Di Valentin Gillet, solidaire.org
Molte persone e piccole imprese stanno soffrendo per l’aumento dei prezzi. Allo stesso tempo, le grandi aziende belghe producono più che mai e realizzano profitti consistenti, a volte persino superiori a quelli precedenti la crisi. Una coincidenza?
Il 2022 è stato un anno molto difficile per i nostri portafogli. Se l’aumento dei prezzi della benzina e dell’energia ha destato particolare attenzione, tutti i prodotti di prima necessità sono diventati sempre più inaccessibili. L’associazione Test-Achats, ad esempio, stima che alla fine del 2022 i beni di consumo erano più cari di quasi il 20% rispetto all’inizio dell’anno. Cosa succederà nel 2023? Se c’è qualche speranza per le nostre bollette energetiche, visto il recente calo dei prezzi del gas, altri fattori rimangono più incerti: sono principalmente legati alla strategia di alcune grandi aziende belghe.
L’industria belga sta andando molto bene
Una cosa è certa: non tutti vivono la crisi allo stesso modo. Mentre gran parte della popolazione conta i soldi rimasti alla fine del mese, l’industria belga è in discreta forma, come dimostrano le ultime statistiche ufficiali dell’Unione Europea (Eurostat). Innanzitutto, produce il 15% in più rispetto a prima dell’epidemia di Covid. Le aziende belghe producono anche più dei loro concorrenti nei Paesi vicini, come la Germania o la Francia, dove la produzione è diminuita dopo l’arrivo del Covid e la crisi del gas. A differenza di altri Paesi, l’industria belga ha sofferto molto meno delle difficoltà causate dalle ultime crisi, soprattutto in termini di approvvigionamento.
In secondo luogo, notiamo che i prezzi di vendita sono aumentati notevolmente negli ultimi due anni, con un incremento spettacolare del 40%, secondo uno studio dell’Istituto per lo sviluppo sostenibile.
Questi aumenti della produzione e dei prezzi di vendita fanno sì che le grandi aziende belghe non abbiano nulla di cui lamentarsi. Per alcune di loro, come vedremo, questi due aumenti (e in particolare l’aumento dei prezzi di vendita) consentiranno addirittura di ottenere ulteriori profitti.
Perché questa esplosione dei prezzi?
Si potrebbe pensare che l’aumento dei prezzi sia una conseguenza dell’aumento dei prezzi dell’energia. Ciò potrebbe sembrare logico: bollette energetiche più alte significano normalmente costi di produzione più elevati. In realtà, però, molte grandi aziende hanno contratti energetici fissi a lungo termine, il che limita l’impatto di questo aumento.
È possibile che ciò sia dovuto all’indicizzazione dei salari, come continuano a dire i datori di lavoro, e che vogliano approfittarne per porre fine a questo meccanismo? I fatti dimostrano che non è così: diverse aziende stavano già aumentando la bolletta per il cliente anche prima dell’indicizzazione dei salari.
La realtà è ben diversa: molte aziende non solo hanno trasferito l’aumento dei costi sui prezzi di vendita, ma hanno soprattutto approfittato dell’inflazione generale per aumentare fortemente i prezzi. Questa esplosione dei prezzi di vendita ha permesso a molti settori di realizzare profitti più elevati, i cosiddetti sovraprofitti.
I prezzi elevati portano a sovraprofitti record
L’economista Olivier Malay, che si è occupato di questo tema, ritiene che si possa parlare di sovraprofitti quando sono stati realizzati profitti extra rispetto a quelli ottenuti alla fine del 2019, “che è stato un anno molto buono per le aziende”, poco prima dell’inizio della crisi sanitaria. Se il settore energetico ha visto aumentare i propri profitti di 6 miliardi di euro rispetto al 2019 tra l’inizio del 2021 e l’ottobre del 2022, la maggior parte dei settori ha registrato una crescita simile nello stesso periodo: tra gli altri, possiamo contare 7 miliardi di euro per l’industria manifatturiera (metallurgia, farmaceutica, alimentare…), 5 miliardi di euro per il settore immobiliare e quasi altrettanto per la finanza e le attività di supporto alle imprese (consulenza, pulizia, sicurezza, lavoro temporaneo…). In totale, in tutti i settori, sono stati realizzati 35 miliardi di euro di profitti in eccesso, l’equivalente di… 14 anni di finanziamento della SNCB!
Questi 35 miliardi di euro sono quasi interamente dovuti all’aumento dei prezzi, il che conferma che questi profitti aggiuntivi sono stati realizzati in gran parte sulle spalle dei cittadini che hanno consumato da queste aziende belghe. “L’inflazione che stiamo vivendo non è quindi un semplice impoverimento generale, ma un massiccio trasferimento di ricchezza. Tra paesi (verso i paesi produttori di gas), tra aziende (verso quelle che possono aumentare i loro prezzi a scapito di altre) e, inoltre, dal lavoro al capitale”, riassume Olivier Malay. E l’indicizzazione dei salari non è chiaramente sufficiente a riequilibrare la bilancia a favore dei lavoratori: se l’indicizzazione dell’11% del gennaio 2023 fosse applicata a tutti i lavoratori dell’industria, costerebbe alle aziende 4 miliardi di euro, una cifra molto inferiore ai profitti extra realizzati.
La vera scelta politica da fare ora è quindi decidere da dove prendere i soldi per risolvere la crisi: dalla popolazione o dalle grandi aziende che hanno approfittato di questa crisi per arricchirsi. Durante la crisi degli anni ’70, che ha causato una terribile inflazione, la classe operaia è riuscita a strappare un aumento salariale del 25% perché ha saputo dare una forte dimostrazione di forza. Oggi la classe operaia deve ricostruire questo equilibrio di potere e costringere i politici a prendere i soldi da dove sono, per aiutare le famiglie e le piccole imprese. Tassando i profitti in eccesso, non solo quelli dei giganti dell’energia, ma anche quelli dell’economia in generale.
Di Valentin Gillet, solidaire.org
Fonte: https://www.solidaire.org/articles/comment-les-entreprises-augmentent-les-prix-et-pas-nos-salaires
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare