A Torino, come nel resto d’Italia e del mondo, le aree pubbliche vengono svendute ai privati per cercare di fare cassa e per colmare il debito. Così facendo, però, si restringe lo spazio/bene pubblico che viene inglobato e regolato dalle logiche esclusive privatistiche e consumiste del capitalismo moderno. Il caso del Parco Artiglieri da Montagna nel centro di Torino, che verrà distrutto a opera di Esselunga per la costruzione dell’ennesimo supermercato, è un caso paradigmatico per comprendere le dinamiche che governano la gentrificazione e la cementificazione dello spazio pubblico e per poter immaginare e costruire nuove pratiche di resistenza dal basso che possano scardinare queste logiche predatorie.
Anche in Italia quindi, come a Lützerath in Germania, possiamo notare quelle “tendenze sotterranee” da cui ci mette in allerta la sociologa della Columbia University Saskia Sassen nel libro “Espulsioni”.
Secondo la Sassen, dagli anni Ottanta, si è entrati in una diversa fase del capitalismo avanzato, governata da nuove logiche sistemiche di accumulazione, abilitate dalla finanza, che permettono, a quelle che la sociologa chiama “formazioni predatorie”, di allargare lo spazio adibito all’estrazione di profitto.
In questo modo, ogni luogo, ogni superficie, ogni angolo della Terra viene visto come dominabile e quindi come potenzialmente sfruttabile dall’uomo, con la conseguenza inevitabile della devastazione dei territori.
Speculazione, gentrificazione, cementificazione, svendita dei beni comuni, sono solo alcuni esempi di queste tendenze sotterranee sistemiche che sempre più pervasivamente regolano lo spazio sociale delle nostre città moderne, le quali si articolano in una impersonale “comunità di mercato” governata dalle istituzioni burocratiche ed economiche.
Già nel 1918 il grande filosofo, economista e sociologo Max Weber aveva capito che il destino delle democrazie occidentali sarebbe stato quello di trasformarsi in democrazie burocratizzate, in cui il vero funzionario non deve fare politica, bensì “amministrare” e mantenere intatto l’ordine dominante. In questo modo si produce quel sistema che Weber chiamava “gabbia d’acciaio”, un sistema tecnico-economico impersonale e razionalizzante che aliena e spersonalizza l’individuo, privandolo della sua dimensione umana, irrazionale, relazionale e collettiva.
Il sociologo Colin Crouch, invece, parla di “post-democrazia” per descrivere la parabola discendente del processo democratico e della fiducia/partecipazione del popolo, proprio per evidenziare la crisi della politica, dei partiti tradizionali e della rappresentanza democratica moderna, un sistema ormai succube e dipendente ai grandi interessi del capitale che allontana quindi gli elettori, contraendo così lo spazio politico.
Quindi lo spazio/bene pubblico e l’agilità politica si restringono a scapito del privato e del Dio denaro, che nelle nostre società moderne è stato eretto a generatore supremo e simbolico di tutti gli altri valori.
Sono più di trent’anni che con le politiche neoliberiste inaugurate da Reagan e dalla Thatcher si sostengono misure di deregolamentazione, di liberalizzazione, di privatizzazione dei settori pubblici come quello dell’istruzione, della sanità, dei trasporti, della sicurezza (carceri), dell’acqua, del suolo.
La trasformazione della relazione tra pubblico e privato è specialmente evidente nella gestione dello spazio urbano, dove il consumo di suolo causato dalle politiche di riqualificazione urbana e dalle dinamiche di gentrification determina effetti di esclusione di gruppi, classi, individui.
Le espulsioni, come il titolo del libro della Sassen, come le disuguaglianze sociali, aumentano da più di trent’anni. Tutti gli individui, i lavoratori, i consumatori, i territori spoliati e distrutti dalle logiche predatorie neoliberiste vengono espulsi e abbandonati perché non più necessari al sistema capitalistico per riprodursi.
Sfruttamento fino alla distruzione, questo è il destino che spetta a qualsiasi ente: corpo, territorio o pensiero che sia.
Il problema principale degli ultimi decenni è che la velocità con cui stiamo saccheggiando la natura non lascia il tempo a quest’ultima di rigenerarsi, disegnando, così, geografie di una distruzione che va accelerandosi, materializzando il concetto dell’Antropocene, l’epoca segnata dal massimo impatto dell’uomo sull’ambiente.
A questo proposito, Serge Latouche, economista e sostenitore della decrescita, scrisse: “La nostra sovracrescita economica si scontra con i limiti della finitezza della biosfera. La capacità rigeneratrice della terra non riesce più a seguire la domanda: l’uomo trasforma le risorse in rifiuti più rapidamente di quanto la natura sia in grado di trasformare questi rifiuti in nuove risorse”.
Allora perché continuare a svendere, distruggere e cementificare il verde pubblico?
Torino è una città emblematica sotto questo punto di vista. Il Comune continua a svendere e a speculare sugli spazi pubblici cittadini per cercare di colmare lo spaventoso debito pubblico che, dopo le Olimpiadi Invernali del 2006, è aumentato di altri 3 miliardi di euro.
Negli ultimi mesi l’attenzione è rivolta particolarmente all’area del Meisino, Parco a Nord-Est della città, su cui è presente un progetto di “riqualificazione” e “valorizzazione” che comprende la costruzione di una cittadella dello sport, al Parco della Pellerina su cui verrà costruito un ospedale, e nell’area dell’Ex Westinghouse, tra Corso Vittorio Emanuele II e via Paolo Borsellino, che comprende un’area industriale dismessa, l’ex caserma Lamarmora ed il Parco Artiglieri di Montagna, uno dei pochi rimasti in centro città.
