Oltre diecimila persone hanno preso parte al corteo promosso nella mattina di sabato 15 aprile dai 18 comitati regionali attivi in Veneto riuniti nel Co.Ve.Sa.P, Comitato Veneto per la Sanità Pubblica, che ha raccolto oltre cento adesioni tra cui Fridays for Future, Centri Sociali, comitati ambientali oltre a partiti e sindacati. Indiscutibilmente riuscito, il corteo ha attraversato il centro di Vicenza, raccogliendo le presenze di moltissimi comitati in lotta contro gli effetti del definanziamento al SSN, che si traducono nella diminuzione dei presidi sul territorio e nel peggioramento del livello dei servizi erogati.
«La sanità non è un bancomat!» scandisce Arianna del CoVeSaP, spiegando come gli ultimi due governi nazionali abbiano spostato su altre voci – comprese le spese militari – i fondi destinati alla sanità. La mala organizzazione del pubblico genera la fuga dei professionisti verso il settore privato, si arriva così ad avere personale pagato a gettone negli ospedali periferici, mentre il collo di bottiglia imposto dai numeri chiusi nella formazione specialmente per il personale infermieristico genera una carenza strutturale di maestranze qualificate. I contributi delle molte realtà presenti hanno espresso necessità urgenti anche molto oltre la sempre importante questione economica: Fridays for Future, Isde, la campagna NoTav attivatasi a Vicenza hanno reso esplicito il nesso tra degrado dell’ambiente e compromissione della salute delle persone.
Se al centro della critica sta la trasformazione delle cure mediche in puro business profittevole, immediatamente attorno si sviluppano le rivendicazioni per interventi di prevenzione e biomonitoraggio: chi attinge acqua dalle falde inquinate dagli PFAS e PFOA scaricati dalla Miteni a Trissino, respira aria satura di polveri sottili dovute al traffico, alle attività produttive, o alle Grandi Navi a Venezia, o peggio lavora effettuando trattamenti chimici pericolosi è materialmente privato del diritto alla salute, se non ha possibilità di sottoporsi a screening periodici.
Medicina del lavoro, quindi, come specialità necessaria: pesantissimi gli attacchi contro le posizioni negazioniste della pericolosità degli PFAS espresse da Angelo Moretto, docente e direttore proprio dell’unità operativa di Medicina del Lavoro presso l’Università di Padova, recentemente nominato referente per la sicurezza dell’alimentazione presso l’Organizzazione Mondiale della Salute, il quale tende a sminuire il problema della contaminazione delle falde acquifere dai reflui della Miteni, impianto chimico chiuso pochi anni fa anche a seguito di una forte mobilitazione popolare, e poi posto sotto sequestro dalla magistratura.
Vicenza, teatro della manifestazione, è purtroppo emblema della devastazione ambientale. Nel mentre che più di 60 persone al giorno finiscono all’ospedale pediatrico per problemi legati all’inquinamento dell’aria, gli effetti catastrofici che avrà l’arrivo del TAV in città per la salute del territorio e delle persone che lo vivono rimane il grande rimosso dal dibattito elettorale. Nessuno tra i candidati sindaci riesce a negare l’impatto ambientale dell’opera, è evidente che la cantierizzazione intensiva che subirà la città da ovest ad est sarà devastante in termini di aumento delle polveri sottili, che nella tragica realtà di un’aria già fortemente inquinata vuol dire aumento dei tumori e delle bronchioliti.
L’arrivo delle rotaie del TAV in città è l’occasione colta dall’amministrazione comunale per aprire una serie parallela di grandi cantieri edilizi, non tecnicamente necessari per la costruzione di una ferrovia, ma essenziali per della fascia a ridosso dei binari. Eppure il profitto che ne deriva rimane il solo motore di una politica cieca. Rifare mezza città potrà solo portare ad una promozione nel mercato del profitto immobiliare: questa è la logica della giunta Rucco, ovviamente sostenuta e incoraggiata dallo schieramento bipartisan capitanato da Confindustria che preferisce il danaro alla dignità delle persone.
La salute non è riducibile all’integrità del corpo ma deve comprendere anche il benessere mentale, e qui non c’è niente da difendere, ma solo una dura lotta da ingaggiare per ottenere punti di ascolto e supporto psicologico gratuiti, liberamente accessibili e diffusi sul territorio. Gli effetti del “distanziamento sociale” imposto dalle quarantene nella fase più intensa della pandemia di CoViD-19, da cui ancora non possiamo dirci pienamente usciti, sono ormai pienamente visibili: il 90% della popolazione scolastica vive ed esprime la propria condizione di disagio, e si rivolgerebbe a specialisti, se fossero presenti nei plessi formativi, oppure nei consultori.
Le relazioni sociali sono in trasformazione, questo non sfugge alla generazione più giovane, così come ai nodi di Non Una Di Meno, che sottolineano l’urgenza di prevenire anche il malessere psichico ed emotivo, molto spesso all’origine di violenze domestiche. È del maggio 2022 una regolamentazione che indica la presenza di un consultorio ogni 20-25mila abitanti, bisognerebbe quindi aprirne una gran quantità specialmente nelle zone della regione più lontane dai grandi centri: assistiamo invece alla chiusura ed accorpamento di questi preziosi presidi territoriali, che potrebbero invece essere luogo di approfondimento e formazione anche rispetto alle relazioni ed ai pregiudizi di genere, oltre a sostenere la libertà della donna di autodeterminare le scelte rispetto al proprio corpo viene anche ribadita la necessità di sviluppare una sanità che riconosca le malattie invisibilizzate e una medicina accessibile e non basata sui corpi maschili cisnormati.
Il territorio della regione Veneto è fatto in larga parte di zone montane, le cosiddette “terre alte”, oggetto di programmi di sostegno per trattenere la popolazione ed arginare il fenomeno dello spopolamento. Ma come si può decidere di restare a vivere in zone montane se i servizi minimi di welfare non esistono, e le cure d’urgenza sono accessibili a centinaia di chilometri di distanza? Curarsi perché affetti da malattie che richiedono interventi salvavita d’urgenza è un lusso riservato a pochi nelle grandi città? La drammatica testimonianza di Gloria, affetta da una malattia neurodegenrativa, è veramente toccante: «mi sento calpestata, sola, ma oggi siamo tanti e questa è la mia forza, perché insieme siamo più forti. Never Back Down!».
Mai arrendersi: e infatti la manifestazione termina con l’invito del Co.Ve.Sa.P. a tutte le realtà interessate per aprire un percorso partecipato e plurale attorno ai temi messi in evidenza dal corteo. La strada è aperta, la sfida è tracciarla in comune.