È stato diffuso il Rapporto Ispra 2022 che fornisce informazioni sulla presenza di residui di prodotti fitosanitari nelle acque superficiali e sotterranee in Italia. I dati sono riferiti al biennio 2019-2020: nel 55,1% dei punti di monitoraggio delle acque superficiali sono stati individuati pesticidi.
Nel rapporto, i risultati del monitoraggio 2019-2020 sono presentati in termini di frequenza di ritrovamento e distribuzione delle concentrazioni e sono valutati i livelli di contaminazione ottenuti per confronto con i limiti di qualità ambientale.
«Le indagini 2020 hanno riguardato 4.388 punti di campionamento e 13.644 campioni. Nelle acque superficiali sono stati trovati pesticidi nel 55,1% dei 1.837 punti di monitoraggio; nelle acque sotterranee nel 23,3% dei 2.551 punti – si legge nel rapporto – Sono state trovate 183 sostanze diverse, rappresentate per la maggior parte da erbicidi. Le concentrazioni misurate sono in genere frazioni di μg/L (parti per miliardo), ma gli effetti nocivi delle sostanze si possono manifestare anche a concentrazioni molto basse. Il risultato complessivo indica un’ampia diffusione della presenza di pesticidi».
Nel biennio 2019-2020 sono stati analizzati complessivamente 31.275 campioni per un totale di 2.492.581 misure analitiche, il numero delle sostanze cercate nel 2020 corrisponde a 406.
«Se è vero che nel Nord del Paese la presenza dei pesticidi risulta più elevata di quella media nazionale, arrivando a interessare il 67% dei punti delle acque superficiali e il 34% delle acque sotterranee, come già segnalato, deve essere tenuto presente che questo dipende anche largamente dal fatto che le indagini sono generalmente più rappresentative – si legge ancora nel rapporto – Si assiste ad un’ottimizzazione del monitoraggio, che è diventato nel tempo più efficace e si è concentrato in modo particolare nelle aree dove è più probabile la contaminazione».
«Nelle acque superficiali, 561 punti di monitoraggio (30,5% del totale) hanno concentrazioni superiori ai limiti ambientali. Le sostanze che più spesso hanno determinato il superamento sono: gli erbicidi glifosate e il suo metabolita AMPA, metolaclor e il metabolita metolaclor-esa, imazamox, esaclorobenzene e nicosulfuron, tra i fungicidi azossistrobina, dimetomorf, carbendazim e metalaxil» scrive ancora Ispra.
«Nelle acque sotterranee, 139 punti (il 5,4% del totale) hanno concentrazioni superiori ai limiti. Le sostanze più rinvenute sopra il limite sono: i metaboliti metolaclor-esa e atrazina desetil desisopropil, gli erbicidi bentazone, glifosate e AMPA e imazamox, l’insetticida imidacloprid e il fungicida metalaxil».
«La frequenza di pesticidi nei punti di monitoraggio e nei campioni complessivamente aumenta nel periodo 2011-2020, in modo correlato all’estensione della rete e al numero delle sostanze cercate – spiega il rapporto – L’incremento è più pronunciato per le acque superficiali dove, nel 2020, la frequenza di ritrovamenti nei campioni raggiunge il valore massimo del 57,2%.
Nelle acque superficiali, la frequenza del superamento degli SQA ha un aumento regolare, raggiungendo il valore massimo nel 2020 (30,5%). Le sostanze che maggiormente contribuiscono a determinare i superamenti sono il glifosate e il metabolita AMPA».
E ancora: «L’indicatore è pressoché stabile nelle acque sotterranee, con valori intorno al 5%. La possibile spiegazione va ricercata nelle dinamiche lente del comparto, in particolare, delle falde profonde. I metaboliti metolaclor-esa e atrazina desetil desisopropil e l’erbicida bentazone sono tra i principali responsabili di non conformitù. La frequenza di ritrovamento delle sostanze prioritarie della DQA ha un andamento crescente fino al 2018 sia nelle acque superficiali che sotterranee. La tendenza decrescente dell’ultimo biennio si spiega probabilmente col fatto che gran parte dei pesticidi dell’elenco di priorità sono fuori commercio e quella misurata è il residuo di una contaminazione storica. Al declino dei ritrovamenti totali inoltre contribuisce la revoca nel 2020 di due delle sostanze fino a quella data ancora in vendita e tra le più ritrovate, clorpirifos e diuron».
In merito alle vendite di prodotti fitosanitari, il rapporto afferma che «nel 2020 sono state pari a 121.550 tonnellate (56.557 ton. i principi attivi). Dal 2011 al 2020 si è verificata una sensibile diminuzione delle quantità messe in commercio, indice di un più cauto impiego delle sostanze chimiche in agricoltura, dell’adozione di tecniche di difesa fitosanitaria a minore impatto e dell’aumento dell’agricoltura biologica».
«Diminuiscono anche le vendite di prodotti fitosanitari per unità di superficie agricola utilizzata (SAU), la media nazionale corrisponde a 4,5 kg/ha. Il dato fornisce un’indicazione indiretta della pressione sul territorio esercitata dai pesticidi. I dati di monitoraggio evidenziano la presenza di miscele nelle acque – scrive ancora Ispra – Con un numero medio di 4,3 sostanze e un massimo di 31 sostanze in un singolo campione. La contaminazione da pesticidi, ma il discorso vale per tutte le sostanze chimiche, è un fenomeno complesso e difficile da prevedere, sia per il grande numero di sostanze impiegate, sia per la molteplicità dei percorsi che possono seguire nell’ambiente. Si deve, pertanto, tenere conto che l’uomo e gli altri organismi sono spesso esposti a miscele di sostanze chimiche, di cui a priori non si conosce la composizione, e che lo schema di valutazione basato sulla singola sostanza non è adeguato. È necessario prendere atto di queste evidenze, confermate a livello mondiale, con un approccio più cautelativo in fase di autorizzazione. Nel decennio 2011-2020 c’è stato un incremento della copertura territoriale e della rappresentatività delle indagini. Rimane ancora, tuttavia, una disomogeneità fra le regioni e la necessità di inserire nei protocolli regionali alcune sostanze che, ove cercate, sono responsabili del maggior numero di casi di non conformità, quali per esempio glifosate, imazamox, nicosulfuron e carbendazim. È ancora necessario uno sforzo di armonizzazione delle prestazioni dei laboratori, date le differenze fra le varie regioni. I limiti analitici dovranno, in particolare, essere adeguati per consentire il confronto con gli SQA, che spesso sono sensibilmente più bassi, tenendo conto di quanto stabilito dalla Direttiva 2009/90/CE, che fissa criteri minimi di efficienza per i metodi utilizzati per monitorare lo stato delle acque, dei sedimenti e del biota».