PERCHÉ NON SCRIVO (QUASI) PIÙ

Di Giorgio Bianchi

Tutto quello che c’era da dire sulla situazione attuale è stato già detto. Nel mio caso, ci ho anche scritto un saggio di 800 pagine nel quale ho riportato, sistematizzandole, le informazioni che avevo raccolto negli ultimi dieci anni e le analisi che ne avevo tratte. Analisi che per inciso, proprio in questi giorni sono state in gran parte corroborate dai fatti.

Pandemia; conflitto in Ucraina; decarbonizzazione; abolizione del contante; rivoluzione antropologica nel segno della fluidità di genere e della relativizzazione dei valori; controllo e profilazione di massa; criminalizzazione del dissenso; sdoganamento della censura; mass media utilizzati come strumento di propaganda pervasiva; militarizzazione dell’industria culturale; utilizzo degli influencer fabbricati in provetta, come catalizzatori e canalizzatori del dibattito pubblico: società di consulenza strategica che fungono da cinghia di trasmissione tra potere, influencer e politica; ONG create ad hoc come strumento di soft power del complesso militare-industriale; condizionamento dei giovani e innesco del conflitto generazionale; scuola e università trastormate in campi di addestramento; Unione Europea utilizzata come una sorta di Guantanamo per le medie potenze europee; passaggio di consegne dai governi nazionali alle istituzioni e agli organismi sovranazionali; il ruolo della finanza speculativa e delle multinazionali nel disegno delle architetture societarie; la NATO come terminale ultimo delle diverse leve di potere; l’implementazione del metodo P2 (propaganda 2, occhio al termine “propaganda”) a tutti i livelli.

In poco più di un anno sono stati bruciati 800 miliardi in caro bollette (fonte Reuters) e altrettanti, se non di più, ne finiranno dentro la macelleria ucraina per puntellare un regime fantoccio della Nato.

Durante la crisi economica del 2010 i burocrati europei, Draghi in testa, non sono stati in grado di trovare quattro spicci per salvare la Grecia e ci hanno imposto un decennio di macelleria sociale e austerità forzata.

Anche all’epoca, i soliti politici, i soliti media e i soliti influencer a gettone, ci hanno dipinto queste decisioni scellerate come inevitabili e “per il nostro bene”.

Non c’era alternativa, come al solito.

Avevamo vissuto troppo tempo al di sopra delle nostre possibilità.

Poco dopo scopriamo che per i cazzi loro i miliardi fioccano: tamponi, sieri (200 milioni di dosi sono in scadenza e richiano di finire nella pattumiera), banchi a rotelle, bollette, armi.

Anche la CO2 sembra non essere più centrale se confrontata alla guerra. Entro il 2030 hanno previsto una catastrofe ambientale, ma se dobbiamo fare un dispetto a Putin possiamo andare in deroga. I confini dell’Ucraina diventano all’improvviso (soprattutto per quelli che fino a ieri si definivano “no borders’) più importanti della cosiddetta “salvaguardia del pianeta” Torna il carbone, si importa gas di scisto dall’altro capo del pianeta, si inviano bombe, carri e ora si parla anche di jet. Gli ambientalisti che fino a ieri erano contro il nucleare iniziano a parlare di centrali e fanno il tifo per l’apocalisse atomica. In sostanza no al nucleare civile, sì a quello militare.

Insomma, tutto e il contrario di tutto, senza che nessuno abbia nulla da eccepire.

Le conferme del processo in corso e la correttezza delle analisi che lo hanno descritto, sono suffragate quotidianamente dall’osservazione delle modifiche in seno alla società e dal tragicomico spettacolo dei media corporativi, che oramai hanno assunto il ruolo di vetrina per la propaganda più becera e oltranzista.

L’osceno spettacolo di Sanremo, che faccio perfino fatica a menzionare, è semplicemente l’aspetto più manifesto del processo in corso, ma soprattutto denota l’accelerazione che gli è stata impressa dallo scoppio della pandemia in poi.

