Dalla posa dei primi binari sull’immenso territorio, quella delle ferrovie statunitensi è una storia di lotte dei lavoratori. A partire dal Great Railway Strike del 1877 e dallo sciopero indetto nel 1894 dall’American Railway Union in solidarietà con gli addetti della compagnia Pullman Sleeping Car con interventi dell’esercito e decine di morti.
In questi ultimi mesi ha fatto notizia il minacciato sciopero dei ferrovieri. Che si situa in un contesto di deregolamentazione e ridimensionamento del servizio di interesse pubblico, di finanziarizzazione del business col massiccio ingresso nel capitale ferroviario di investitori di Wall Street col solo interesse del pagamento di ricchi dividendi agli azionisti, di controllo e intensificazione del lavoro del personale, sempre più ridimensionato. Ciò favorito dallo Staggers Rail Act che nel 1980 smantellò in buona parte la regolamentazione introdotta alla fine del 19° secolo per contrastare gli abusi dei magnati delle ferrovie, consentendo la chiusura di linee non redditizie e la fissazione delle proprie tariffe di trasporto, che prima erano determinate dal Governo federale. E anche facilitando la concentrazione proprietaria da 33 agli attuali 7 grandi vettori e l’aumento vertiginoso dei loro profitti (la Surface Transportation Board governativa ha dichiarato che le compagnie ferroviarie hanno pagato dal 2010 al 2020 circa 200 miliardi di dollari agli azionisti, quasi 50 miliardi di dollari in più rispetto a quanto hanno speso per le infrastrutture durante quel periodo).
Dopo più di due anni di negoziati infruttuosi, nel luglio scorso, i 12 Sindacati che li rappresentano hanno dichiarato lo sciopero di 115.000 ferrovieri sulle linee che supportano il 30% del trasporto merci nazionale. Il primo sciopero dal 1991, quando il presidente George Bush ordinò ai lavoratori di tornare al lavoro dopo meno di ventiquattro ore.
Preoccupato per gli approvvigionamenti e utilizzando la legge statunitense che consente al Congresso di agire quando il commercio nazionale è minacciato, anche il presidente Biden, che aveva promesso di essere il “presidente più pro-sindacale mai visto”, è intervenuto ai sensi del Railway Labour Act del 1926 che esclude dalla normativa del mondo del lavoro i dipendenti di ferrovie e trasporto aereo e, ai sensi di una successiva legge, del 1992, impone un arbitrato che blocca lo sciopero per 60 giorni.
Uno sciopero fortemente voluto dai lavoratori, da quasi 3 anni senza aumenti di stipendio per difendersi dall’inflazione, e sottoposti spesso, a causa dell’insufficienza numerica del personale, a presenza o reperibilità 7 giorni su 7 e turni fino a 80 ore con un preavviso di appena 90 minuti, con relative sospensioni o licenziamenti se non possono presentarsi al lavoro.
Tale lavoro su chiamata impedisce “di poter essere persone al di fuori della ferrovia”, come ha affermato il macchinista Ross Grooters, co-presidente di Railroad Workers United, un punto d’incontro tra membri di tutti i Sindacati per favorirne un fronte unito. Si potrebbe guidare un treno per un massimo di dodici ore, ma a volte il servizio è di quindici o, recentemente, venti o più ore, in attesa di essere sostituiti.
Questo a causa del ridimensionamento del personale (grandi ferrovie merci, tra cui Burlington Northern Santa Fe e Union Pacific, hanno ridotto dal 2014 il personale del 29% mentre accumulavano 146 miliardi di dollari di profitti) che comporta anche un allungamento progressivo dei treni fino a 3 miglia (quasi 5 chilometri).
La mazzata finale è stata l’introduzione dell’organizzazione del lavoro “Precision Scheduled Railroading” (ferrovia programmata di precisione – PSR) che mira a ridurre il personale al minimo indispensabile e lasciare i treni, sempre più lunghi, inattivi per il minor tempo possibile. E anche l’inizio di sistemi disumani per il controllo dei lavoratori: la compagnia BNSF utilizza il sistema “Hi-Viz” in base al quale si perdono i punti assegnati inizialmente se non si è disponibili a accorrere alla chiamata pur se malati, o, ad esempio, se si ha un’emergenza familiare. Se si arriva a zero punti, si è sospesi la prima volta per 10 giorni, la seconda per 20 giorni, la terza, in un biennio, si è licenziati.
