In “clima” di pandemie

Di Alessio Fortunati per comedonchisciotte.org

Che fossimo in un periodo di cambiamenti probabilmente ce n’eravamo accorti un po’ tutti, sebbene il termine “cambiamento” assuma significati ben diversi e distanti, a seconda della sensibilità o dell’uso che se ne intenda fare. In pochi anni abbiamo assistito a drastiche modifiche tentate, e in alcuni casi riuscite, della società nei suoi aspetti cardine, fino a toccare e mettere in discussione il significato stesso di uomo e natura. Abbiamo, negli ultimi anni, imparato qualcosa, tuttavia, delle intenzioni sottese l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU, della radicale trasformazione del mondo come lo conosciamo in un mondo nuovo, sostenibile. Sostenibile per chi, ci domandiamo, e soprattutto come intendono rendere questo mondo “sostenibile”.

A queste perplessità legittime è difficile dare una risposta definitiva ma qualche indizio sul come intendano convincere i popoli della necessità di tale cambiamento, della assoluta insostenibilità dell’attuale mondo, lo abbiamo negli anni raccolto. In particolare, la psico-pandemia del Covid-19 ha scoperchiato un vero e proprio Vaso di Pandora sulla gestione della salute pubblica da parte di stati e enti sanitari internazionali, sugli enormi conflitti d’interesse tra agenzie governative, case farmaceutiche, università e centri di ricerca, fondazioni e politici; in molti hanno aperto gli occhi e preso coscienza di aspetti della realtà in cui viviamo che fino a qualche tempo prima sarebbero apparsi come fantasiosi, se non ridicoli.

Ma torniamo alla sostenibilità. Nell’era delle pandemie, come il nostro profeta Bill Gates già da anni sostiene, in cui il mondo sembra essere entrato, occorre prepararsi al peggio; il mondo non è più sostenibile appunto, ciò causa implicitamente l’insorgere di sempre nuove e violente patologie virali e batteriche di natura epidemica, che facilmente si possono evolvere in vere e proprie pandemie. Per sostenere questa linea narrativa, dell’uomo nemico della natura, che con il suo comportamento ha reso questo mondo insostenibile vengono così amplificate con una assordante propaganda tutte quelle conseguenze catastrofiche che abbiano un impatto globale; dai cambiamenti climatici globali, l’eccesso di anidride carbonica in atmosfera, l’inquinamento, l’abuso di combustibili fossili, la scarsità di cibo. Questi fenomeni se legati infine alla salute, acquisiscono un significato molto più profondo e possono essere più facilmente scagliati per far breccia nelle menti di popoli e individui. Non a caso, da qualche tempo si comincia a parlare di nuove pandemie, legate ai cambiamenti climatici.

Dopo il grande esperimento sociale di quella che qualcuno ha definito come “l’ultima grande pandemia”, i grandi organismi internazionali che di concerto hanno pianificato e sviluppato la trasformazione globale della società, quali OMS, World Economic Forum, ONU, in collaborazione e imbarazzante sudditanza di molti governanti totalitari dei paesi cosiddetti “occidentali”, hanno anch’essi imparato qualcosa, si sono evoluti nella narrazione e amplificato il messaggio che porta alla percezione di paura nelle persone. La confusione, l’arte del confondere, è sempre da mantice di questa terrificante impalcatura, tirata su tra false verità e vere falsità, attore protagonista indiscusso della più grande psicosi collettiva nella storia dell’umanità. Il nuovo atto della tragicommedia delle pseudo-pandemie si apre così sulle ceneri del precedente, mai concluso in realtà, durato oltre tre anni e i soliti nomi ne sono i personaggi principali: lobby finanziarie, Organizzazione Mondiale della Sanità, case farmaceutiche e governi compiacenti.

Lo scorso 23 maggio 2023, da Ginevra, esce la notizia che la Fondazione Rockefeller e l’Organizzazione Mondiale della Sanità annunciano una nuova collaborazione, per espandere la preparazione alle pandemie globali nell’era del cambiamento climatico. La fondazione collabora con l’OMS da oltre 75 anni e negli ultimi vent’anni ha finanziato progetti di cooperazione per 27 milioni di dollari. Nel 2020, fu annunciato poi un enorme piano di investimenti, di un miliardo di dollari, per catalizzare un recupero più “inclusivo” e “green” dalla pandemia da Covid-19. Così, nel gennaio del 2022, la fondazione Rockefeller viene ammessa  come attore non statale nelle relazioni ufficiali con l’OMS.

Ma quale sarà il ruolo dei Rockefeller in questa nuova iniziativa? Alla 76° World Health Assembly, a Ginevra (Svizzera), tenutasi il 23 maggio 2023, la fondazione annuncia che la collaborazione con l’OMS sarà incentrata in particolare sul WHO Hub for Pandemic and Epidemic Intelligence. Come parte della collaborazione, il primo investimento previsto è di 5 milioni di dollari, volto a rafforzare il network di lavoro globale con l’OMS per l’identificazione di nuovi patogeni potenzialmente pandemici, implementare le capacità di risposta globale alle pandemie, includendo chiaramente la globalizzazione della sorveglianza sanitaria. Questo progetto è fondamentale e reso ancor più urgente dal peggioramento provocato dall’incremento della probabilità che nascano nuove malattie a causa dell’innalzamento delle temperature e delle condizioni climatiche estreme.

