Vivere o morire, questo è il problema

Di Alberto Conti, ComeDonChisciotte.org

Riassunto delle puntate precedenti:

La grande sfida: la logica dell’azienda privata è quella di massimizzare gli utili, anche grazie all’impiego di nuove e potenti tecnologie che aumentano le produzioni e realizzano economie di scala, facendo crescere dimensionalmente l’azienda stessa. I surplus finanziari si accumulano e si concentrano ulteriormente tramite acquisizioni e privatizzazioni, dando vita ad oligopoli di settore e generando oligarchie finanziarie, veri centri di potere onnipervasivo, anche delle istituzioni pubbliche le cui politiche vengono forzate verso strategie funzionali a consolidare il lucro privatistico, degradando la funzione pubblica fino a trasformarla in regime totalitario.

La mela più grande è la più rubata: i consumi di massa richiedono produzioni di massa, realizzabili e perfezionabili con potenti tecnologie che necessitano di grandi investimenti.

Tali concentrazioni di capitale nascono o diventano private ed elitarie coerentemente all’ideologia liberista dominante, che si radicalizza calpestando le istanze sociali e promuovendo politiche reazionarie che favoriscono l’ascesa di un’oligarchia autoreferenziale di affaristi senza scrupoli.

Con la forza del denaro così accumulato costoro acquisiscono e controllano i gangli mediatici e culturali, ridotti a settori merceologici come gli altri, tramite i quali plasmano la pubblica opinione per poter sdoganare subdolamente ogni decisione politica contrapposta agli ideali democratici originali, volti a tutelare gli interessi popolari. Una classe politica parimenti corrotta e ricattata completa e fortifica il sistema, sbandierando ipocritamente tali ideali come velo di Maya, mentre di fatto impone politiche antipopolari o peggio strategie suicidarie di massa.

A questi nefasti processi epocali corrisponde purtroppo anche un degrado cognitivo e morale di massa, nonostante l’inedita condizione favorevole di un relativo benessere materiale diffuso, per quanto eroso dalle continue rapine sistemiche. Si diffonde in questo contesto l’alienazione consumistica e una conseguente deriva nichilista.

E’ quindi chiaro che il tormentato transito evolutivo dell’umanità attraverso l’epoca della tecnologia avanzata, presenta due facce complementari, entrambe con le loro crisi che si alimentano reciprocamente: la dimensione spirituale intimistica e quella sociale politica.

Per sfuggire alla trappola ciascuno dovrebbe aprire gli occhi e confrontarsi con la propria realtà esistenziale riconoscendosi e valorizzandosi in essa, per poi riflettere i contenuti di questa sua ricerca nel prossimo suo e per estensione nei valori universali dell’intera umanità, che una volta risvegliata spiritualmente sarebbe finalmente in grado di scegliere l’azione politica coerente col superamento di questa inevitabile crisi evolutiva, liberandosi dalla trappola mortale che comporta, descritta talvolta metaforicamente come “Matrix”, dall’omonimo film di fantascienza. Non è escluso che l’attuale grave crisi economica, politica, morale, con tutte le sofferenze diffuse che comporta, serva anche da stimolo al suddetto risveglio, secondo una classica dinamica di “azione-reazione”.

La scelta a questo stadio è tra la vita e la morte, intese non tanto di se stessi individualmente, cosa che non avrebbe alcun senso visto che siamo mortali, quanto rispetto al principio universale della vita intesa sia in senso biologico di specie che in senso animico, entrambi percepibili individualmente.

Si può fare la scelta giusta semplicemente obbedendo alla propria stessa natura e/o al volere divino, a seconda delle inclinazioni e sensibilità personali.

Questa necessaria crescita umana che passa attraverso una scelta di coscienza, comporta una forte discontinuità col passato storico, fatto di violenze e prevaricazioni contro individui, classi sociali, etnie, popoli, culture, animali, ambiente, ecc. Una scia di sofferenze e di sangue che va interrotta e ripudiata con grande determinazione, rifiutando categoricamente il pregiudizio egocentrico-razzista che la alimenta a scopo di privilegio e utilizzando tutta la forza necessaria che scaturisce da ritrovate convergenze di cuore e ragione.