Secondo il Surface Transportation Board, le ferrovie merci hanno perso più del 20% dei loro lavoratori di manutenzione dei binari negli ultimi 6 anni e dal 2000 più di 50.000 posti di lavoro in tutte le mansioni ferroviarie.
In questo contesto, i ferrovieri non hanno alcun congedo per malattia retribuito e un numero di giorni di ferie retribuite limitato. In passato, tale mancanza era supplita utilizzando congedi non retribuiti. Ma i profondi tagli al personale degli ultimi anni hanno lasciato le ferrovie così a corto di personale che è raro che i lavoratori possano ottenere l’autorizzazione ad assentarsi. Se lo fanno, non solo rischiano di perdere lo stipendio, ma anche di essere sanzionati e di rischiare il posto di lavoro. La Brotherhood of Locomotive Engineers and Trainmen ha dichiarato che “i nostri membri sono licenziati per essersi ammalati o aver partecipato a visite mediche di routine, mentre siamo in una pandemia mondiale”.
I Sindacati chiedevano 15 giorni di permesso, le Compagnie rispondevano con zero, pur, bontà loro, dicendosi disposte a eliminare le sanzioni per i lavoratori che usufruiscono di un congedo per malattia o familiare non retribuito.
Il 6 agosto il Consiglio d’emergenza presidenziale ha fatto una proposta di compromesso. L’accordo quadriennale proposto prevede un aumento salariale del 24% entro il 2024 (il 14% immediato), aumenti delle quote e delle franchigie dell’assistenza sanitaria e la conferma (momentanea?) degli equipaggi di due macchinisti (una garanzia di sicurezza messa sotto attacco dalle aziende, che aspirano a introdurre treni autonomi, come alcuni di quelli australiani per il trasporto di minerali). Poco sottolineato dai media il fatto che nel contratto siano stati inclusi anche elementi della contestata norma PSR, come i “gruppi autosufficienti” di lavoratori, dando ai capi maggiore libertà nella programmazione delle squadre.
Mentre il padronato ha approvato subito la proposta governativa e alcuni Sindacati ferroviari hanno stipulato accordi provvisori su quella base, 4 Union, rappresentanti la maggioranza dei ferrovieri, l’hanno respinta. Comunque, i sindacati favorevoli hanno precisato di voler onorare i picchetti degli eventuali scioperi dei sindacati dissenzienti e si era in attesa della ratifica da parte dai ferrovieri.
E di dissenso ce n’è stato, non solo di alcuni Sindacati ma anche organizzato in modo indipendente, come nell’esperienza del BMWED Rank and File United, che nel 2021 si è ufficialmente costituito come caucus (tendenza) per democratizzare il Sindacato, ha ottenuto, nella Convention del 2022, che i dirigenti sindacali non possano inviare unilateralmente un contratto all’arbitrato ed ha riproposto l’acquisizione pubblica delle ferrovie.
Il punto critico continua ad essere la malattia: l’accordo rimuove le sanzioni per un massimo di tre visite mediche di routine all’anno, ma solo il martedì, il mercoledì o il giovedì e solo se programmate con 30 giorni di anticipo (!) ma non concede che un giorno all’anno di permesso retribuito causa malattia.
A questo punto la Camera dei Deputati ha approvato 221 a 207, l’inserimento di sette giorni di congedo per malattia retribuito ma al Senato la proposta è passata 52 a 43, ma non con la maggioranza di 60 voti necessaria (che doveva comprendere una dozzina di repubblicani). Biden ha allora di fretta firmato il disegno di legge del 2 dicembre, prima della data di uno sciopero, possibile nuovamente dal 7 dicembre, seppur promettendo di tornare sulla questione del congedo di malattia “non solo per i ferrovieri ma per ogni lavoratore in America”. Visto che attualmente almeno il 20% di lavoratori statunitensi non ne ha il diritto
La rabbia dei lavoratori è stata assunta anche dalla grande Confederazione AFL-CIO che ha dichiarato che “chiamare i lavoratori “essenziali” un minuto e trattarli come superflui il momento successivo è ripugnante” ed ha rivendicato il rispetto e la dignità per gli accordi di contrattazione collettiva, senza imposizioni presidenziali.