La tattica è sempre la stessa, aumentare la percezione di pericolo imminente nella popolazione, creare un fenomeno globale e vendere a governi e agenzie internazionali soluzioni da milioni di dollari; il tutto focalizzato comunque sull’accentramento di potere da parte di questi organismi sovranazionali quali WEF, e OMS, giustificando, con la contingenza apocalittica della paventata prossima distruzione del mondo, l’approvazione e l’accettazione dei popoli di leggi liberticide che spingono verso la totale e completa sorveglianza globale. Ciò ovviamente mascherato da sorveglianza sanitaria. Non a caso, proprio l’OMS ci spiega cosa sia questo fantomatico “WHO Pandemic Hub”, creato nel settembre del 2021. Come parte integrante del grande Programma per le Emergenze Sanitarie dell’OMS (il WHO Health Emergencies Programme), il WHO Hub for Pandemic and Epidemic Intelligence (noto semplicemente come WHO Pandemic Hub) è appunto un piano di intelligence; un programma volto a facilitare la collaborazione globale dei partner provenienti dai più svariati settori, in supporto di paesi e investitori, per indirizzare la risposta ai rischi di future epidemie e pandemie tramite un facilitato accesso ai dati, migliori capacità analitiche e strumenti più efficaci in aiuto ai decisori, governativi e non.

L’OMS lo spiega chiaramente, che proprio l’ultima pandemia ha mostrato quanto sia indispensabile implementare la sorveglianza globale e le ultime decisioni in merito alla possibilità di rendere operativo il certificato digitale per le vaccinazioni, il famigerato “green-pass”, ne rappresentano forse il risultato più importante, dal loro punto di vista, più inquietante per tutto il resto del mondo. La creazione di centri pandemici in tutto il mondo, all’interno di questo programma dell’OMS, porta con sé la preoccupante possibilità che si intenda raccogliere, con il supino assenso dei governanti totalitari di turno, un’infinita mole di dati personali, sanitari e di altra natura per essere poi catalogati e condivisi con agenzie e partner non statali, per pianificare nuove emergenze sanitarie e infine commercializzare o al più imporre nuove vaccinazioni di massa. La stessa Rockefeller Foundation, riprendendo le identiche parole dell’OMS, chiarisce il ruolo del WHO Pandemic Hub, aggiungendo però che la collaborazione con l’OMS permetterà di accelerare gli sforzi congiunti, con la loro assistenza tecnica e finanziaria.

Chiarificatrici, sono anche le parole, riportate dalla fondazione, del Dr. Chikwe Ihekweazu, Assistant Director-General dell’OMS e a capo del Pandemic Hub: “La pandemia da Covid-19 ha sottovalutato il fatto che la sorveglianza sanitaria, la collaborazione con i finanziatori e la condivisione di dati fossero ingredienti assolutamente essenziali per la sicurezza sanitaria”. A questo, già di per sé preoccupante approccio, che ancora una volta propone la creazione di un sistema di sorveglianza (e quindi controllo della popolazione) globale, si aggiunge la spinta a proseguire verso questa direzione e conseguirne gli obiettivi il prima possibile, a causa del riscaldamento globale: “Con le crescenti minacce dovute al cambiamento climatico, siamo eccitati di collaborare con la Fondazione Rockefeller per entrare in una nuova era di collaborazione globale nell’intelligence pandemica”, conclude il Dr. Ihekweazu.

Per “pandemic Intelligence”, intendono, come abbiamo accennato poc’anzi, non solo l’implementazione della sorveglianza sanitaria generale ma nello specifico la creazione di una vera e propria “piovra” digitale, in grado di raccogliere, gestire e condividere, con chi ritengano opportuno, tutti i dati sanitari, le informazioni sullo stato di vaccinazione per quelle patologie che riterranno loro chiave. In primis, c’è la raccolta di tutti i dati genomici, eventualmente recuperati e catalogati in seguito a test molecolari, resi necessari e ormai accettati da gran parte della popolazione, attraverso il nuovo International Pathogen Surveillance Network (IPSN), una rete stabilita dall’OMS per rafforzare e accelerare il loro piano di creazione di un ecosistema di sorveglianza genomica dei patogeni. Questo programma, sempre spacciato come strumento fondamentale per guidare i popoli verso risposte migliori in materia di sanità pubblica, punta all’individuazione più rapida possibile di nuovi patogeni e al tracciamento sia della diffusione che dell’evoluzione delle malattie.

