Probabilmente non avrete mai sentito i loro nomi: Laith Kharma, Amal Nakhleh, Mohammad Mansour, Jihad Bani-Jaber. Vi interesserà tuttavia leggere qualcosa riguardo il loro arresto e incarcerazione da parte delle autorità israeliane, così come documentato dai recenti report di Defence for Children International Palestine, un’organizzazione indipendente locale palestinese per i diritti dei minori, che si occupa di difendere e promuovere la tutela dei minori che vivono nella Cisgiordania, includendo Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza. L’ong offre supporto legale, documenta le violazioni dei diritti internazionali e si impegna a tutelare i giovani palestinesi minori di 18 anni.
Tra i casi citati all’interno del report pubblicato a maggio “Arbitrary by Default: Palestinian Children in the Israeli Military Court System” diffuso dall’organizzazione, c’è proprio quello del diciassettenne Laith. Nella mattinata del 20 settembre 2017, intorno alle 2 del mattino, un gruppo di soldati israeliani ha fatto irruzione nella casa del giovane, situata nel villaggio di Kafr Ein, periferia occupata di Ramallah. Senza che gli venisse comunicato il motivo del suo arresto o gli fosse presentato alcun mandato, Laith è stato ammanettato, bendato e picchiato dalle forze israeliane. Durante le seguenti undici ore, Laith è stato trasferito in diversi luoghi, incluso un checkpoint militare e una stazione di polizia israeliana in una colonia illegale all’interno dei territori della Cisgiordania. “Mentre ero dentro la jeep mi sembrava che il viaggio durasse intere ore”, ha dichiarato in seguito al DCIP. Laith è arrivato al complesso militare isrealiano di Ofer intorno all’una di pomeriggio. Durante l’interrogatorio gli sono state poste domande riguardo il presunto lancio di alcune pietre, un “attacco alla sicurezza” secondo la legge militare israeliana. Il giovane ha negato tutte le accuse. I militari lo hanno costretto a firmare un verbale stampato in lingua araba ed ebraica. Laith ha passato quasi 46 settimane in stato di arresto senza mai essere stato imputato formalmente di alcun crimine. La detenzione lo ha costretto a saltare interamente l’ultimo anno di scuola superiore. Il 6 agosto 2018 le forze israeliane lo hanno rilasciato senza alcuna spiegazione.
Arbitrary by Default si basa sulle testimonianze di 766 minori che sono stati detenuti dalla polizia o dall’esercito israeliano in Cisgiordania tra gennaio 2016 e dicembre 2022. Qui di seguito i range d’età dei 766 minori:
-0-11 anni, 3
-12-13 anni, 21
-14-15 anni, 198
-16-17 anni, 544
Le deposizioni dei minori-raccolte dagli avvocati del DCIP e dai reporter dimostrano che “tre quarti dei 766 minori hanno subito forme di violenza fisica in seguito all’arresto”. Al 97% dei minori è stato negato l’accompagnamento dei genitori durante gli interrogatori e due terzi non sono stati informati dei propri diritti. Le forze israeliane non comunicano la motivazione degli arresti nel 85,5% dei casi.
I maltrattamenti dei minorenni arrestati, cita il report, includono arresti durante la notte, costrizione degli arti, bende sugli occhi, violenza fisica, trasporto sui pianali dei mezzi, vessazioni verbali, umiliazioni ed intimidazioni, privazione di acqua e cibo, impedimento dell’accesso ai servizi igienici, perquisizioni con denudazione coatta, minacce di abusi sessuali, negazione della presenza dei parenti durante gli interrogatori e molto altro. Secondo il DCIP, “178 ragazzini palestinesi sono stati detenuti in isolamento per un periodo medio di 16,5 giorni durante il periodo d’indagine”.
I lettori ricorderanno il report di Mondoweiss riguardo il disegno di legge che la senatrice statunitense Betty McCollum ha riproposto quest’anno. La legge proibirebbe ad Israele di utilizzare i fondi che riceve con le tasse provenienti dagli USA per finanziare, tra le altre cose, la detenzione militare, l’abuso e il maltrattamento dei minori palestinesi in stato di arresto. L’auspicio delle organizzazioni per i diritti umani è che i report presentati e le testimonianze dei minorenni palestinesi ben dovrebbero influenzare il congresso a supportare questa proposta di legge.
