Cynthia Chung
cynthiachung.substack.com
Attualmente agli Europei viene detto che la crisi energetica in arrivo, con i prezzi del gas naturale ora quattro volte più alti rispetto all’anno scorso, deriva da un inverno più lungo, dalla concorrenza con i Paesi dell’Asia orientale per il gas e da problemi legati alle forniture, cioè ritardi nella manutenzione e minori investimenti. I prezzi del gas determinano a loro volta i prezzi dei mercati dell’elettricità, dato che 1/5 dell’elettricità europea è prodotta utilizzando gas naturale. [Questo articolo è stato pubblicato la prima volta il 23 febbraio 2022].
Secondo questa narrativa, come stabilizzare questa crisi ed evitarla in futuro? Accelerando la transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili e ai biocarburanti (spesso l’energia nucleare non viene nemmeno menzionata come fonte energetica a zero emissioni di carbonio).
Ci viene detto che l’eccessiva dipendenza degli Europei dal gas naturale e dal carbone e la loro lenta transizione verso le energie rinnovabili e i biocarburanti sono alla base della crisi energetica.
A questa tesi ha dato credito la Commissione UE di Bruxelles. Lo zar dell’UE per il clima, Frans Timmermans, aveva dichiarato nel suo discorso di apertura alla discussione “Fit for 55,” il 6 ottobre 2021:
“Voglio dire chiaramente che, se avessimo avuto il Green Deal 5 anni fa, non saremmo in questa posizione. Avremmo molta più energia rinnovabile, i cui prezzi sono costantemente bassi, e non saremmo così dipendenti dai combustibili fossili provenienti dall’esterno dell’Unione Europea.”
Così, l’UE ha preso in mano la situazione e, nel luglio 2021, ha proposto “Fit for 55,” un piano per ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030. Grazie ad un processo legislativo accelerato, il piano potrebbe diventare legge nel 2022.
Questi piani coincidono con un altro progetto dell’UE, intitolato “Farm to Fork” (dalla fattoria alla tavola), proposto per la prima volta nel maggio 2020 e che, secondo il sito della Commissione Europea, è al centro del Green New Deal europeo. È promosso come parte dell’approccio energetico sostenibile per il futuro e prevede di ridurre le emissioni di C02 nella produzione di cibo, che, ironia della sorte, è ciò che è necessario per alimentare la vegetazione e l’agricoltura.
Il “Farm to Fork” è oggetto di molte controversie perché intende imporre approcci specifici all’agricoltura, comprese tecnologie come la modificazione genetica (che dovrebbero sostituire i fertilizzanti, ora considerati estranei al Green Deal perché richiedono energia per la loro produzione).
C’è molto da analizzare. Cominciamo con l’affermazione di Timmermans, secondo cui, se il Green Deal fosse stato fatto partire 5 anni fa, l’Europa non sarebbe nella crisi energetica in cui si trova oggi.
L’ABC dell’energia
È diventato un tema comune per i leader politici non accettare la responsabilità delle conseguenze che i loro cittadini saranno costretti a vivere, o meglio a subire. Se dovessimo prendere per buona l’affermazione di Timmermans, perché allora i vari Paesi sono stati spinti a ridimensionare le loro fonti energetiche non rinnovabili prima che le rinnovabili fossero teoricamente abbastanza abbondanti da soddisfare responsabilmente il fabbisogno energetico?
In altre parole, l’affermazione di Timmermans è o delirante o criminalmente incompetente, a prescindere da come la si guardi.
O Timmermans è un illuso, perché le energie rinnovabili non sono in grado di compensare il nucleare, il gas naturale e il carbone, oppure è un criminale incompetente, perché, in piena crisi energetica, non ammette che è stato il suo ruolo di zar del clima dell’UE ad aver messo gli Europei in una posizione così pericolosa. Non ammette che la riduzione dell’energia non rinnovabile prima che sia disponibile una capacità sufficiente di energia rinnovabile causerà una crisi energetica devastante, una crisi che ora sta avendo serie conseguenze sulla produzione alimentare.