E’ ormai chiara e ripetutamente denunciata l’evidenza empirica del meccanismo di funzionamento di questa trappola, connaturata al percorso di transizione verso l’età della tecnologia imperante: nella dimensione sociale è la tollerata e legalizzata privatizzazione e concentrazione delle ricchezze derivanti dai consumi di massa, che tramite un’equilibrata fiscalità dovrebbero costituire patrimonio pubblico, mentre in quella individuale è l’egocentrismo edonistico che impoverisce e indebolisce lo spirito. In effetti ogni individuo è indotto dal sistema consumistico a comportarsi come fosse un bambino viziato da troppi giochi accattivanti e futili. Troppo preso dal gioco per poter crescere e alla lunga annoiato dal suo stesso agire compulsivo, questo bimbo vittima della sua immaturità finisce per ipotecare inconsapevolmente il proprio futuro. Metafora magistralmente illustrata nel capolavoro di Collodi, una bella favola a lieto fine, almeno per l’eroico protagonista che si trasforma nel corpo e nello spirito.

Azzardiamo ora un’ulteriore riflessione per cogliere da un punto di vista ancor più generale il senso paradossale di questa trappola esistenziale.

La specie homo sapiens ha probabilmente sviluppato la corteccia cerebrale per aumentare le proprie capacità cognitive, al fine di potersi adattare alle circostanze, superando le difficoltà della vita individuale e sociale in ambienti mutevoli e spesso ostili. In altre parole ha sviluppato la propria intelligenza al fine di sopravvivere quando le condizioni ambientali ne minacciavano l’esistenza, analogamente a come si sono evoluti e specializzati altri organi funzionali quali pellicce, zanne, collo, olfatto, ecc. in altre specie animali. Comunque sia è grazie all’intelligenza ed alle sue applicazioni che taluni popoli hanno potuto superare gravi minacce d’estinzione in particolari luoghi ed epoche.

Ora però la “Minaccia esistenziale” è ancora più forte che in passato, ma questa volta proviene dai frutti della nostra intelligenza, che ha consentito mirabolanti quanto pericolosi progressi tecnologici. E non abbiamo altro che quella stessa intelligenza per sfangarla anche questa volta, applicandola però a noi stessi ed ad una nostra dimensione sociale ampliata, procedendo dal meditare per meglio percepire il senso autentico di questa nostra limitata permanenza sul pianeta che generosamente ci ospita, ma non farà sconti alle nostre ripetute ed esagerate follie. Una percezione sfuggente, ma che si può coltivare, appartandosi un’attimo dalla frenesia e dal frastuono di questo mondo fasullo.

Un altro esempio fondamentale per dare corpo a queste riflessioni riguarda invece l’uso concreto di uno strumento virtuale apparentemente semplice, creato dal nulla dall’intelligenza umana: il denaro.

Non è un’invenzione particolarmente sofisticata, non certo paragonabile per complessità a quelle applicate alla fabbricazione di strumenti fisici tecnologicamente avanzati, ormai di uso corrente in vari campi. Però ha un enorme portata sociale, nel senso che il suo utilizzo di massa determina l’intera economia moderna come nessun’altra applicazione delle nuove scoperte scientifiche riesce a fare.

Tutti usiamo quotidianamente il denaro per vivere e crediamo perciò di conoscerlo bene, avendone esperienza diretta. Tuttavia i più ignorano le strumentalizzazioni possibili e poste in essere di questa realtà artificiale, mirate ad accumularne grandi quantità prelevandole dagli altri, dai loro risparmi o dal loro lavoro. La chiamano impropriamente finanza, gestita dalle banche.

Del resto è anche molto diffusa la mania spasmodica all’arricchimento finanziario personale, motivata da due proprietà fondamentali del denaro. La prima è che si tratta di un diritto cumulabile di prelievo di qualsivoglia merce o servizio offerti nel cosiddetto mercato, ormai senza più confini geografici, allo scopo di soddisfare quasi tutte le esigenza e i desideri personali, altrimenti irrealizzabili. La seconda, e molto più perversa e riservata a pochissimi, è che l’accumulo di enormi diritti di prelievo conferisce pari potenza di dominio sui più, afflitti al contrario da una carenza cronica di denaro, talvolta insufficiente anche per poter soddisfare dignitosamente i propri bisogni primari. La povertà dei più non è una calamità naturale, ma una precisa strategia voluta dai ricchi.

