I mondiali di calcio, così come qualsiasi attività sportiva rilevante, sono un gigantesco business, ma i prossimi che si giocheranno in Qatar sono ancora più scandalosi e una autentica vergogna da ogni punto di vista.
Si svolgeranno in un paese desertico abitato da circa 300 mila qatarioti dove il calcio non ha nessuna tradizione e storia. Per la costruzione degli stadi e delle infrastrutture è stata impegnata per la quasi pressoché totalità manodopera di immigrati e un’inchiesta del giornale inglese The Guardian riporta la morte di 6500 lavoratori ed è una cifra probabilmente sottostimata. Praticamente i dati di una guerra civile.
Persone costrette ai lavori forzati in un paese monarchico ereditario, senza partiti politici, considerato come non libero, dove il controllo è totale, l’omosessualità è punita con anni di carcere e vigono ancora fustigazione e pena di morte. Per non parlare poi dell’impatto ambientale che avranno queste infrastrutture con costi energetici e idrici enormi, essendo il tutto in pieno deserto.
Ma il Qatar, con i soldi che ha dai giacimenti di petrolio e gas, può comprarsi qualsiasi cosa e persona con affari che coinvolgono anche multinazionali dei combustibili fossili e industrie di armi, quindi il tappeto rosso è d’obbligo.
Con questa forza persuasiva, pure se il Qatar fosse stato al Polo Nord, gli sarebbe stato concessa l’organizzazione dei mondiali.
Infatti questi mondiali, più che organizzati sembrerebbe siano stati comprati dai soldi di quel paese e su questo sono in corso verifiche. Perché ormai tutto si compra e si vende al miglior offerente, non importa cosa e chi, anche le imprese più pazzesche e assurde. E che il soldo vinca su tutto lo dimostrano le varie squadre che partecipano ai mondiali e che rappresentano anche il mondo che si considera evoluto, emancipato e non discriminante (a parole) ma che accettano senza problema di fare da comparsa nella passerella dei miliardari del Qatar, legittimando in questo modo le loro condotte e azioni. Se è vero che tanti paesi si dichiarano tutelatori di diritti e sostenitori dell’eguaglianza (entrambi gli aspetti messi assai in discussione con la faccenda Covid), sarebbe bastato non partecipare motivando il rifiuto con tutto quanto elencato sopra, che basta e avanza. Ma nessuno lo ha fatto, decretando il primato del soldo sempre e comunque anche sopra a morti e diritti.
Nemmeno un calciatore ha rifiutato di partecipare; eppure, nonostante in genere i calciatori non siano certo dei Nelson Mandela, qualcuno avrebbe potuto fare un gesto che sarebbe rimasto nella storia, così come lo sono stati tanti gesti di sportivi contro questa o quella ingiustizia. Invece nulla, niente, alla faccia delle tante belle e vuote parole su razzismo, diritti, minoranze, donne, omosessuali, ambiente.
Ennesima dimostrazione che nelle società dove il soldo è tutto, oltre il soldo c’è il nulla, al massimo un pallone sgonfiato.