Il Sindacato dalla lunga sigla International Association of Sheet Metal, Air, Rail and Transportation Workers, abbreviata in Smart, uno dei tre più grandi tra i 12 coperti dal patto, ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma: “L’industria ferroviaria del trasporto merci è strutturata come un oligopolio non competitivo dominato da 7 vettori ferroviari e opera per volere di Wall Street, dare priorità alla massimizzazione del profitto per i dirigenti e gli azionisti delle ferrovie, anche a scapito di mettere in pericolo il pubblico più ampio e danneggiare irreparabilmente la catena di approvvigionamento. Sfortunatamente, le minacce all’economia hanno indotto questo Congresso a credere che l’avversione allo sciopero sia la cosa migliore per questa nazione”,
Una dozzina di senatori del Partito Democratico hanno dichiarato che “garantire sette giorni di malattia retribuiti ai lavoratori delle ferrovie costerebbe all’industria solo 321 milioni di dollari all’anno, meno del 2% dei loro profitti totali”.
Mentre 73 rappresentanti democratici al Congresso hanno firmato una lettera in cui si chiede al Presidente Biden di emettere un ordine che conceda ai lavoratori delle ferrovie 7 giorni di malattia all’anno, la mobilitazione dei ferrovieri continua con manifestazioni in alcune città: sul sito del Sindacato Smart, sono riportati per il giorno 13 dicembre 12 presidi di solidarietà ai ferrovieri in vari Stati.
La vertenza delle ferrovie non è dunque terminata ed è un ulteriore segno delle crescenti lotte che da alcuni anni attraversano il mondo del lavoro USA, sia tra i lavoratori sindacalizzati che tra non organizzati, che cercano tutti di formare Sindacati sul posto di lavoro.
Grazie in gran parte alla deregolamentazione dell’era dei presidenti Carter e Reagan, le ferrovie americane si sono consolidate con l’accentramento delle proprietà. Il licenziamento di molti lavoratori e l’aumento dello sfruttamento dei rimasti in servizio hanno indotto ricavi e dividendi agli azionisti ma anche un aumento di insicurezza del traffico, deragliamenti e costi più elevati per gli spedizionieri. L’indispensabilità del servizio contrasta ormai con la proprietà privata delle ferrovie, mirata esclusivamente alla crescita dei profitti e incurante del servizio sociale che esse devono statutariamente dare. E che comporta, tra l’altro, l’imposizione di contratti che la maggior parte dei lavoratori avversa ma non può contrastare con lo sciopero.
Anche i Sindacati statunitensi, non solo i 12 presenti nel comparto ferroviario (retaggio delle Fratellanza di mestiere ottocentesche), devono riorganizzarsi completamente su base di settore, “industriale” si dice negli USA. Imparando da anni di divisioni che le lotte intestine e la concorrenza tra di loro, aggiunte alle accuse di corruzione che periodicamente ritornano (come nel caso dei metalmeccanici UAW in Chrysler, definito con un patteggiamento nell’agosto scorso) hanno logorato talvolta la credibilità e la solidarietà sindacale che sono elementi essenziali per vincere.
Proprio in questo mese UAW, con le sue 4 sezioni locali, ha organizzato il recente sciopero, durato un mese, di 48.000 lavoratori delle università californiane (il più grande sciopero degli USA nel 2022), i cui contratti separati sono stati firmati da ognuna delle sue 4 sezioni. Perdura quindi, per storica normativa o per concorrenza sindacale, la storica frantumazione sindacale del mondo del lavoro. È anche per questo che le vertenze in corso per insediare un Sindacato in grandi aziende come Amazon e Starbucks, distribuite nei vari Stati USA, sono costrette a rincorrere un contratto di stabilimento o di negozio fronteggiate da immense risorse anti-sindacali dei loro proprietari.
Unità dei lavoratori alla ricerca di quell’ One Big Union tentato dall’International Workers of the World nei primi anni del secolo scorso e miglioramento della normativa di legge a protezione dei diritti collettivi possono essere dunque oggi le priorità dei lavoratori statunitensi.
Principali fonti:
Joe Demanuelle-Hall, The US Could Be on the Verge of a Nationwide Railroad Strike, An interview with Ross Grooters, Jacobin, 18.8.2022
Noah Lanard, The Looming Rail Strike Was Years in the Making, Mother Jones, 14.9.2022
Mike Ludwig, Railroad Workers Threaten to Strike and Call for Public Takeover of the Rails, Trouthout, 22.10.2022
John Cassidy, The Averted National Rail Strike Is a Parable of Contemporary American Capitalism, New Yorker, 6.12.2022
Riam Grin, How it happened: Eight years of militant rank-and-file organizing built the railroad fight, People’s World, 21.12.2022
Immagine di copertina: Baltimore supporters come out in the rain to show solidarity with railroad workers. | People’s World.