Vandana Shiva su Maria Mies: l’eredità dell’ecofemminismo

Il 15 maggio, è venuta a mancare – all’età di 92 anni – l’intellettuale femminista tedesca Maria Mies. Per decenni, Mies ha scritto su come il patriarcato, il capitalismo e il colonialismo sfruttano le donne e la natura, pubblicando importanti lavori tra cui Patriarchy and Accumulation on a World Scale (1986). L’accademica tedesca ha mantenuto un lungo legame con l’India, insegnando al Goethe Institut di Pune dal 1963 al 1967 e tornando nel paese in diverse occasioni. La sua tesi di dottorato è stata pubblicata nel 1980 con il titolo Indian Women and Patriarchy. In questa intervista, Vandana Shiva – che con Mies ha scritto il volume Ecofeminism (1993) – parla del loro lavoro assieme. La versione originale è stata pubblicata da The Indian Express. Traduzione di Emma Purgato.

Definisca l’ecofemminismo per le nostre lettrici e i nostri lettori.

L’ecofemminismo è un modo di vedere il mondo che riconosce gli esseri umani come parte della Natura, non come qualcosa di separato. Nella loro interconnessione attraverso la vita, la natura e le donne sono vive e autonome, non oggetti morti e passivi, inermi di fronte allo sfruttamento e alle violazioni del potere maschile. La creatività e la produttività della natura e delle donne sono alla base di tutti i sistemi cognitivi ed economici, nonostante siano invisibili agli occhi del patriarcato capitalista.

In che modo il lavoro di Maria Mies ha contribuito a questo campo?

Maria era un’intellettuale organica. Le sue idee si sviluppano dall’esperienza. Il suo soggiorno in India ha arricchito il suo pensiero, facendole vedere come il lavoro delle donne sia il fondamento dell’economia. Negli anni, il suo lavoro di ecofemminista si è evoluto grazie sia al suo contributo al movimento FINRAGE (Rete Femminista Internazionale di Resistenza all’Ingegneria Genetica e Riproduttiva), sia alla sua analisi dell’economia di sussistenza come luogo in cui l’economia della natura e quella delle donne s’incontrano per fornire sostentamento a tutti.

In che modo il capitalismo toglie alle donne il controllo dell’agricoltura?

Il patriarcato capitalista è stato istituito come visione del mondo e sistema di conoscenza – oltre che metodo di organizzazione dell’economia – nel corso degli ultimi secoli, attraverso il colonialismo, l’industrializzazione basata sui combustibili fossili, il dominio della violenza e dell’avidità e la distruzione di natura e culture. Il patriarcato capitalista pensa la natura come una cosa morta e le donne come esseri passivi.

L’unità basica del capitalismo patriarcale è l’azienda multinazionale, per prima la Compagnia delle Indie Orientali creata nel 1600. L’impero britannico era un impero del cotone, estraeva 45 trilioni di dollari dall’India, lasciandosi alle spalle una scia di carestia. Le multinazionali sono un costrutto patriarcale, fatto sull’immagine di un ricco uomo bianco. Lavorano per un unico obiettivo, il profitto.

Così hanno introdotto armi chimiche e veleni nell’agricoltura. Hanno plasmato le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, tra cui i diritti di proprietà intellettuale e le regolamentazioni sulla proprietà dei semi scritte da Monsanto,  quelle sul libero commercio scritte da Cargill e le convenzioni sanitarie e fitosanitarie scritte dall’industria del cibo spazzatura – Pepsi, Coca Cola, Nestlé.

Le donne sono sempre state le custodi dei semi e della riproduzione, la maggior parte delle contadine sono donne, tutte le lavorazioni artigianali del cibo erano nelle mani delle donne. L’ingresso delle multinazionali nell’agricoltura ha soppiantato le donne nel settore dei semi, nella produzione agricola e nella trasformazione degli alimenti. Per questo ho creato Navdanya e il movimento swaraj Mahila Anna, per mantenere la sovranità alimentare nelle mani delle donne. Al Summit sul cibo del 1996, Maria Mies e io abbiamo lanciato un movimento globale per raggiungere questo obiettivo.

In che modo il cambiamento climatico colpisce le donne in modo sproporzionato?

Il cambiamento climatico è una conseguenza del patriarcato capitalista, dell’arroganza che ignora che la natura è viva e che le donne possiedono la conoscenza necessaria per lavorare e produrre senza i combustibili fossili e i prodotti chimici che alimentano la crisi climatica. La prima conseguenza è la negazione della conoscenza e dell’economia delle donne. La seconda, è la maggiore frequenza e intensità di cicloni, alluvioni e siccità. Le donne sono la fascia della popolazione più vulnerabile in un’epoca di disastri climatici.

Tuttavia, in quanto co-creatrici e produttrici ecologiche, le donne sono anche resilienti. Le pratiche femminili di resilienza, come la conservazione di semi resistenti al cambiamento climatico, l’agricoltura ecologica, biologica e rigenerativa, la costruzione di economie locali, ci mostrano la strada per mitigare l’impatto dei cambiamenti climatici, costruendo al contempo resilienza agli stessi.

Mies ha scritto Indian Women and Patriarchy nel 1980. Quale parte del libro ritiene essere la più rilevante al giorno d’oggi?

Maria ci ha mostrato che il patriarcato capitalista è un’economia estrattiva che sottrae il valore che le donne producono mentre crea l’illusione che il capitale sia la forza creativa che genera ricchezza.

Immagine di copertina Wikimedia Commons.

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