Il Giappone è immune all’inflazione, chissà perché! La banca centrale pompa denaro

di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

Pare proprio che il Giappone, sia ormai l’unico esempio di paese cosiddetto “moderno”, ad aver compreso come realmente funzionano i sistemi monetari che usano la moneta fiat.

Ogni volta che gli economisti di pensiero illuminato e non allineati a certe teorie mani-stream, si trovano a dover dimostrare l’insensatezza delle molteplici politiche economiche – che  governi e banche centrali del mondo occidentale, ormai da tempo immemore, si ostinano a mettere in atto – si trovano costretti, costantemente, a ricorrere all’esempio del Giappone, per corroborare le loro tesi.

Mentre Grecia ed Italia con un rapporto debito pubblico in percentuale al PIL, rispettivamente del 165 e del 135, pochi anni fa, venivano additati come paesi sull’orlo del fallimento costretti a finanziarsi a tassi da capogiro, il paese del Sol Levante, con il medesimo rapporto ben oltre il 240 per cento, manteneva i tassi sostanzialmente a zero ed era considerato dal mondo della grande finanza, un paese estremamente sicuro.

Già questo dovrebbe farci accendere una “lampadina” nelle nostre teste, tanto da sospettare che forse qualcuno non ce la racconta giusta, quando indica nei mercati i padroni del livello dei tassi e dei prezzi, e di conseguenza del destino dei paesi e delle loro economie.

Ed infatti come evidenziamo da tempo, i padroni del nostro destino, non sono certo i mercati ma bensì i governi e le banche centrali.

La storia si ripete identica oggi, se guardiamo al fenomeno inflattivo in corso, che vede la maggior parte delle economie occidentali essere colpite (seppur in forma diversa), da un caro prezzi apparentemente fuori controllo, che sta devastando le vite di famiglie ed imprese. Anche se poi vedremo che non è l’inflazione a contribuire alla loro devastazione ma bensì le ricette che si usano per contrapporsi ad essa, ben consci che il fenomeno attuale di natura esogena è stato opportunamente messo in atto da precise azioni speculative con la compiacenza dei vari governi.

Mentre da noi l’inflazione si aggira intorno al 12 per cento, con il resto dell’Occidente che naviga tra questa ultima percentuale e non meno dell’8%, in Giappone il picco si attesta su 3 punti percentuali. Perché?

Non occorre molta fantasia per accorgersi che la ricetta applicata dai giapponesi per fronteggiare l’inflazione, rispetto a quella messa in atto dai “fenomeni” dell’Occidente (Unione europea in primis), sia diametralmente opposta. Il governo giapponese, poche settimane fa, ha presentato un nuovo pacchetto di incentivi per una spesa del valore di 39,0 trilioni di yen (265 miliardi di dollari) che arriveranno a un intervento complessivo di 71,6 trilioni di yen (481 miliardi di dollari) utilizzati per incrementare il prodotto interno lordo (PIL) di circa il 4,6% e combattere l’inflazione (ha toccato il 3%).

“Le misure economiche sono progettate per superare l’aumento dei prezzi e per ottenere una ripresa economica”, ha detto il primo ministro Fumio Kishida in una conferenza stampa. “Proteggeremo la vita delle persone, i posti di lavoro e le imprese e rafforzeremo l’economia per il futuro”. [1]

Nonostante il tasso di inflazione al consumo in Giappone sia arrivato a quello che per i giapponesi è il massimo da 8 anni, sforando l’obiettivo del 2% della banca centrale per il sesto mese consecutivo e il crollo dello yen abbia raggiunto il picco minimo della storia degli ultimi decenni (da 32 anni per l’esattezza), e sebbene con una moneta molto debole, continuano a crescere i costi delle importazioni.

Il governo giapponese, come vedete, non sta esitando a pompare denaro dentro l’economia reale, perfettamente consapevole che la prospettiva di morire di fame e di freddo è molto peggiore di quella di veder crescere i prezzi e svalutare i propri risparmi, quando siamo emettitori della moneta che utilizziamo.

E’ lo stesso Governo giapponese, attraverso una nota documentale, ad attenzionare opportunamente la Banca Centrale, affinché presti attenzione all’impatto che le mosse dei mercati finanziari potrebbero avere sull’economia.

Non solo, sebbene il Giappone, sia oggi il Paese con il debito pubblico più alto al mondo, 7300 miliardi di euro rilevati nel 2021 e un rapporto debito-PIL del 266% – la ricetta giapponese per tenere viva l’economia e alti i consumi con inflazione bassa è la stessa di sempre: nuova moneta stampata dalla Banca centrale per alimentare l’economia e, con la stessa, acquistare il debito pubblico già esistente che così resta in mani nazionali.