Secondo questo articolo di Bloomberg del gennaio 2021, nel 2020 il mondo ha investito somme senza precedenti in attività a basso contenuto di carbonio, con un record di 501,1 miliardi di dollari, superando del 9% l’anno precedente, nonostante la sovrapposizione con la pandemia COVID-19.
Il capo analista di BloombergNEF (BNEF) ha riferito che:
“I nostri dati mostrano che il mondo ha raggiunto mezzo trilione di dollari l’anno di investimenti per decarbonizzare il sistema energetico. La generazione di energia pulita e il trasporto elettrico stanno registrando forti incrementi, ma hanno bisogno di ulteriori aumenti di spesa man mano che i costi scendono… Dobbiamo parlare di trilioni di dollari all’anno se vogliamo raggiungere gli obiettivi climatici.”
Secondo quest’altro articolo di Bloomberg, il private equity sta abbandonando i combustibili fossili dal 2017. Cioè, gli investimenti seri nella transizione verso l’energia verde erano iniziati 5 anni fa, il numero magico a cui Timmermans aveva fatto riferimento come se non stesse accadendo davvero.
Entrambi i grafici dimostrano che i finanziamenti per l’energia verde “accettabile” sono stati abbondanti, di fatto trilioni di dollari. Ma, a quanto pare, questo non è sufficiente per poter iniziare a vedere un effettivo guadagno in termini di forniture energetiche.
Mark Carney, ex governatore della Banca del Canada, ex direttore della Banca d’Inghilterra e ora inviato speciale delle Nazioni Unite per l’azione sul clima e la finanza, ha annunciato alla COP26 che “si stima che nei prossimi tre decenni saranno necessari 100.000 miliardi di dollari di investimenti per un futuro di energia pulita.” Si tratta di una cifra incredibile.
Ci sono diversi problemi con questa affermazione. Perché questo mercato dell’energia pulita richiede una quantità così esorbitante di finanziamenti? I Paesi che non possono permettersi questi costi, cosa ci si aspetta che facciano? Perché ci viene detto che il mercato dell’energia si stabilizzerà solo tra tre decenni? E perché le forniture di energia non rinnovabile vengono rapidamente ridotte, tanto che il nucleare sarà inesistente in Paesi come la Germania tra un anno, se la tempistica per essere pienamente operativi con l’energia verde è di 30 anni nel futuro? Da dove verrà l’energia nel frattempo, durante questa cosiddetta fase di transizione?
Cominciamo dai costi esorbitanti. Uno dei fattori principali è che queste energie verdi approvate da Carney hanno un fattore di capacità inferiore rispetto alle energie non rinnovabili, in particolare rispetto al nucleare.
Il fattore di capacità misura la produzione effettiva di energia rispetto alla quantità massima che potrebbe potenzialmente essere generata in un determinato periodo senza alcuna interruzione.
Pertanto, quando si sente dire che un numero x di impianti solari o di turbine eoliche può generare la stessa quantità di energia di una centrale nucleare, bisogna diffidare, poiché si utilizza la massima produzione di energia potenziale (cioè sole per tutte le 24 ore di un giorno senza nuvole, venti forti 24 ore su 24, 7 giorni su 7) invece di considerare il fattore di capacità. Ciò che una centrale nucleare promette, lo mantiene. Non è così per l’eolico e il solare, di cui stiamo vedendo gli effetti in Europa. (Per coloro che hanno paura del nucleare a causa di Fukushima, vedere qui).
Nell’immagine sopra riportata i pannelli solari hanno un fattore di capacità massimo del 24,9%, ma si tratta di un valore piuttosto generoso. A seconda del pannello solare utilizzato, il fattore di capacità varia in genere dal 17% al 23%. Anche l’eolico ha un fattore di capacità spesso inferiore al generoso 35,4% indicato sopra. Nel caso dell’Ontario, in Canada, il fattore di capacità dell’energia eolica è in media del 27%. (Inoltre, secondo l’Energy Information Administration del Dipartimento dell’Energia, nel 2009 il fattore di capacità medio delle centrali a carbone era del 63,8%).
