di M. Bertorello, D. Corradi*
*articolo pubblicato su il manifesto del 15 aprile 2023 per la rubrica Nuova finanza pubblica
Iniziano ad arrivare i primi aggiornamenti sulle previsioni dei dati economici dell’anno in corso.
Per l’Italia si ipotizza un leggero miglioramento, ma rispetto a previsioni non molto ottimistiche. Al di là di qualche decimale di differenza, Centro studi Confindustria, governo e Fondo monetario internazionale ipotizzano una crescita del Pil da prefisso telefonico. Dopo l’evidente effetto rimbalzo post-pandemico che aveva fatto crescere il Pil nel 2021 e 2022 rispettivamente del 6,7% e 3,9% a fronte di un -9% nel 2020, le previsioni per l’anno in corso parlano di una crescita che tornerà a essere inferiore all’1%. Sul fronte deficit il dato è in miglioramento dall’8% del 2022 al 4,3/4,5% previsto per il 2023, ma sempre piuttosto lontano dai parametri europei del 3%. L’Italia continua a soffrire di contraddizioni e limiti propri, alcuni ormai storici. Bassa produttività, ristagno dei salari, debolezza dell’impresa di fronte all’ipercompetizione globale, anche in virtù delle sue modeste dimensioni medie e per l’assenza da settori strategici che caratterizzano l’attuale fase di accumulazione. A cui si aggiunge la difficoltà, per non dire incapacità, dell’esecutivo di programmare gli investimenti del Pnrr con un’idea di sistema.
Un’impasse che finirà per trasformare gran parte delle risorse in interventi assistenziali senza prospettive. Questi limiti specifici non possono non far vedere la dinamica più generale. Il Fmi ci dice che la crescita mondiale prevista per il 2023 sarà inferiore al 3%, per poi oscillare attorno a questa cifra, se tutto va bene, per i prossimi cinque anni. Si aggiunga a questo dato che la Germania cresce anche meno dell’Italia, mentre l’Unione europea e gli Stati Uniti dovrebbero far segnare tassi intorno all’1% nel 2023. La media mondiale negli ultimi due decenni è stata, invece, del 3,8%, ma dopo la crisi del 2007/2009 questa crescita è stata ottenuta a fronte di politiche monetarie accomodanti condite da una significativa espansione dell’indebitamento globale e in particolare di quello pubblico.
Per l’economia mondiale, e l’Italia in particolare, i momenti difficili sono stati intervallati da riprese stentate, senza la ripartenza di un ciclo espansivo autonomo. Non è pensabile imputare ai tempi eccezionali, richiamando alibi esogeni, le difficoltà crescenti, non fosse altro perché iniziano a essere troppo frequenti per funzionare come giustificazioni adeguate. Bisogna assumere che l’economia nel suo complesso vive una fase di rallentamento strutturale e che questa frenata sta colpendo in particolare Europa e Stati Uniti, principali partner dell’Italia.
In questo quadro ci chiediamo come si possa pensare di superare le difficoltà del bilancio statale nostrano, e più in generale quelle economiche, puntando su una crescita che non c’è. Una crescita perseguita, poi, con politiche in continuità con quelle degli ultimi decenni (basso costo del lavoro, detassazione dei redditi più alti, libertà d’iniziativa per l’impresa privata…) che hanno dimostrato limiti non aggirabili. L’unico dato positivo, se così si può intendere, deriva dall’inflazione. Il debito è sceso dal 150% nel 2021 fino al 144% nel 2022, e ora si ipotizza per il 2023 raggiunga il 140% del Pil. Effetto di una crescita nominale del Pil a fronte di titoli del debito pubblico non indicizzati all’inflazione. Ma quanto potrà durare? I tassi sui titoli di debito pubblico sono saliti, mentre l’aumento dei prezzi sta erodendo risparmi, salari e redditi, divenendo una tassa occulta particolarmente penalizzante per i più deboli.
Scommettere sulla crescita del Pil per affrontare queste contraddizioni, in assenza di una strategia di politica economica in radicale discontinuità con il passato, significa non fare i conti con quanto accaduto. Va cambiato urgentemente il piano del discorso, ricercare nuovi modelli produttivi e di consumo in grado anche di ottenere un nuovo tipo di benessere.
Foto: “Businessman showing empty pockets over flag of Italy” di focusonmore.com (CC BY 2.0.)