La rubrica “Le Père Duchesne: uno sguardo sulla Francia” deve il suo nome al personaggio Père Duchesne, che nella mitologia popolare francese rappresentano “l’uomo del popolo” che denuncia abusi e ingiustizie commesse dai potenti. Non è un caso che molti giornali nati durante la Rivoluzione Francese si chiamassero in questo modo. Sulla scia di questa tradizione prende il nome questa rubrica di Global Project dedicata alla politica interna francese, ai movimenti sociali e alle manifestazioni che avvengono in Francia. La rubrica è curata da Athénaïs Athénaïs Gauthier Hagry che sta svolgendo nella nostra redazione uno stage nell’ambito dell’European Solidarity Corps.
Negli ultimi tre mesi il dibattito pubblico e politico in Francia si è concentrato sulla riforma delle pensioni. Quest’ultima, odiata da giovani e anziani, sta portando i francesi a protestare massicciamente contro il governo.
Già a settembre ci sono state le prime mobilitazioni, ma è a partire da gennaio che queste hanno assunto una dimensione di massa, in particolare dopo lo sciopero del 19 gennaio. Durante l’ultimo sciopero generale, quello di martedì 31 gennaio sono scese in piazza in tutta la Francia quasi tre milioni di persone, numeri che non si vedevano addirittura dal 1995.
Tutti i settori della società sono mobilitati. In primo luogo, molte scuole superiori e università sono in agitazione da diversi giorni, con oltre 200 occupazioni.
Il sindacato Solidaires ha contato più di 276 manifestazioni. A Marsiglia, il sindacato CGT ha rivendicato la presenza di oltre 200.000 persone in piazza, quasi 100.000 a Lione, Nantes e Bordeaux, 80.000 a Tolosa. A Parigi i numeri toccano le 500.000 persone e la manifestazione è stata aperta dallo striscione “Réforme des retraites: travailler plus longtemps, c’est non” (la traduzione letterale sarebbe: “Riforma delle pensione: lavorare più a lungo, è un no!”).
A Parigi, Nantes e Rennes ci sono stati diversi scontri con la polizia e in tutto il Paese si contano circa 50 arresti, di cui 30 nella capitale, dove c’erano oltre 4.000 poliziotti schierati. I principali momenti di tensione ci sono stati davanti all’ospedale Necker, dove i manifestanti hanno cercato di erigere barricate che sono state rimosse dalla polizia, e al termine del corteo, nei pressi dell’Hôtel des Invalides. Sulla scia di questa forte mobilitazione, i sindacati hanno annunciato due nuove giornate di mobilitazione nazionale il 7 e l’11 febbraio.
La riforma, tanto contestata, mira innanzitutto ad aumentare gradualmente l’età pensionabile dagli attuali 62 anni a 64 nel 2030. La seconda misura è l’estensione del periodo di contribuzione. Oggi sono 42 anni e saliranno a 43 nel 2027. Per quanto riguarda le carriere lunghe, chi ha iniziato a lavorare tra i 14 e i 16 anni potrà andare in pensione a 58 anni.
Il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato di voler “salvare” il sistema a ripartizione per “preservare il modello redistributivo” e far quadrare i conti. Durante il discorso del 31 dicembre 2022, Macron ha affermato che “l’obiettivo è consolidare i nostri regimi pensionistici a ripartizione, che altrimenti sarebbero minacciati perché continuiamo a finanziarci a credito”. Il Primo Ministro, Elisabeth Borne, giustifica questa riforma dicendo che “si tratta di un sistema in cui i nostri lavoratori finanziano le pensioni dei nostri pensionati. (…) Tuttavia, viviamo sempre più a lungo, quindi il numero di persone che lavorano rispetto a quello dei pensionati è in costante diminuzione”.