Questo, dimostra ancora una volta in più, se mai ce ne fosse bisogno, come in presenza di una Banca Centrale che svolge il suo compito di garante, nel rispetto dei voleri democratici di un governo eletto dal popolo, il debito pubblico non sia affatto un problema e che decidere di pagare interessi su di esso, è una scelta di politica fiscale esclusiva dei governi.

Come vedete dal grafico sopra, il debito pubblico del Giappone è detenuto per il 90% internamente e per un buon 40% dalle famiglie, a conferma che la loro politica economica contribuisce ad un livello di risparmio diffuso, capace di sostenere i consumi.

In netta contrapposizione al governatore della Banca del Giappone, Kuroda – che pare proprio essere l’unico governatore al mondo ad interpretare in modo giusto la politica dei tassi rispetto ai fenomeni inflattivi – abbiamo i governatori delle due banche centrali più importanti al mondo (Fed e BCE), che invece hanno aumentato in modo aggressivo i costi finanziari per combattere il fenomeno e tornano ad invertire la loro politica di allentamento monetario.

La Federal Reserve USA ha tirato su i tassi di interesse per ben cinque volte quest’anno e la stessa cosa ha fatto la BCE che ha deciso di alzarli in modo continuato aumentando così il costo del denaro. Nel contempo le operazioni di Quantitative Tighteningsono già in atto.

Ma la cosa ancora più grave, soprattutto per quanto riguarda il continente europeo ed in particolar modo per i paesi come il nostro, la cui economia giace in stato recessivo da anni, si è deciso di continuare con le medesime politiche fiscali di austerità estrema, proprio l’esatto contrario di quello che sta facendo il governo giapponese, pur non trovandosi, quest’ultimo, ad operare in una economia in stato “terminale” come è quella italiana.

Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti – il braccio destro e sinistro di Draghi dentro il governo

Ed a quanto pare, già dalle prime indiscrezioni, su quanto prospettato nel Documento programmatico di bilancio (Dpb), inviato nei giorni scorsi a Bruxelles per l’approvazione, anche il nuovo governo appena insediato e presieduto da colei che appariva la più sovranista di tutti, pare proprio non abbia la minima intenzione di apprendere e seguire le ricette giapponesi.

All’interno del principio “dell’equilibrio” che comanda la scienza economica, i giapponesi vivono il dilemma opposto rispetto ai popoli occidentali. Ora che i prezzi sono per loro “finalmente” aumentati di un minimo oltre l’obiettivo e vedono una prospettiva positiva di crescita, la loro paura più grande è che possano cadere di nuovo.

Per essere chiari, i giapponesi rispetto a noi italiani, vivono una realtà totalmente contrapposta e direi definitivamente migliore. L’intento della Banca Centrale giapponese a differenza della BCE e del governo italiano, è quello di stimolare un “ciclo virtuoso” di crescita economica, spingendo consumatori e imprese a spendere e investire di più.

A confermare ciò, sono  le parole del capo economista del prestigioso Istituto di ricerca Norinchukin Takeshi Minami: “Gli attuali aumenti dei prezzi sono guidati principalmente dall’aumento dei costi di importazione piuttosto che dalla forte domanda. Il governatore Kuroda (della Banca del Giappone, ndr) potrebbe mantenere la politica per il resto del suo mandato fino ad aprile, anche se la chiave è se il governo lo tollererà”.

Il falso problema, a livello di dottrina, quindi resta ma è opposto al nostro e come detto decisamente migliore, proprio perché un po’ di inflazione fa bene all’economia giapponese ma va tenuta bassa e controllata stimolando l’economia e proteggendo i posti di lavoro.

E mentre lasciamo i giapponesi al loro dilemma di come poter affrontare un nuovo calo dei prezzi, noi ci rituffiamo nella nostra drammatica realtà fatta di bollette da rateizzare, razionamenti vari, precarietà e fallimenti a non finire.

Questa è la differenza che passa tra chi ha compreso come funziona la moneta e chi invece crede ancora alle favole, anzi alle frodi!

di Megas Alexandros

Fonte: Il Giappone è immune all’inflazione, chissà perché! la banca centrale pompa denaro. – Megas Alexandros

Note:

[1] Prezzi alle stelle ovunque ma non in Giappone. La banca centrale pompa denaro – Affaritaliani.it

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