Siamo ormai oltre le peggiori aspettative e preoccupanti derive della “cyber-security”; il mondo che ci prospettano è totalmente subordinato alla farmacologia, la virologia e una totale sorveglianza sanitaria, il controllo genomico. Secondo questa idea di risposta alle emergenze sanitarie, o meglio di risposta a qualsiasi tipo di virus o altro patogeno che possano usare arbitrariamente quale portatore della narrazione sulle continue emergenze pandemiche, l’OMS potrebbe alfine controllare e conoscere il nostro patrimonio genetico e quindi decidere in merito sui modi d’uso di tale preziosa informazione, attuando un controllo sugli individui che va ben oltre la sorveglianza e il profiling, ottenuto intrecciando i “big data”; avremo una possibilità unica nella storia in cui un ente sovranazionale, con un potere decisionale che va allargandosi di anno in anno, come l’OMS, detenga dati genomici, ovvero l’essenza stessa degli uomini. Sebbene infatti, il programma verta sulla genomica dei patogeni, la raccolta dei campioni tissutali o sierologici convogliati nei centri di raccolta e sviluppo delle risposte pandemiche, i Pandemic Hub, da cui poter eventualmente identificare e poi sequenziare genomi patogenici, daranno in mano all’OMS materiale genomico anche umano. E’ lecito domandarsi se questo prezioso materiale possa essere in fin dei conti raccolto, analizzato e condiviso senza che il cittadino, ignaro di tutto, possa anche solo sospettare l’uso che di quel campione ne potrebbero fare?

Secondo punto è lo sviluppo di una piattaforma digitale in collaborazione con data.org per abilitare una comunicazione in tempo reale e una più stretta collaborazione tra gli analisti della sanità pubblica e i ricercatori in tutto il mondo, con lo scopo di creare, condividere e espandere strumenti epidemiologici che loro ritengano affidabili e basati sull’evidenza scientifica. Il messaggio che si trova nella homepage del portale data.org recita in tono inquietante: “Democratizing data, for good.” Oramai siamo arrivati alla democratizzazione dei dati, e sempre per il bene dei popoli, invero. La piattaforma, creata nel 2020 proprio dalla Rockefeller Foundation in collaborazione con il Centro per la Crescita Inclusiva della Mastercard, è finanziata dai soliti colossi della finanza, oltre che da enti il cui scopo e dichiarazione d’intenti, come un mantra ripete sempre lo stesso nucleo di parole chiave che ritroviamo ovunque, quelle stabilite appunto dall’Agenda 2030: resilienza, inclusività, democrazia, sviluppo sostenibile, salute globale, sorveglianza, emergenza. Tra i partner finanziatori di data.org c’è il Centro di Ricerca per lo Sviluppo Internazionale, come parte di un progetto che promuove la salute globale, sistemi di alimentazione resilienti al clima, educazione e scienza, governance democratica e inclusiva, economie inclusive e sostenibili nei paesi in via di sviluppo. Non poteva poi mancare Microsoft, attraverso il suo programma “Data Maturity Assessment”; quindi la Wellcome Trust e Splunk.

Ultimo punto su cui la Fondazione Rockefeller intende agire nell’ambito della nuova collaborazione con l’OMS è il miglioramento del metodo di identificazione dei focolai epidemici, attraverso il finanziamento di un altro strumento digitale, l’iniziativa di condivisone di dati scientifici Global.health. Basata oltre che sul supporto dei Rockefeller su quello di Google, Data.health è un contenitore di raccolta di dati informatici e scientifici considerati “affidabili” e quindi da poter condividere e su cui i decisori politici nazionali e sovranazionali possano basarsi, per le scelte in materia di risposta alle nuove emergenze pandemiche.

Come lo stesso presidente della Rockefeller Foundation, il Dr. Rajiv Shah, ci spiega, “il cambiamento climatico sta aumentando il rischio sia di un’altra pandemia globale sia il bisogno di collaborare e condividere dati.” Questo continuo perseverare in una narrazione catastrofista, in cui a causa di fantomatici cambiamenti climatici ci saranno nuove pandemie devastanti, per cui occorrerà assolutamente sviluppare vaccini sempre nuovi, demandare sempre più poteri a enti sovranazionali e donare tutti i dati possibili su individui e popoli a fondazioni private, fondi d’investimento, colossi farmaceutici e big-Tech, sta portando i suoi primi risultati, come dimostrato dalle recenti delibere dell’assemblea planaria dell’OMS in materia di green-pass globale. Per fortuna che c’è l’OMS, parafrasando le dichiarazione del Dr. Rajiv Shah: “Fortunatamente, il WHO Pandemic Hub ci sta già rendendo più attenti e sicuri aiutandoci a tracciare minacce, trovare soluzioni e connettere paesi e continenti. Siamo orgogliosi di collaborare con l’Hub per espandere il suo focus nel prevenire le pandemie alimentate dal cambiamento climatico”.

Di Alessio Fortunati per comedonchisciotte.org

Dott. Alessio Fortunati, PhD. Dottore in Scienze Biologiche, Biologo Molecolare, Saggista e libero pensatore.

RIFERIMENTI

[1] https://www.rockefellerfoundation.org/news/the-rockefeller-foundation-and-world-health-organization-announce-partnership-to-expand-global-pandemic-preparedness-in-era-of-climate-change

[2] https://pandemichub.who.int

[3] https://www.who.int/initiatives/international-pathogen-surveillance-network

[4] https://global.health

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