Di Alessandro Fanetti per ComeDonChisciotte.org
Nell’attuale situazione geopolitica globale, caratterizzata primariamente dallo scontro fra unipolarismo & multipolarismo, qualsiasi area del mondo non è immune dalla rivalità fra Grandi Potenze. Rivalità che si gioca su più dimensioni e in varie zone, come perfettamente chiaro dallo sviluppo di “Guerre Ibride” su vasta scala.
Anche l’area dei Balcani, dunque, sta subendo tale “momento geopolitico” e le tensioni in Kosovo – Serbia lo dimostrano chiaramente. Tensioni “facilitate” dal passato di questo territorio, con il Kosovo che ancora oggi è riconosciuto come Stato sovrano da circa il 50% dei Paesi del mondo, mentre gli altri lo vedono ancora come Provincia facente parte della Serbia.
Situazioni altamente complesse (un’ “area polveriera”) derivate dallo smembramento della Repubblica Socialista Federale Jugoslava nel 1991 (guarda caso proprio mentre si stava disfacendo anche l’Unione Sovietica), seguita poi dall’intervento NATO del 1999 che ha dato il “colpo di grazia” alla nuova Repubblica Federale di Jugoslavia.
Tensioni che hanno una storia lunga e un passato drammatico, dunque, rinvigorite “ad arte” ogniqualvolta sia “necessario” aprire un fronte per mettere in difficoltà la Grande Potenza di turno. Proprio come sta accadendo anche in questo momento con le forzature del Premier Kosovaro Albin Kurti verso la Serbia del Presidente Aleksandar Vučić (quest’ultimo che non ha aderito alle sanzioni occidentali contro Mosca post 24 febbraio 2022).
Tensioni, guarda caso, tornate ad un livello drammatico proprio dalla seconda metà del 2022, prima con la “questione targhe”, poi con la “questione sindaci” e infine (ma solo per il momento) con la “questione poliziotti”:
- Questione targhe: forzatura all’apparenza immotivata e unilaterale, da parte del Governo Kosovaro, di obbligare tutti i serbi presenti all’interno del territorio ad usare solamente targhe del Kosovo.
- Questione sindaci: forzatura kosovara volta a voler far insediare sindaci, votati da circa il 3% del corpo elettorale, nelle zone a maggioranza serba. Forzatura talmente evidente ed esagerata da far indispettire anche gli USA, grandi alleati di Pristina.
- Questione poliziotti: Arresto di 3 poliziotti kosovari da parte dei serbi, con rimpallo di responsabilità: i serbi affermano che essi avevano sconfinato mentre i kosovari che essi sono stati rapiti sul proprio territorio.
Di quest’area e di ciò che sta accadendo ne abbiamo parlato con il giornalista e documentarista Enrico Vigna.
Un’intervista a 360 gradi che ci aiuta a comprendere meglio la situazione odierna e come siamo arrivati fino a qui.
Un passato da conoscere per avere tutti gli strumenti utili a comprendere il presente (e “carpire” il futuro), descritto al meglio anche nel libro scritto dallo stesso Vigna e pubblicato pochi giorni fa: “Kosovo 1999. Albanesi e Milizie di Autodifesa, che hanno lottato per la Jugoslavia. Un aspetto di storia mai raccontata” (La Città del Sole, 2023).
- Buongiorno Dott. Vigna, ci introduce al libro e, in particolar modo, ai fatti che riporta e che sono caduti nell’oblio per tutti questi anni?
“Il libro è una documentazione storica unica, neanche in Serbia è mai stata redatta, che ho raccolto sul campo in questi 20 anni di presenza nelle enclavi della provincia e decine di relazioni. Da un lato era un doveroso atto morale con le persone, kosovari albanesi, che ho conosciuto personalmente e con cui ho condiviso anche situazioni difficili là, che indico nel libro, da cui ho avuto le documentazioni e le indicazioni verso altre figure e materiali, con cui ho poi formato il libro. Dall’altro lato, è un atto storico politico di contributo alla memoria storica e di impegno informativo.
Penso che in Italia siano pochissimi, anche tra gli esperti “jugoslavisti”, che conoscono questo aspetto della storia di quelle regioni. Eppure ha una valenza notevole, documentare questo pezzo di resistenza alla NATO, ha una utilità proprio oggi, perché scardina e smaschera, uno dei tasselli, forse il principale, delle giustificazioni per “dover” bombardare e piegare il “regime” della RF Jugoslava di allora, renitente e non soggiogato alle mire egemonistiche di USA e NATO. Si doveva intervenire per salvare gli albanesi del Kosovo, per fermare il loro genocidio da parte del regime di Belgrado e sostenere con armi, soldi e campagne mediatiche internazionali di supporto, una banda di criminali e trafficanti mafiosi, trasformati in “combattenti per la libertà”. In questo libro è DOCUMENTATO con nomi, fatti, leggi, testimonianze in tribunali, che questa era una falsità e una menzogna. Lo scontro era tra il governo (di unità nazionale tra l’altro) di Belgrado e le mire geopolitiche dei paesi occidentali, l’UCK era (ed è.. seppur obliato) uno strumento per la destabilizzazione, la solita carne da cannone a poco prezzo. Ricorda non poco il Donbass e i neonazisti ucraini… ”
- Lei parla di egemonismi unipolari che cercano di dominare i popoli e il mondo. Una cosa che purtroppo ricorre tragicamente. Perché ciò si adatta perfettamente a quello che è successo alla Jugoslavia?