Cos’altro aggiungere di fronte a questo osceno circo del grottesco e dell’assurdo?

Una tempo c’erano gli imbonitori che battevano le strade e invitavano i passanti ad ammirare i fenomeni da baraccone. Oggigiorno queste caricature di esseri umani, vengono portate direttamente nella nostra casa. Ma attenzione. Non per ingenerare sarcasmo o ilarità. Sono diventati modelli di riferimento. Sono i vincenti da imitare.

Qualcuno ad un certo punto ha stabilito che il grottesco dovesse diventare la cifra della nostra società. Un una sorta di carnevale orgiastico che dura tutto l’anno. Per stordire, confondere, distrarre.

L’industria dello spettacolo ha assunto il ruolo guida della propaganda nazionalpopolare.

L’arte è stata spogliata di qualsiasi requisito tecnico e formativo, per diventare un’esibizione del personaggio. Il mezzo non è più il linguaggio artistico ma l’artista stesso. Attraverso la sua immagine, il suo luok, il suo body language. Oggi ci troviamo difronte ad una superfetazione di Marine Abramovich che inscenano quotidianamente, attraverso i social e le ospitate nei palcoscenici approntati ad uso e consumo del potere, lo spettacolino propagandistico scritto e diretto dalle élite .

Non essendo più richiesto per emergere alcun talento, alcuno studio e alcuna formazione, vengono promossi soltanto i soggetti disposti a tutto e più affidabili.

Le società oramai sono un gigantesco incubatore di masse di sfigati ignoranti, senza vergogna, senza pudore, senza scrupoli, senza onore, pronte a vendere la madre (vedi il caso della pentita di Sanremo) pur di apparire.

Opportunamente consigliati dalle società di consulenza strategica direttamente connesse con i “piani alti” e pompati a ciclo continuo dai mezzi di informazione connessi a loro volta alle medesime centrali, questi miracolati della società si esibiscono a comando, come delle tragiche scimmiette ammaestrate.

Attraverso questi processi, ogni anno, battaglioni di influencer vengono immessi sul mercato per plasmare a piacimento i diversi settori della società. In particolare i giovani.

Questi fenomeni sono del tutto evidenti e alla luce del sole. Pertanto c’è veramente poco da aggiungere a quanto scritto o detto in passato. Continuare a pubblicare post o a parlare in pubblico, ripetendo a persone già convinte concetti che conoscono oramai anche meglio dell’oratore, sta diventando veramente frustrante.

Allo stato attuale, purtroppo, non esistono neanche risposte concrete da offrire. Siamo undici ragazzini che prendono di battere il Real Madrid al Santiago Bernabeu. Non ci sono fondi, non ci sono leader, non ci sono strutture. C’è solo una gran ressa e battaglioni di micropersonaggetti che sgomitano per un briciolo di visibilità e che fanno discorsi velleitari e campati per aria.

In Italia serve un organo di informazione che possa competere col mainstream. Dobbiamo cominciare a parlare con quelle masse di persone che non la pensano come noi. Dobbiamo dialogare e confrontarci con loro. È inutile continuare a ripeterci tra di noi, concetti già ampiamente assimilati. Le nostre analisi sono corrette. Ora dobbiamo fare in modo che anche gli “altri” le possano ascoltare e valutare. Alla luce dei fatti.

Ma per fare ciò, servono investimenti. Seri.

Gli elementi chiave di ogni rivoluzione sono le risorse, le idee e i militanti. Se manca uno solo di questi elementi non vi può essere rivoluzione.

Chi ha la possibilità, deve avere il coraggio e la lungimiranza di scommettere sul futuro di questo Paese. Altrimenti tutto quello che stiamo facendo sono soltanto chiacchere da bar e passeggiate all’aria aperta.

Il che va anche bene per passare il tempo, ma non per cambiare lo stato delle cose.

Di Giorgio Bianchi

14.02.2023

Fonte: https://sfero.me/article/perche-non-scrivo-piu-

https://t.me/giorgiobianchiphotojournalist/22056

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