Ciò significa che se il vostro Paese ha bisogno di x GW di energia per sostenersi e, se utilizzate il solare o l’eolico con un fattore di capacità del 25%, allora dovrete costruire un numero di impianti solari o eolici quattro volte superiore a quello teoricamente necessario per ottenere il 100% della produzione energetica promessa (cioè la produzione energetica massima potenziale che utilizzano per promuovere i loro prodotti come concorrenti delle fonti non rinnovabili).
Pertanto, quando si afferma che i pannelli solari sono la forma di energia più economica, non si tiene conto del fattore di capacità e, nel migliore dei casi, il costo è in realtà 4 volte e, nel peggiore dei casi, 6 volte quello che si dichiara sulla carta.
Sia il solare che l’eolico hanno anche il costo aggiuntivo dello stoccaggio delle batterie e di una rete energetica che deve essere pienamente funzionante nei periodi in cui non c’è attività solare ed eolica.
L’EROI (Energy Returned on Investment) è il rapporto tra l’energia restituita e l’energia investita per una determinata fonte energetica, lungo il suo intero ciclo di vita. Quando il numero è alto, l’energia proveniente da quella fonte è facile da ottenere e poco costosa. Quando invece il numero è piccolo, l’energia proveniente da quella fonte è difficile da ottenere e costosa. Il numero che rappresenta il punto di equilibrio per l’alimentazione di una società moderna è circa 7.
Si noti che, secondo l’EROI, l’energia solare fotovoltaica e la biomassa non sono nemmeno in grado di raggiungere il pareggio: si immette più energia di quanta se ne riceve in cambio. Come abbiamo visto finora, il nucleare è la fonte energetica a zero emissioni di carbonio più efficiente e conveniente.
La Germania si vanta di un 45% di energia rinnovabile lorda, ma questo non dice tutto. In uno studio del 2021, l’Istituto Frauenhofer ha stimato che la Germania dovrebbe installare una capacità solare almeno 6-8 volte superiore a quella attuale per raggiungere gli obiettivi del 100% senza emissioni di carbonio entro il 2045, con costi stimati in migliaia di miliardi.
Secondo il rapporto, l’attuale capacità solare lorda di 54 GW dovrà aumentare a 544 GW entro il 2045. Ciò significherebbe uno spazio di 3.568.000 acri (1,4 milioni di ettari), ovvero più di 16.000 chilometri quadrati di pannelli solari in tutto il Paese. Senza contare tutte le stazioni eoliche. Terreni agricoli e foreste saranno distrutti e asfaltati, il tutto per le cosiddette energie rinnovabili solari ed eoliche, ecologiche ma inaffidabili e incredibilmente costose.
Nel bel mezzo di una grave carenza di cibo, dovuta alla crisi energetica che ha ridotto la produzione di fertilizzanti, agli Europei viene anche detto che devono ridurre drasticamente i terreni agricoli per far posto alle nuove fattorie di pannelli solari e mulini a vento. Inoltre, i pannelli solari hanno il gravissimo problema dello smaltimento, perché si tratta di rifiuti tossici, e non esistono soluzioni prontamente disponibili, a differenza del nucleare.
Le proiezioni ufficiali dell’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (IRENA) affermano che “si prevedono grandi quantità di rifiuti annuali entro i primi anni 2030,” che potrebbero raggiungere un totale di 78 milioni di tonnellate entro il 2050.
Harvard Business Review ha riferito:
“Se le sostituzioni precoci avvengono come previsto dal nostro modello statistico, in soli quattro anni possono produrre una quantità di rifiuti 50 volte superiore a quella prevista da IRENA. Questa cifra si traduce in circa 315.000 tonnellate metriche di rifiuti, sulla base di una stima di 90 tonnellate per MW di rapporto peso-potenza.