Quello degli scambi commerciali a base monetaria è un gioco sociale che necessita di un garante delle regole, a tutela della necessaria fiducia nello strumento denaro. Recentemente le tecnologie informatiche hanno reso possibile lo sviluppo di criptovalute apparentemente indipendenti da un qualsivoglia gestore, ma la realtà è ben diversa, ed è quella di un monopolio bancario globale composto da oligopoli valutari interdipendenti, il tutto gestito dall’elite dei privatizzatori apolidi sotto le mentite spoglie dell’autorità pubblica presente in varia forma in tutti gli Stati del pianeta. Mentite spoglie consentite dal fatto, come già detto, che l’elite dei padroni universali è riuscita a infiltrare, con propri emissari che ne condividono gli interessi venali, sia le istituzioni pubbliche che i vari settori economici in gran parte già privatizzati, o residualmente a capitale pubblico o misto, conquistando le une e gli altri sinergicamente, tramite la forza corruttiva del denaro prodotto e accumulato in misura potenzialmente illimitata. Questo è per gli oligarchi un comportamento obbligato, perché la natura sociale del denaro non può prescindere dalla funzione pubblica che ne garantisce la legalità ed un suo utilizzo universale e possibilmente stabilizzato (tramite fiscalità), così come non prescinde da un’economia reale per le cui dinamiche è ancora indispensabile.

L’idea stessa di un’anarchia monetaria felice fondata sulle criptovalute appare inconsistente anche ad un’analisi sociologica e politica minimale, relegando perciò il futuro di questo tipo di moneta a realtà di nicchia, ininfluenti sui destini generali del mondo, o peggio ancora a realtà gestite e inglobate dall’attuale piovra bancaria globale.

Abbiamo anche già visto come le logiche di mercato, legittime e illegittime, legali e fraudolente, favoriscano sempre la concentrazione di ricchezza, che in un’economia a base monetaria si traduce in concentrazioni finanziarie in un vertice elitario separato dalla base stratificata per classi di reddito, il tutto ben simboleggiato nella piramide d’ispirazione massonica raffigurata nella banconota americana da 1 dollaro.

L’unico contrasto possibile a questa distopia sociale poggia sull’autorità pubblica regolatrice, la cui corruzione e dissoluzione appare perciò disperante per una legittima aspirazione alla giustizia sociale universale, ove l’amore prevalga sul privilegio. Tuttavia l’autorità pubblica rimane comunque indispensabile, ineliminabile, e la sua presenza garantita giustifica parimenti la fondata speranza di poterla recuperare alle sue funzioni popolari più oneste e rappresentative. In questo gioco di ruoli siamo tutti coinvolti nella nostra tormentata e rischiosa esperienza evolutiva, da una posizione che non può essere passiva e rassegnata, nonostante la schiacciante disparità di forze che ci sentiamo mordere addosso. Perciò la scelta, tra la pienezza della vita ed una morte nullificante, è una scelta libera ma obbligata allo stesso tempo, anche contro ogni apparente evidenza contraria. Ognuno di noi ha una sua capacità di lottare, così come di abbandonarsi, ma avremo sempre la speranza di poter dire un giorno che la vita è bella, impermanente o eterna che sia, e lo potrà essere ancora, e ancora, e di più, nonostante tutto e tutti.

A tutti questi enormi problemi globali ogni Popolo reagisce a modo suo e in varia forma, a seconda delle sue condizioni. La nostra povera Patria vede sovrapporsi a queste problematiche generali un suo vulnus particolarmente acuto, una limitazione nascosta e strisciante, ma di fatto assai severa e ineludibile, della propria indipendenza e sovranità, ancor più che in altri Paesi europei. Situazione che perdura da diverse generazioni ed esplode ora in aperta e lacerante contraddizione tra interessi nazionali ed interessi del blocco atlantico di appartenenza, il cui centro di potere si trova ora in palese difficoltà nel tentativo disperato di conservare la tradizionale egemonia unipolare post guerre mondiali, con tutto ciò che comporta la paventata perdita dei relativi privilegi illegittimi. Ma questa è un’altra storia, nella storia.

Di Alberto Conti, ComeDonChisciotte.org

03/11/2022

Alberto Conti. Laureato in Fisica all’Università Statale di Milano, docente matematica e fisica, sviluppatore software gestionale, istruttore SAP, libero pensatore, collaboratore di Giulietto Chiesa, padre di famiglia, appassionato di filosofia, psicologia, economia politica, montagna, fotografia, fai da te creativo, sempre col gusto alla risoluzione dei problemi.

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