Domenica all’alba almeno tre mila persone sono partite dalla “città-carcere” di Tapachula, in Chiapas al confine col Guatemala, dirette alla capitale Città del Messico. La “via crucis migrante”, come è stata ribattezzata la mobilitazione, è stata organizzata per protestare contro l’Instituto Nacional de Migración, la famigerata “migra”, responsabile della morte dei quaranta migranti, rimasti intrappolati dentro al lager di Ciudad Juarez andato a fuoco, e della lentezza con cui i migranti vengono regolarizzati all’entrata nel Paese.
La carovana è partita molto presto dal Parque Bicentenario di Tapachula. Alla testa del corteo una grande croce di legno, che simbolicamente rappresenta le difficoltà e gli ostacoli che le persone migranti devono affrontare nel loro viaggio. Sempre in testa al corteo, sono apparsi anche una serie di striscioni che responsabilizzano lo Stato per la morte dei quaranta migranti deceduti nell’incendio della “estación migratoria” – vero e proprio lager per migranti – di Ciudad Juarez, nel lontano nord al confine con gli Stati Uniti. “El Estado los mató”, “Crimen de Estado”, “Viacrucis a los migrantes” sono solo alcuni degli striscioni di protesta tenuti dai migranti.
Nel primo giorno di cammino la carovana ha percorso una quindicina di chilometri, scegliendo la statale costiera solitamente usata da tutte le carovane nel cammino verso nord. Non sono stati al momento segnalati incidenti o blocchi da parte delle autorità. A Viva México, località a pochi chilometri da Tapachula dove solitamente la Guardia Nacional attua il primo blocco stradale per fermare i migranti, la carovana è passata senza problemi data l’assenza di forze armate. La prima tappa di questa nuova carovana si è conclusa, come detto, dopo una quindicina di km in località Álvaro Obregon dove i migranti si sono fermati a riposare per la notte.
A spiegare il senso di questa “via crucis migrante” è stato Irineo Mujica, attivista della ONG Pueblos Sin Frontera che convocato questa mobilitazione. Nella breve conferenza stampa effettuata nel Parque Bicentenario di Tapachula poco prima di partire, come riporta la rivista Proceso, Irineo Mujica ha spiegato ai giornalisti che la carovana ha come obiettivi la dissoluzione dell’Instituto Nacional de Migración e che sia processato il suo titolare Francisco Garduño per i fatti di Ciudad Juarez: «In questa via crucis chiediamo al governo che sia fatta giustizia e che vengano puniti gli assassini, che si smetta di proteggere gli alti comandanti, che vengano chiuse queste carceri e infine chiediamo la dissoluzione dell’Instituto Nacional de Migración».
Era dal giugno 2022 che non si registrava la partenza di una carovana così numerosa da Tapachula. Tuttavia, il flusso migratorio non è mai scemato e anzi, l’imbuto di Tapachula ha continuato, e continua tutt’ora, a bloccare migliaia di migranti in una città che è diventata un inferno per chi ci abita e per chi ci è costretto a rimanere a causa degli ostacoli che le istituzioni come la “migra” mettono in atto per fermare il flusso migratorio verso nord, costringendo migliaia di persone migranti a rimanere bloccati in città e a vivere di stenti.
Dopo la notte di riposo la carovana riprenderà il cammino verso la capitale, attraversando Huixtla, Villa Comaltitlan, Mapastepec e Pijijapan da dove, proprio il 25 aprile partirà un’altra carovana, quella de “El Sur Resiste”, a cui partecipa anche la delegazione italiana dei Centri Sociali del Nordest e dell’Associazione Ya Basta! Êdî bese!. Secondo gli organizzatori in una settimana la carovana dovrebbe arrivare alla Basilica di Guadalupe a Città del Messico dove ribadiranno le loro rivendicazioni al governo centrale.
Foto di copertina: Hector Adolfo Quintana Perez