Per quanto allarmanti, queste statistiche potrebbero non rendere piena giustizia alla crisi, poiché la nostra analisi si limita alle installazioni residenziali. Se si aggiungono i pannelli commerciali e industriali, la scala delle sostituzioni potrebbe essere molto, molto più ampia.”
Harvard Business Review aggiunge che l’industria del solare non ha in realtà un piano per gestire l’enorme quantità di rifiuti tossici che le nazioni dovranno affrontare da qui a 10 anni, aggiungendo che, sebbene l’incentivo finanziario per finanziare la produzione di pannelli solari sia alto, c’è poco “incentivo finanziario” nel capire cosa fare con i rifiuti.
Harvard Business Review continua:
“Entro il 2035, i pannelli scartati supereranno di 2,56 volte le nuove unità vendute. A sua volta, questo catapulterebbe il LCOE (il costo livellato dell’energia, una misura del costo complessivo di un bene che produce energia nel corso della sua vita) a quattro volte la proiezione attuale.” L’economia del solare – che sembrava così brillante nel 2021 – si oscurerà rapidamente quando l’industria affonderà sotto il peso della sua stessa spazzatura.”
Anche in questo caso, quindi, ci sono enormi costi nascosti nei pannelli solari che attualmente non tengono conto delle spese di smaltimento, a prezzi astronomici, dei loro stessi rifiuti rifiuti.
Ma i contraccolpi non finiscono qui.
L’Europa e il Nord America avranno bisogno di enormi volumi di acciaio e cemento per costruire i milioni di pannelli solari e i parchi eolici previsti. Come si producono l’acciaio e il cemento? Con il carbone e l’energia nucleare. La produzione di acciaio e cemento è talmente intensiva dal punto di vista energetico che l’energia solare ed eolica non è sufficiente a produrre le proprie componenti.
Non solo, ma queste rinnovabili inaffidabili stanno consumando una quantità enorme di energia per la loro produzione di massa, nel bel mezzo di una crisi energetica che non mostra alcuna fine in vista. La produzione alimentare è già diminuita drasticamente a causa della carenza di fertilizzanti (che richiedono energia per la loro produzione). Dovremmo continuare a far crollare la produzione alimentare per poter costruire questi enormi e inaffidabili parchi solari ed eolici, senza alcuna fonte di energia alternativa significativa, a parte l’idroelettrico, su cui fare affidamento?
Gli Europei dovranno forse di fame per questo “futuro energetico pulito”?
Fit for 55: alcuni casi di studio
Nel 2002 l’energia nucleare tedesca era la fonte del 31% dell’energia elettrica a zero emissioni di carbonio del Paese.
Nel 2011, quando la Cancelliera Merkel aveva dichiarato la sua Energiewende, per eliminare gradualmente il nucleare a favore delle energie rinnovabili, 17 centrali nucleari fornivano in modo affidabile il 25% di tutta l’energia elettrica del Paese.
L’Energiewende della Merkel sosteneva che la Germania avrebbe potuto raggiungere il 100% di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2050. Tuttavia, non c’è mai stata l’intenzione di rendere la Germania autosufficiente nella produzione di energia. Lo studio di Martin Faulstich e del Consiglio consultivo statale per l’ambiente (SRU) sosteneva che l’Energiewende avrebbe funzionato perché la Germania avrebbe potuto acquistare energia idroelettrica in eccesso, priva di emissioni di carbonio, dalla Norvegia e dalla Svezia.
Tuttavia, le riserve di energia idroelettrica di Svezia e Norvegia (dopo un’estate secca e calda) nell’inverno 2021-2022 erano pericolosamente basse e operavano solo al 52% della capacità. Ciò significa che il livello di elettricità esportata in Danimarca, Germania e, più recentemente, nel Regno Unito è destinato a crollare. Inoltre, la Svezia sta pensando di chiudere le proprie centrali nucleari, che forniscono al Paese il 40% dell’elettricità. Se la Svezia decide di chiudere il suo nucleare, non sarà più in grado di soddisfare il fabbisogno energetico di questi altri Paesi europei. Che fare allora?
