sviluppo, semplificando le modalità di concessione di finanziamenti e rendendo i congrui i tempi per la risposta ai bandi; che si completi finalmente il processo di semplificazione delle autorizzazioni, evitando che progetti approvati e finanziati siano poi bloccati dalla burocrazia e dalle sovrintendenze. Il tutto accompagnato da politiche finanziarie e risorse adeguate alla sfida».  

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«Puntare sulla tutela e sul ripristino ambientale, sul recupero delle risorse, sul risparmio energetico e idrico, sull’efficienza energetica e sull’uso di energie rinnovabili è già di per sé un preciso e chiaro piano di intervento politico, sociale, occupazionale ed economico – si legge nell’introduzione – Lavorare in questa direzione garantisce vantaggi e ritorni da ogni punto di vista e coinvolgendo tutti i cittadini si possono avere risultati estremamente positivi, fino all’azzeramento delle emissioni climalteranti in un tempo breve. Gli elementi fondamentali di un’azione del genere sono tutti presenti: economia, lavoro e ambiente, quindi di conseguenza tutela della salute, e devono essere veicolati all’interno di valori che guardano anche alle future generazioni per la costruzione di un autentico benessere».

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