“Perché nel 1999 la “piccola Jugoslavia”, così come prima la RFSJ, erano l’unica realtà statuale non assoggettata e non sottomessa ai diktat degli USA e della NATO e gliela hanno fatta pagare caro. Ma nell’ultimo mese in particolare, con lo sviluppo straripante di prospettive e scelte “multipolari” nel mondo, la lettura del mondo sottomessa a “padroni del mondo” senza alternative ad esso, perlomeno dal 1989 in poi, la concezione di mondo unipolare, dove cioè o si obbedisce o si è ostacoli, al di là di governi o società diverse, con la minaccia di divenire automaticamente nemici, paesi “canaglia”, è in una crisi dirompente, questo potrebbe aprire scenari e prospettive di futuro anche alla Serbia. La Jugoslavia non era un paese comunista o fortemente ideologizzato, era e ancora cerca di essere come Serbia, un paese e un popolo come quello serbo, con una forte identità nazionale, un radicato senso di indipendenza, una cultura storica di dignità e non sottomissione, a cui dai secoli scorsi ha sempre forgiato i suoi percorsi dentro gli avvenimenti che lo hanno visto protagonista. In un mondo egemonizzato da concezioni unipolari, non può essere accettato, occorre destabilizzarlo e “portare” la democrazia occidentale atlantista. I terroristi UCK sono stati semplicemente un feroce strumento per questo, NON per migliori condizioni e diritti della popolazione kosovara albanese.”
- Sono molti anni che la Serbia vive tensioni interne spaventose. Guarda caso dal 24 febbraio 2022, con la scelta del Presidente Vucic di non aderire al regime sanzionatorio unilaterale occidentale, tali tensioni sono aumentate sensibilmente e il rischio di una deflagrazione delle “ostilità latenti” è sempre più probabile, come sottolineato anche dalla decisione serba di elevare al massimo la prontezza al combattimento delle Forze Armate e di presidiare a livello massimo le linee di confine con il Kosovo e Metohija. Cosa pensa di tale situazione e trova dei collegamenti con quello che accadde nel 1999?
“Sì, è un dato di fatto che la società serba sta vivendo un livello di tensioni interne molto alto, ma non ai livelli del 1999, dove l’aggressione NATO era nell’aria e ormai attesa. Oggi la situazione è diversa, forse più complessa geopoliticamente, perché la Russia non è presente nella regione, mentre nel ’99 era anche in Kosovo, la Serbia oggi è completamente sigillata da governi e paesi interni alla NATO e ostili, sottolineo i governi non le popolazioni balcaniche, molto meno “natoidi” e filooccidentali. In questo momento la situazione è sotto controllo, ma nessuno può dire cosa potrebbe succedere, di fatto è una polveriera. In questi ultimi quindici giorni sono in contatto costante e quotidianamente con i nostri referenti di là e i sentimenti sono di angoscia, apprensione, ma anche di determinazione. Tutte le componenti la società serba del Kosovo, ma anche di altre minoranze sono coscienti che la provincia kosovara sta andando verso un passaggio, quale che sia, determinante per il futuro. Di certo, tutti mi hanno confermato che se scoppierà un conflitto sarà per scelta di USA e NATO non certo della Serbia. La partita è sulla questione dell’ingresso del paese nella NATO e sull’accettazione delle sanzioni alla Russia, che sarebbe un atto di rottura e resa all’Occidente. Non so quanti vorrebbero essere al posto del governo Vucic, comunque la si pensi sulla sua figura. Un altro dato da tenere conto, rispetto al 1999, dove vi era un governo di unità nazionale con socialisti, radicali, sinistra jugoslava e forze minori, fermamente alleate contro l’aggressione esterna e a difesa dell’indipendenza e identità nazionale. Oggi la società serba è divisa in tre posizioni una che sta sulla linea del governo centrale, una su posizioni più fortemente nazionaliste e patriottiche e un’altra (che nei sondaggi pare rappresenta un 25/28%) assolutamente inconciliabile con le altre due, in quanto “quinta colonna” degli interessi stranieri.”
- Il ricavato del vostro lavoro, come fate sempre, andrà a Progetti di Solidarietà. Ci racconta di queste iniziative e di come i nostri lettori possano contribuire anche in altri modi ai vostri progetti?
“Essendo un attivista e non uno scrittore, da sempre ogni mio libro è al servizio dei Progetti di solidarietà concreta sul campo. Attualmente abbiamo (… da 24 anni) ancora oltre 12 Progetti con la società civile in Kosovo Metohija, oltre ad alcuni in Serbia. Chi volesse trovare maggiori informazioni o magari darci una mano può andare sul sito www.civg.it e cercare SOS Yugoslavia-SOS Kosovo Metohija Progetti Solidarietà. Oppure scrivere a [email protected] e gli rispondiamo direttamente. Tengo a sottolineare che abbiamo Progetti anche in Donbass, Ucraina (… per ora sospesi), Palestina, Siria, Cuba, Afghanistan. Vi ringrazio molto per la vostra sensibilità e attenzione, oltre che per il vostro prezioso lavoro con il vostro sito di informazione.”
Intervista a cura di Alessandro Fanetti per ComeDonChisciotte.org
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Enrico Vigna, giornalista e documentarista. Presidente dell’Associazione SOS Yugoslavia – SOS Kosovo Metohija, di cui è responsabile dei Progetti di solidarietà del Kosovo; è portavoce del Forum Belgrado per un mondo di eguali e delegato del Consiglio Mondiale della Pace; è stato portavoce per l’Italia settentrionale del Tribunale R. Clark, per i Crimini di guerra nella ex Jugoslavia. Tra i suoi libri: Dalla guerra all’assedio e Kosovo liberato (La Città del Sole); Pagine di storia rimosse (Ed. Arterigere). Tra i suoi documentari: Viaggio nell’Apartheid in Europa; I Dannati del Kosovo; I Guardiani del silenzio; Ci vinceranno, ma non ci convinceranno.