di Giorgio Bona
Jay Roach, regista conosciuto per il film indipendente Zoo Radio del 1990 che doveva essere il successore comico di Animal House del 1978 e di Porky’s del 1981, ma anche più per Mystery, Alaska, 1999, e soprattutto per pellicole di genere comedy come Ti presento i miei, 2000, e Mi presenti i tuoi, 2004, compie un’inversione di rotta nella sua produzione quando, nel 2015, vara L’ultima parola – La vera storia di Dalton Trumbo, dal libro omonimo di Bruce Cook, 1977 (in Italia per Rizzoli, 2016) ambientato nell’America alla fine degli anni Quaranta con l’avvento del maccartismo. L’isterica caccia ai simpatizzanti comunisti voluta dal senatore Joseph McCarthy, a capo della principale commissione per la repressione delle attività antiamericane, si concretizza come noto in attacchi personali nei confronti di funzionari governativi, uomini di spettacolo e di cultura: un periodo chiamato caccia alle streghe (metaforicamente, ma con emblematico riferimento al caso di Salem attraverso il dramma Il crogiuolo di Arthur Miller, scritto in quel contesto) per l’infondatezza fanatica di sospetti e imputazioni. La Red Scare (paura rossa) vede emergere sgomitando il controllo di sicurezza interno, una sorta di polizia politica che svolge indagini e raccoglie informazioni.
Il maccartismo rappresenta uno dei momenti più bui della storia di quel paese che si autoproclama roccaforte ed esempio di democrazia. Come nel tanto vituperato nemico stalinista i presupposti ideologici e l’uso infame dello strumento della delazione sono sufficienti per la sospensione di fatto dello stato di diritto: una semplice denuncia di deriva comunista basta a far scattare l’arresto e le vittime perdono il lavoro e conoscono la barbarie di un carcere federale (o peggio, si pensi al caso Rosenberg, 1950-51). Il risultato è il momento di più esasperato anticomunismo del secondo dopoguerra, con una serie di purghe politiche a ogni livello e in ogni campo. Ma a venir colpito è in modo particolare il mondo della cultura, da quella scientifica – finiscono sotto sorveglianza scienziati come Einstein e Linus Pauling, cui viene ritirato il passaporto (poi restituitogli solo dopo l’assegnazione del premio Nobel per la chimica) – all’ambiente di Hollywood, dove al tempo lavorano molti europei simpatizzanti per le sinistre costretti a emigrare dopo l’avvento dei fascismi.
Ed è appunto a Hollywood che Jay Roach ambienta L’ultima parola, raccontando la vita dello sceneggiatore Dalton Trumbo (1905-1976), autore di parecchi classici film hollywoodiani, nell’interpretazione straordinaria e partecipata di Bryan Cranston che entra alla perfezione nella parte del personaggio.
Dalton Trumbo viene arrestato con l’accusa di essere un simpatizzante comunista e, soprattutto per un aspetto che dà allora molto fastidio al perbenismo borghese della società americana, ovvero la partecipazione attiva ai sindacati e alle associazioni che si occupano del riconoscimento dei diritti civili. Una fede, una dignità che lo porta a non rispondere alle domande formulate durante il processo: come quella posta a bruciapelo da J. Parnell Thomas, senatore e presidente della Commissione per le attività antiamericane “lei è mai stato membro del partito comunista?”. Trumbo non risponde; alle sue spalle si trovano Humphrey Bogart, Lauren Bacall, Gene Kelly, John Garfield e John Huston.
Siamo nel 1947: centinaia di scrittori, registi e attori sono chiamati a deporre. Soltanto dieci di loro, quelli poi definiti gli Hollywood Ten, saranno inquisiti e imprigionati per essersi rifiutati di parlare o di tradire gli amici e i compagni. Ricordiamone i nomi: Alvah Bessie, sceneggiatore; Herbert Biberman, sceneggiatore e regista; Lester Cole, sceneggiatore; Edward Dmytryk, regista; Ring Lardner Jr., sceneggiatore; John Howard Lawson, sceneggiatore; Albert Maltz, sceneggiatore; Samuel Ornitz, sceneggiatore; Adrian Scott, produttore e sceneggiatore; e appunto Dalton Trumbo, sceneggiatore.
È vietato al congresso di fare alcuna legge per il riconoscimento di qualsiasi religione o di proibirne il libero culto; per limitare la libertà di parola, o di stampa, o il diritto del popolo a riunirsi in forma pacifica e a presentare petizioni al governo per rettifica dei torti subiti.
Per questo motivo la domanda è anticostituzionale
(Dalton Trumbo alla Commissione per l’attività antiamericane).
Questo è l’inizio di un campo di concentramento americano.
Devo consultare un medico per sapere se è possibile fare un intervento per asportare la coscienza.
Per tredici anni tutte le più importanti produzioni di Hollywood si rifiuteranno di affidare incarichi a Dalton Trumbo per paura di essere associate alle sue convinzioni politiche. E mentre in Russia si intraprende la strada della clandestinità letteraria con la samizdat ovvero la produzione che arriva in incognito in occidente per la pubblicazione, ecco l’aspetto paradossalmente parallelo del maccartismo che va di pari passo con lo stalinismo.
Dalton Trumbo viene costretto a vendere la sua casa per salvare la propria famiglia e si inventa uno pseudonimo per scrivere in incognito sceneggiature retribuite miseramente. Tuttavia non cederà le armi e non smetterà di combattere; e dopo tredici anni di persecuzioni l’attore Kirk Douglas e il regista Otto Preminger otterranno di inserire il nome di Dalton Trumbo nei loro successi Spartacus ed Exodus, entrambi 1960, chiudendo così di fatto il periodo della caccia alla streghe e delle liste nere.