Qui ad esempio la storia di Jihad Bani-Jaber, anch’essa condivisa dal report di DCIP;
Le autorità israeliane stanno arbitrariamente detenendo un sedicenne palestinese negandone il rilascio dalla custodia, nonostante abbia terminato la sua condanna nel settembre 2022.
Erano le 3 del mattino del 3 maggio 2022 quando le forze militari israeliane, pesantemente armate, hanno arrestato Jihad Maher Nafez Bani-Jaber nella sua casa ad Aqraba, vicino a Nablus, nella Cisgiordania occupata. Jihad è stato rinchiuso in isolamento per 13 giorni. Mentre era detenuto Jihad è stato interrogato svariate volte ma non gli è stato permesso consultare un avvocato o averlo presente in nessun momento. Le autorità israeliane hanno esteso la sua detenzione per ben otto volte prima che gli fosse stato presentato un capo d’accusa il 31 maggio 2022 al tribunale militare di Salem. Dopo aver espiato la sentenza di quattro mesi, anziché essere rilasciato, il 1 settembre 2022 il vice comandante militare israeliano della Cisgiordania occupata ha emesso un ulteriore ordine di detenzione amministrativa di quattro mesi nei confronti del ragazzo. Alla fine del 2022 le autorità israeliane hanno rinnovato la sua detenzione di ulteriori quattro mesi. Il 30 aprile 2023 ha subito un’ulteriore proroga di quattro mesi. Jihad rimane tuttora detenuto arbitrariamente dalle autorità israeliane, almeno fino al 30 agosto 2023 giorno in cui dovrebbe scadere l’ultimo rinnovo per la sua detenzione.
Ogni anno circa 500-700 minori palestinesi subiscono arresti e persecuzioni da parte del sistema militare e giuridico israeliano. Secondo un report del 2015 dell’UNICEF, citato dal DCIP, i ragazzini soffrono di maltrattamenti diffusi, sistematici e istituzionalizzati attraverso un processo che si articola dai momenti dell’arresto, alle indagini fino alle eventuali condanne e sentenze.
Le 39 pagine del report del DCIP, minuziosamente curate e complete di fonti, includono descrizioni dettagliate delle violazioni, in relazione al sistema internazionale di tutela dei diritti umani, messe in atto dall’autorità militare israeliana, nell’ambito della persecuzione, detenzione e incarcerazione dei minori palestinesi. Il report si conclude sollecitando urgentemente il governo isrealiano, l’Autorità palestinese e la comunità internazionale affinchè vengano rispettate le linee guida internazionali di tutela dei diritti nella giustizia minorile, contenute nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, il trattato internazionale sui diritti umani più ratificato nella storia. “Israele ha ratificato il CRC nel 1991 – riporta DCIP – vincolando sé stesso all’implementazione della difesa dei diritti tutelati secondo la convenzione”. Tuttavia, sottolinea l’ong, “nel luglio 2013 la Commissione per i Diritti dell’Infanzia ha analizzato la situazione Israeliana riguardo il rispetto del CRC ed ha scoperto una situazione tragica […] i minori palestinesi arrestati dalle forze israeliane sono ‘sistematicamente soggetti a trattamenti degradanti e ad atti di tortura’ e che israele ha ‘completamente disconosciuto’ le raccomandazioni per allinearsi alla legge internazionale”.
Le flash news della settimana
Il soldato israeliano che ha ucciso un bambino palestinese di due anni non subirà conseguenze. Stando ai recenti sviluppi, l’esercito di occupazione israeliano ha annunciato la decisione di non perseguire alcuna misura disciplinare nei confronti del soldato israeliano che le scorse settimane ha ucciso un bambino palestinese e ferito il padre in Cisgiordania. L’esercito d’occupazione ha descritto l’incidente come un “errore di identificazione”, assolvendo quindi il soldato da ogni colpevolezza. Mohammed Tamimi è morto a causa della sua ferita alla testa quattro giorni dopo che un soldato ha aperto il fuoco contro l’auto di suo padre Haitham, il quale è stato sottoposto ad un intervento all’ospedale di Ramallah, da cui è uscito la scorsa settimana, a causa delle ferite da proiettile e dalle schegge nella spalla.