Nonostante tutte queste incertezze che caratterizzano la crisi energetica europea, il 31 dicembre 2021 il nuovo governo di coalizione tedesco aveva chiuso definitivamente tre delle sue sei centrali nucleari. Incredibilmente, avevano deciso di farlo in un momento di crisi energetica devastante, tanto che un forte fronte freddo avrebbe potuto portare a blackout elettrici. A causa dell’esitazione del governo tedesco a utilizzare il Nord Stream 2, la Germania sta affrontando un aumento del 500% del prezzo spot dell’elettricità rispetto al gennaio 2021. La chiusura delle restanti 3 centrali nucleari è prevista per la fine del 2022.
La Germania ha anche ridotto la produzione di carbone. Dal 2016 ha eliminato 15,8 GW prodotti dal carbone. Per compensare l’inadeguatezza della produzione di energia solare ed eolica, la rete elettrica tedesca deve importare un’enorme quantità di elettricità dalla Francia e dalla Repubblica Ceca, ironicamente in gran parte dalle loro centrali nucleari. Oggi la Germania ha il costo dell’elettricità più alto di qualsiasi altro Paese industriale a causa dell’Energiewende.
E, mentre scriviamo questo articolo, il 22 febbraio, il Cancelliere della Germania Olaf Scholz ha appena annunciato il congelamento del Nord Stream 2 come “punizione” per il riconoscimento da parte di Putin dell’indipendenza delle regioni di Donetsk e Luhansk nell’ex Ucraina orientale, avvenuto il 21 febbraio.
Chi pensa di punire veramente Scholz?
Ora possiamo vedere chiaramente che la Germania, che è il Paese più duramente colpito dalla crisi energetica in Europa occidentale, è stata la prima a iniziare la sua transizione verde.
Contrariamente a quanto sostiene Timmermans su come sarebbe la situazione se i vari Paesi avessero effettuato la transizione all’energia verde 5 anni fa, la Germania aveva iniziato la sua transizione verde 11 anni fa e il verdetto è sotto gli occhi di tutti. I Tedeschi sono i meno sovrani nella loro autosufficienza energetica e pagano i prezzi più alti per l’energia di base.
Stranamente, quando nel gennaio 2021 il Ministro federale tedesco per l’Economia e l’Energia, Peter Altmaierm aveva concluso un accordo di investimento con la Cina per lo sviluppo dell’idrogeno come energia verde, gli Stati Uniti avevano criticato il fatto che Altmaier non avesse aspettato l’insediamento di Biden prima di firmare un simile accordo!
A quanto pare, la Germania non ha il diritto di decidere le sue politiche energetiche, anche se sono verdi.
L’alleanza bancaria Net Zero di Carney
In occasione della COP26, l’inviato speciale delle Nazioni Unite per l’azione per il clima e la finanza Mark Carney aveva annunciato con soddisfazione che più di 450 aziende, che rappresentano 130.000 miliardi di dollari di attività (il 40% delle attività finanziarie mondiali), fanno ora parte della Glasgow Financial Alliance for Net Zero (GFANZ).
Carney ha anche annunciato che Michael Bloomberg sarà l’inviato speciale delle Nazioni Unite per le ambizioni e le soluzioni climatiche e ambasciatore di Race to Zero.
È infatti l’approccio di Carney al finanziamento dell’energia verde il fattore che maggiormente ha causato l’aumento dei prezzi delle forme di energia non rinnovabili.
Mark Carney, ex direttore della Banca d’Inghilterra, ha chiesto una “alleanza bancaria a zero emissioni” in cui le banche hanno accettato di non concedere prestiti ai produttori, ma solo di mettere i fondi nella bolla verde, nella bolla del carbonio e così via. Di conseguenza, la produzione futura di energia diminuirà, anche se ci sono ampie risorse disponibili, creando un’ulteriore scarsità artificiale.
