Economia di pace: un appuntamento a Tocco Casauria (Pescara) dal 28 al 30 aprile per un seminario di contro-narrazione.
La guerra di Crosetto
di Antonio De Lellis, Attac Termoli
Abbiamo appreso della taglia sulla testa del Ministro Crosetto, minacciata dalla brigata “russa” Wagner, il gruppo militare, che fiancheggia l’esercito russo nella guerra contro l’Ucraina. Se fosse vera sarebbe assolutamente da condannare nello stile e nella sostanza.
É però stupefacente come possa essere presa in considerazione una tale ipotesi, visto che il Ministro ha sollevato il pericolo di infiltrazione dei mercenari della Wagner nei Paesi africani per favorire i flussi migratori verso il nostro Paese, dimenticandosi che è stato un rappresentante dell’industria bellica, ed ora, in qualità di ministro della Difesa, sostenitore dell’invio di armi in Ucraina. Quindi semmai la taglia sarebbe giustificata, secondo l’aberrante visione della Wagner, per questa seconda ipotesi. Insieme al ministro Giorgetti ha proposto “Fuori le spese militari dal Patto di stabilità”, dicendo che si tratterebbe di una faccenda «meramente tecnica».
In merito alle sue dichiarazioni, secondo cui per aumentare le “ridotte” spese militari, oggi all’1,38% e portarle al 2%, occorre scorporare le spese militari dal bilancio, si dovrebbe sollevare il più totale dissenso, denunciando come per le spese sociali (sanità, istruzioni e assistenza) dobbiamo sottostare ai vincoli finanziari, mentre per le spese militari, si può fare a meno. Ciò dimostra come la volontà del governo Meloni sia quello di arricchire le lobby e lasciare indietro la spesa sociale, aggravando le disuguaglianze e la povertà.
C’è una dottrina che è quella concordata la scorsa primavera a Ramstein che porterà l’Italia ad aumentare le proprie spese militari fino al 2% del Pil entro il 2028 (attualmente è all’1,54%): un percorso, secondo il ministro della Difesa, che dovrà procedere assai speditamente in futuro visto che, come segnala la Rivista Italiana Difesa, nel 2022 la spesa per l’ammodernamento militare non è cresciuta di un euro. È proprio su questo punto che il Ministro Crosetto batte forte: «L’aiuto che abbiamo dato in questi mesi all’Ucraina ci impone di ripristinare le scorte che servono per la difesa nazionale». Tradotto: tutte le forniture di armi inviate a Kiev negli ultimi undici mesi – siamo a cinque carichi, con il sesto in arrivo a breve – hanno un peso sull’arsenale italiano, che presto o tardi (più presto che tardi) andrà rimpinguato. È trascorso un anno dall’inizio del conflitto in Ucraina e nulla sembra indicare che i venti di guerra si stiano affievolendo.
Perché la guerra continua? Perché le tensioni militari aumentano a livello globale? Noi respingiamo la tesi di uno “scontro di civiltà”. Piuttosto, occorre riconoscere che le contraddizioni del sistema economico globale deregolamentato hanno reso le tensioni geopolitiche estremamente più acute. Uno dei principali guasti dell’attuale sistema mondiale risiede nello squilibrio delle relazioni economiche ereditato dall’era della globalizzazione deregolata (Brancaccio).
L’economia di guerra si caratterizza per privilegiare la produzione e vendita di armi, per la costruzione dei muri e dei rimpatri di coloro che fuggono da fame, povertà, violenze, persecuzioni, desertificazione o disastri ambientali ed infine, per l’uso della guerra come possibile strumento di politica e di controllo delle risorse naturali. L’economia di pace invece mette in circolazione maggiore ricchezza. Economia di pace ed economia di guerra sono mutuamente escludenti, una produce diritti e libertà, l’altra distrugge.
Ecco perché il tema dell’economia di pace deve diventare sempre più al centro delle nostre analisi per costruire la società della cura che vorremmo. Per questo vi diamo appuntamento a Tocco Casauria dal 28 al 30 aprile per un seminario di contro-narrazione. Il tempo e lo spazio pensato sono il frutto di esperienze passate in cui la circolarità dei saperi e la condivisione nell’ascolto reciproco creano un cambiamento possibile interiore, prima che comunitario. In questo tempo così pieno di parole ed azioni di guerra una proposta per pensare elaborare un progetto economico di pace. Un invito a prendersi per mano e creare insieme un altro mondo.