Nell’area tra poco partiranno i lavori per la costruzione dell’ennesimo supermercato, un’Esselunga, catena nota per essere vicina alla Lega.
La vicenda di speculazione che interessa quest’area incomincia però molto prima, nel 2002, quando l’archistar Mario Bellini vinse il concorso internazionale indetto dal Comune di Torino per la realizzazione, nella sola area Ex Westinghouse, di un faraonico complesso architettonico che doveva comprendere una biblioteca, un’area congressi, un teatro e vari negozi.
Solamente il progetto costò al Comune 16,5 milioni di euro, ma non venne mai portato al termine a causa dell’indebitamento per le Olimpiadi del 2006.
La parcella di Bellini venne comunque pagata e la Corte dei Conti indagò il sindaco per danno erariale.
Successivamente, il sindaco Fassino, per risanare in parte il debito del Comune, decise di vendere non solo l’area Ex-Westinghouse ma anche la zona di fronte, comprendente una parte dell’ex caserma Lamarmora e i giardini antistanti, quelli Artiglieri di Montagna appunto.
Per rendere più appetibile la gara d’appalto, essa prevedeva, oltre al Centro Congressi, uno spazio per la GDO (grande distribuzione).
Nel 2013 la gara fu vinta dalla Amteco&Maiora, longa manus di Esselunga che subentrò nel 2015. Anche in questo caso il Sindaco venne indagato, stavolta per turbativa d’asta. Processo penale appena caduto in prescrizione, a dimostrazione che le priorità della magistratura non sono quelle di scoprire come vengono utilizzati i soldi pubblici.
Tra l’altro, Esselunga, ha appena aperto dentro la Stazione di Porta Nuova, e in centro città ci sono già decine e decine di supermercati, mentre aule studio, biblioteche, aree verdi e case accessibili sono sempre meno.
Aree verdi che sono fondamentali per contrastare i cambiamenti climatici, in un periodo in cui il clima dimostra tutta la sua schizofrenia causata da fattori antropocentrici:
Siamo passati da una stagione invernale secchissima per il Piemonte e non solo, in cui la portata del Po’ era dimezzata e già dall’inverno sono iniziate numerose le allerte e i razionamenti idrici.
Parliamo, inoltre, di una delle zone più inquinate d’Europa in cui i livelli di particolato atmosferico superano spesso, anche più del doppio, i limiti consentiti dalla legge.
Distruggere e cementificare le aree verdi va contro ogni logica sensata. Le piante terrestri, attualmente, assorbono circa il 29% delle emissioni di CO2.
Il problema principale ovviamente si riscontra nelle città, in cui le temperature sia diurne che notturne sono superiori anche di 12 C° rispetto alle aree naturali. Secondo Greenpeace queste isole di calore sono dovute alla cementificazione e al consumo di suolo.
In Italia vengono inghiottiti dal cemento circa 70 ettari al giorno.
Secondo i dati riportati da Lina Fusaro, ricercatrice dell’Istituto per la Bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibe), in un approfondimento dedicato al tema da Greenpeace, piantare alberi in città serve. Innanzitutto perché le chiome degli alberi garantiscono un confort termico che deriva sia dal diretto ombreggiamento delle superfici artificiali, sia dal processo di traspirazione.
E cosa fanno invece i politici che governano? Continuano a devastare i territori e a svendere spazi ai privati, compromettendo la nostra salute e l’accessibilità ai diritti inviolabili.
Fortunatamente, per difendere il Parco Artiglieri di Montagna, da poco più di un anno, è nato un comitato spontaneo di cittadini, il Comitato EsseNon, che sta lottando per cercare di impedire la costruzione del supermercato. Il primo Aprile è stata occupata dal collettivo LEA (Laboratoria Ecologista Autogestita) l’ex Caserma Lamarmora, per mandare un messaggio chiaro al Comune e a Esselunga: il quartiere e la città vogliono il parco!
Lo spazio è stato sgomberato qualche giorno dopo. Continuano però le iniziative nell’area e la cura del Parco. Dal 28 al 30 Aprile c’è stata una campeggia ecologista ma, anche a tende levate, il parco continua ad essere curato, attraversato ed autogestito.
Il 5 Giugno si è tenuta un’assemblea cittadina al Parco Artiglieri da Montagna che ha discusso la vicenda messo in agenda una forma di protesta più ampia in vista dell’inizio dei lavori. Per conoscere nel dettaglio le iniziative seguire le pagine social del Comitato Essenon (facebook, instagram) e di LEA. È l’ora di schierarsi, di parteggiare. A poco più di un mese dal 25 Aprile, non restiamo indifferenti, lottiamo per un futuro più giusto, un futuro ed un mondo antifascista, antisessista, antirazzista ed ecologista.
È importante tornare ad ascoltare e ad ascoltarsi in un mondo che purtroppo non ne è più capace. Dobbiamo però continuare a sognare, perché come scrissero Deleuze e Guattari, il desiderio è potenzialmente rivoluzionario perché cerca ciò che non si vede.
Allora continuiamo a sognare, immaginare e desiderare un mondo altro, un mondo migliore.
Impariamo ad ascoltare e a curarci di ciò che ci sta intorno. Ascoltiamo i segnali che la natura ci sta mandando, prima che sia troppo tardi, perché come scrisse il grande sociologo e filosofo Ortega y Gasset “Io sono me più il mio ambiente, e se non preservo quest’ultimo, non preservo me stesso”.