In un’intervista al Washington Post, Mark Carney ha dichiarato che le banche private del settore finanziario devono produrre un cambiamento nelle ‘tubature’ del sistema finanziario per spingere la liquidità nella bolla speculativa e tagliare gli investimenti nell’economia produttiva. Carney ha detto che il cambiamento climatico deve diventare il “motore fondamentale di ogni decisione di investimento o di prestito.”
In altre parole, o si segue il programma verde (che ignora il nucleare come verde) o non si ottiene credito. Una politica che, come prevedibile, farà salire i prezzi dell’energia.
Questa politica di Mark Carney ha già causato il fallimento di diverse società energetiche in Europa e non c’è stata alcuna correzione a questa politica, nonostante l’Europa sia in crisi energetica.
Blackrock e altri fondi d’investimento globali hanno imposto l’abbandono degli investimenti energetici sul petrolio, sul gas e sul carbone per incrementare l’energia solare ed eolica.
Lo chiamano investimento ESG (Environmental, Social, Governance). Gli investimenti ESG sono in piena espansione a Wall Street, nella City di Londra e in altri mercati finanziari mondiali da quando, nel 2019, l’amministratore delegato di BlackRock Larry Fink è entrato a far parte del consiglio di amministrazione del Klaus Schwab World Economic Forum.
Gli investimenti ESG funzionano attraverso la creazione di società di certificazione ESG che assegnano valutazioni ESG alle società azionarie e puniscono finanziariamente quelle che non rispettano i requisiti ESG. La corsa agli investimenti ESG ha fatto guadagnare miliardi a Wall Street e alla City di Londra. Ma ha anche frenato il futuro sviluppo di petrolio, carbone e gas naturale nella maggior parte del mondo.
Questo non è un piano per una transizione graduale verso l’energia solare ed eolica. Si tratta di un rapido sventramento di tutte le altre fonti energetiche prima che si riesca a fornire l’incremento energetico promesso con il solare e l’eolico, che, ironicamente, hanno bisogno di carbone e di energia nucleare per la loro produzione.
Al ritmo con cui stanno chiudendo tutte le altre fonti energetiche concorrenti, sembra che non potranno essere soddisfatte nemmeno le richieste di produzione per i parchi eolici e solari, semplicemente perchè non ci sarà abbastanza energia per la loro costruzione.
Le conseguenze di queste azioni dovrebbero essere sotto gli occhi di tutti. L’obiettivo dell’energia “sostenibile” 2030 dell’ONU è ormai chiarissimo. Si tratta di un passo verso la riduzione della popolazione su scala globale.
Dalla fattoria alla tavola: il Grande Fratello dell’agricoltura
Nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite vengono delineati 17 obiettivi sostenibili per il 2030, tra cui l’”agricoltura sostenibile.” Tuttavia, a ben guardare, i regolamenti che stanno cercando di imporre distruggeranno un’enorme parte della produzione agricola dell’UE e faranno salire di molto i prezzi globali degli alimenti, già in aumento. Questa strategia “Farm to Fork” “Dalla fattoria alla tavola” è sostenuta dal World Economic Forum di Klaus Schwab e fa parte della loro proposta per il Grande Reset.
Tenete presente che “sostenibile,” secondo la definizione delle Nazioni Unite e del Forum economico mondiale di Davos, significa raggiungere zero emissioni di carbonio entro il 2050. Non significa che la produzione di cibo sarà a livelli sufficienti per sfamare le persone in tutto il mondo, o che i prezzi degli alimenti saranno accessibili. Inoltre, non significa che gli alimenti stessi saranno sicuri per il consumo.
L’Europa è il secondo produttore mondiale di alimenti. Pertanto, qualsiasi cosa l’Unione Europea si impegni a fare avrà effetti massicci a livello globale.