I deputati devono esaminare il testo di legge entro il 6 febbraio, data in cui inizia il dibattito all’Assemblea Nazionale, prima dell’approvazione della legge di riforma al Senato il 17 febbraio. Ma possiamo già dire che sarà impossibile rispettare le scadenze, dato che sono stati presentati quasi 7.000 emendamenti al progetto di riforma, 5.680 dei quali scritti dalla coalizione di sinistra Nupes, che ne ha presentati ben. Si tratta di una cifra comunque inferiore a quella della precedente riforma delle pensioni, dove La France Insoumise, uno dei partiti che formavano il Nupes, ha presentato 19.000 emendamenti in commissione e 23.000 in seduta. Il Nupes ha dichiarato: “Avremmo potuto presentare tanti emendamenti quante sono le vite che questa riforma infrangerà, ma vogliamo che il cuore di questa controriforma, il rinvio dell’età legale di pensionamento a 64 anni previsto dall’articolo 7 del disegno di legge, sia affrontato nella discussione parlamentare”.
Le proteste contro questa riforma non sono quindi solo nelle strade delle città francesi, ma anche nelle sedi istituzionali. I presidenti dei gruppi di sinistra hanno infatti denunciato che “ciò che è appena accaduto è senza precedenti e veramente scandaloso” nella loro lettera al presidente dell’Assemblea. Qual è l’oggetto della loro rabbia? È la mozione referendaria del partito di estrema destra, guidato da Le Pen e Bardella, che verrà discussa, non la loro. La mozione referendaria mira a sospendere l’iter legislativo della legge attuale e a sottoporla a referendum.
E hanno tutto il diritto di essere arrabbiati. In effetti, la prima mozione per ottenere un referendum sulla riforma delle pensioni è stata presentata dal Nupes il 23 gennaio. Il Rassemblement National ha presentato il proprio solo il giorno successivo. Tuttavia, solo una delle mozioni può essere messa in votazione prima della discussione generale sul progetto di legge, quindi, secondo le regole dell’Assemblea, la mozione presentata per prima dovrebbe essere quella votata. Il loro punto di vista è tanto più valido in quanto hanno anche un numero maggiore di firmatari. Purtroppo, in assenza di giurisprudenza, la Conferenza dei Presidenti dell’Assemblea ha deciso di tirare a sorte, da cui è uscito vincitore il gruppo RN guidato da Marine Le Pen. La sinistra può chiedere l’annullamento del sorteggio, ma non lo farà di certo.
Mathilde Panot, leader dei deputati de La France Insoumise, ha denunciato: “Scelgono una opposizione di comodo” perché ritiene che la mozione del Nupes avesse la possibilità di essere adottata, al contrario di quella del RN. Il leader del gruppo comunista, André Chassaigne, sostiene che “si tratta di un dirottamento democratico” e che i partner di Nupes si sarebbero consultati per definire una “posizione comune” sulla mozione RN. Per alcuni, come Cyrielle Chatelain, presidente degli eurodeputati verdi, è “fuori questione” votare per questa mozione di estrema destra. Il Parlamento deve decidere entro cinquanta giorni, cioè entro la mezzanotte del 26 marzo, altrimenti le disposizioni della riforma possono essere attuate tramite ordinanza, come previsto dalla Costituzione. Questo, peraltro, non è mai accaduto nella storia della Francia.
A che punto siamo e come possiamo uscire da questa impasse? Non esiste una risposta, ma è evidente che la Francia sta attraversando un grande fermento sociale, con manifestazioni che riuniscono persone di tutte le età, di tutte le classi subalterne e di varia provenienza geografica. Mentre assistiamo a questa grande spinta dal basso, l’Assemblea Nazionale, che dovrebbe essere il cuore della rappresentanza del popolo nel governo, si sta dissolvendo. Siamo in una situazione di blocco totale e ci sono pochi risultati possibili, nessuno dei quali è davvero ideale. Come possiamo mantenere le pensioni e persino migliorarle, senza fare lavorare le persone fino ai 70 anni? Riusciremo a evitare di votare una mozione del Rassemblement National, un partito che pregiudica i diritti delle donne, sostiene la discriminazione razziale e gioca contro le regole stabilite dell’Assemblea? Sono queste le principali questioni politiche aperte, ma nel frattempo la grande ondata di mobilitazioni non accenna ad arrestarsi.