“Merita giustizia, non questa presa in giro”: nessun’accusa nei confronti del soldato israeliano che ha assassinato un anziano americano- palestinese. L’occupazione militare israeliana ha annunciato questo martedì che non perseguirà penalmente il soldato israeliano che è stato coinvolto nell’omicidio di Omar As’ad, un 78enne americano palestinese morto lo scorso anno dopo esser stato ammanettato ed abbandonato ad un checkpoint in Cisgiordania. Secondo le autorità israeliane, As’ad è stato fermato dai militari ad un checkpoint improvvisato nella sua città di origine Jiljilya, nel gennaio del 2022. Le forze d’occupazione israeliane lo avrebbero trascinato fuori dalla sua auto, legato, incappucciato e lasciato a terra, fino a perdere i sensi. I militari lo hanno lasciato in quella posizione fino al giorno seguente quando lo hanno ritrovato morto. L’esercito israeliano sostengono che non c’è stato un legame diretto tra le azioni dei soldati e la morte di As’ad e che i militari avrebbero agito nel pieno rispetto delle regole d’ingaggio senza perpetrare alcun abuso. As’ad era un cittadino degli Stati Uniti che si era trasferito nel suo villaggio natale dopo essersi pensionato dal suo lavoro come ingegnere in Virginia.
Il coordinatore ONU lancia l’allarme: a Gerusalemme decine di palestinesi a rischio deportazione. Quasi 150 famiglie palestinesi nella parte occupata di Gerusalemme rischiano la deportazione e l’espulsione forzata da parte delle forze di occupazione israeliane. L’occupazione israeliana ha aumentato radicalmente gli ordini di demolizione di case ed edifici palestinesi nella Gerusalemme occupata, mirate a costringere i palestinesi residenti a lasciare le proprie terre con il pretesto di nuove edificazioni. Le autorità dell’occupazione israeliana indicano l’11 giugno come la deadline per l’espulsione delle famiglie dalle loro case per lasciare posto ai coloni israeliani.
Coloni incendiano i campi del villaggio di Husan a ovest di Betlemme. Nella sera di venerdì 16 giugno 2023, un gruppo di coloni israeliani ha appiccato un incendio ai campi del villaggio di Husan. I coloni hanno incendiato le terre nell’area di Qadis, locata nel cuore della colonia di “Beitar Illit” che è costruita su territorio palestinese. Le conseguenze sono dozzine di ulivi bruciati e l’intossicazione di due giovani palestinesi che hanno tentato di domare le fiamme inalandone i fumi. I coloni hanno anche tentato di assalire i giovani che tentavano di spegnere l’incendio L’attacco si colloca all’interno di una preoccupante escalation nei confronti dei palestinesi e delle loro terre ad Husan, inclusi i sequestri dei campi e lo sradicamento degli alberi.
Un’indagine della CNN conferma: l’esercito israeliano complice dell’attacco di Huwwara. Grazie a un’inchiesta condotta dalla CNN, è stato confermato che l’esercito israeliano è complice del violento attacco perpetrato dai coloni i mesi scorsi contro la città di Hawara in Cisgiordania. L’indagine evidenzia una serie di eventi che sono sfociati nell’attacco, fortemente aizzato da una campagna di incitamento da parte dei coloni estremisti sui social media. Secondo quanto riportato da un soldato israeliano intervistato dalla CNN, l’esercito ha lasciato agire liberamente i coloni che sono entrati in città, i quali si sono resi responsabili di numerose aggressioni nei confronti dei palestinesi. Il soldato ha inoltre rivelato che un sostanzioso numero di soldati, affiancati dall’agenzia di intelligence Shin Bet, erano presenti durante gli attacchi. Nonostante fossero al corrente del rischio posto dai coloni, non solo non hanno preso alcuna precauzione per prevenire le violenze ma si sono al contrario schierati al fianco delle centinaia di coloni che hanno assalito il villaggio. Il bilancio dell’attacco fu drammatico: più di 30 edifici e svariati automezzi furono dati alle fiamme durante l’attacco. Un uomo palestinese è stato ucciso, mentre oltre un centinaio sono stati i feriti.