Nell’Agenda “Farm to Fork” si afferma che gli attuali sistemi alimentari dovranno essere “riprogettati” per ridurre le emissioni globali di gas serra, il consumo di risorse naturali e proteggere la biodiversità e la salute. Sarà quindi necessario introdurre “nuove tecnologie e scoperte scientifiche,” anche se i dettagli su che tipo di “tecnologie” e “scoperte” vengono mantenuti volutamente vaghi.
Come pensano i funzionari non eletti di Bruxelles di ridurre 1/3 delle emissioni di gas serra entro il 2050? In modo molto simile a come stanno trattando le energie non rinnovabili. Intendono mandare in bancarotta gli agricoltori richiedendo nuovi e costosi input per la produzione e nuove e radicali piante geneticamente manipolate e brevettate con una sicurezza tutta da dimostrare. In altre parole, la dottrina Monsanto è diventata il Grande Fratello dell’agricoltura.
Ci sono molti casi documentati di agricoltori citati in giudizio da Monsanto perché un’azienda agricola vicina utilizzava semi brevettati da Monsanto che, prevedibilmente, sarebbero finiti sull’appezzamento dell’azienda vicina. Questo è ciò che fanno i semi, vengono dispersi dal vento. Tuttavia, incredibilmente, la Monsanto ha creato un precedente legale in base al quale gli agricoltori possono essere citati in giudizio perché i semi della Monsanto crescono, a loro insaputa, tra le loro colture. Come può un agricoltore, con un terreno agricolo aperto, proteggersi da una simile situazione? Non può. L’unica scelta è quella di acquistare ogni anno i semi suicidi della Monsanto, dal prezzo esorbitante e autosterilizzanti.
Il documentario “Kiss the Ground” (2020), estremamente ben fatto, spiega come Monsanto abbia mandato in bancarotta i piccoli agricoltori e costretto quasi tutti quelli rimasti ad adottare il diktat di Monsanto, che ha portato a rese annue sempre più basse. Era chiaro che le promesse di Monsanto di rivoluzionare l’agricoltura erano più che altro distruttive. Il documentario illustra anche come la nostra comprensione della C02 nel ciclo naturale degli ecosistemi vegetali e dell’agricoltura venga attualmente gravemente fraintesa.
“The Cattle Site” scrive riferendosi al rapporto pubblicato il 2 novembre 2020 dal Servizio di Ricerca Economica dell’USDA sui potenziali effetti economici e correlati delle strategie Farm to Fork e Biodiversity proposte dalla Commissione Europea:
“Raramente un rapporto è stato così attento a non dire ciò che deve dire: qualunque siano gli scenari considerati, l’effetto di queste strategie sarà una riduzione senza precedenti della capacità produttiva dell’UE e del reddito dei suoi agricoltori. La maggior parte della riduzione delle emissioni agricole ottenuta grazie a queste strategie sarà cancellata da una fuga di sostenibilità verso i Paesi terzi derivante da questa perdita di produzione.
…Qualunque sia lo scenario considerato, tutti i settori registrano cali di produzione compresi tra il 5% e il 15%, con i settori zootecnici che subiscono l’impatto più pesante. I cambiamenti nella produzione porterebbero ad una diminuzione delle posizioni nette di esportazione per i cereali, la carne suina e il pollame e ad un peggioramento del deficit commerciale dell’UE per i semi oleosi, gli ortofrutticoli, la carne bovina, ovina e caprina. Nel frattempo, qualunque sia lo scenario, i prezzi di produzione mostrano un aumento netto di circa il 10%, con un effetto negativo sui redditi della maggior parte degli agricoltori.
Tuttavia, il punto più importante del rapporto dal punto di vista del Copa e della Cogeca [il sindacato degli agricoltori dell’UE] riguarda gli effetti attesi di questa strategia: il rapporto mostra che le strategie “Farm to Fork” e “Biodiversity”, insieme alla nuova PAC, potrebbero contribuire a ridurre le emissioni di gas serra del settore agricolo del 28,4% entro il 2030. Ciò fa dire ad alcune ONG ambientaliste che queste strategie produrranno il risultato atteso. Questo si ferma a metà del ragionamento. Uno dei principali risultati del rapporto è che più della metà delle riduzioni di gas serra previste in tutti gli scenari sono sostituite da aumenti equivalenti delle emissioni di gas serra nei Paesi terzi.”
Incredibilmente, la riduzione promessa delle emissioni di gas serra sarà semplicemente trasferita ai Paesi del Terzo Mondo, per cui l’intera premessa per imporre questi regolamenti agricoli draconiani non raggiungerà nemmeno gli obiettivi sostenibili per il 2030, per non parlare del 2050.
In altre parole, non stanno pianificando di raggiungere i loro cosiddetti obiettivi di sostenibilità a zero emissioni di carbonio, ma stanno prevedibilmente creando una carenza di cibo con un aumento dei prezzi e un’ulteriore centralizzazione della produzione alimentare, mandando in bancarotta i piccoli agricoltori.
Ancora una volta, vediamo che il piano del Green New Deal, se analizzato più da vicino, non è un piano fattibile, ci sarà cioè un crollo prima che raggiunga gli obiettivi proposti.
Forse era proprio questo il punto…
Ritorno al futuro
Nel numero di maggio 1990 della rivista WEST, Maurice Strong (architetto dell’Agenda 21 delle Nazioni Unite, sottosegretario dell’ONU, cofondatore del Forum economico mondiale, segretario generale della Conferenza di Stoccolma del giugno 1972 sulla Giornata della Terra e amministratore della Fondazione Rockefeller) aveva rilasciato un’intervista intitolata “Il mago del Baca Grande.” Nell’ultima pagina dell’intervista è scritto quanto segue:
“Strong mi dice che ha spesso desiderato di poter scrivere. Ha un romanzo che gli piacerebbe fare. È qualcosa a cui sta pensando da un decennio. Sarebbe un racconto ammonitore sul futuro. Ogni anno, spiega come sfondo alla trama del romanzo, si riunisce a Davos, in Svizzera, il World Economic Forum. Più di mille amministratori delegati, primi ministri, ministri delle finanze e accademici di spicco si riuniscono a febbraio per partecipare alle riunioni e stabilire le agende economiche per l’anno successivo. Sulla base di questo scenario, l’autore dice: “E se un piccolo gruppo di questi leader mondiali giungesse alla conclusione che il rischio principale per la Terra proviene dalle azioni dei Paesi ricchi? E se il mondo deve sopravvivere, questi Paesi ricchi dovrebbero firmare un accordo per ridurre il loro impatto sull’ambiente. Lo faranno?”… L’uomo che ha fondato il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, che ha scritto parte del Rapporto Brundtland e che nel 1992 cercherà di far firmare ai leader mondiali, riuniti in Brasile, proprio un accordo di questo tipo, assapora le domande che aleggiano nell’aria. Lo faranno? I Paesi ricchi accetteranno di ridurre il loro impatto sull’ambiente? Accetteranno di salvare la Terra?
…Strong riprende la sua storia. La conclusione del gruppo è “no.” I Paesi ricchi non lo faranno. Non cambieranno”… [Quindi] “Questo gruppo di leader mondiali,” continua, “forma una società segreta per provocare un collasso economico… Si sono posizionati nei mercati mondiali delle materie prime e delle azioni… Per salvare il pianeta, il gruppo decide: l’unica speranza per il pianeta non è che le civiltà industrializzate crollino? Non è forse nostra responsabilità far sì che ciò avvenga?“
Quindi, la domanda è: siete disposti a essere sacrificati ai falsi dei dell’Agenda verde del WEF?
Cynthia Chung
Fonte: cynthiachung.substack.com
Link: https://cynthiachung.substack.com/p/the-eus-fit-for-55-farm-to-fork-and-0ff
19.07.2022
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org