Edward Curtin – edwardcurtin.com – 27 giugno 2023
A volte ci si sveglia da un sogno per rendersi conto che ci sta dicendo di prestare molta attenzione alla profondità del suo messaggio, soprattutto quando è legato a ciò a cui si sta pensando da giorni. Sono appena uscito da un sogno in cui scendevo nella cantina della casa della mia infanzia perché la luce del seminterrato era accesa e la porta della cantina sul retro era stata aperta da un uomo misterioso che stava fuori.
Vi risparmierò ulteriori dettagli o un’interpretazione, se non per dire che i miei pensieri diurni riguardavano lo spettacolo mediatico che circondava il sommergibile Titan, imploso a due miglia di profondità nelle cantine dell’oceano, mentre cercava di dare ai suoi passeggeri la possibilità di vedere il relitto del Titanic, la nave “inaffondabile” soprannominata “Millionaire’s Special“. La nave che nessuno avrebbe potuto affondare, tranne un cubetto di ghiaccio nel drink che l’ha inghiottita.
Nei sogni la cantina è il luogo in cui noi, come individui e società, possiamo affrontare le ombre tremolanti che ci rifiutiamo di affrontare nella vita cosciente. Carl Jung la chiamava “l’ombra”. Tali ombre, se non riconosciute e represse, hanno la tendenza a emergere ed esplodere autonomamente, portando non solo all’autodistruzione personale, ma anche a quella di intere società. La storia è piena di esempi. Lo straniero misterioso del mio sogno mi ha illuminato la strada attraverso alcuni pensieri oscuri e ha aperto la porta a una possibile fuga. Mi ha fatto pensare a ciò che tutti noi tendiamo a negare o a evitare perché le sue implicazioni sono così mostruose.
L’ossessione per le presunte meraviglie della tecnologia, insieme all’attribuzione di nomi di antiche divinità greche e romane, sono fissazioni di élite tecnologiche che hanno perso quella che Spengler chiamava [capacità di] “vivere una religiosità interiore“, ma che desiderano dimostrare di conoscere i nomi classici, pur non comprendendo il significato di questi miti. Questi miti raccontano le storie di cose che non sono mai accadute ma che sono sempre esistite. Appropriarsi dei nomi antichi senza ironia – come chiamare una barca Titanic o un sommergibile Titan – svela l’arrogante ignoranza di persone che non sono mai scese negli inferi per impararne le lezioni. Non pensano di rinunciare al loro senso di potere divino, né al lato oscuro dei loro sogni faustiani.
Non daranno mai il nome di Nemesi a una macchina, perché ciò rivelerebbe il fatto che hanno superato i limiti eterni con il loro maniacale estremismo tecnologico e, parafrasando Camus, le Furie oscure piomberanno su di loro per distruggerli.
Nietzsche ha definito il risultato nichilismo. Una volta che gli uomini hanno ucciso Dio, le macchine sono un comodo sostituto nelle società che adorano l’illusione della tecnica e hanno paura della morte e delle macchine che hanno inventato per amministrarla.
Quest’ultima non è una questione adatta alla stampa, poiché deve rimanere nei bui sotterranei della coscienza pubblica. Se venisse reso pubblico, il gioco della morte nichilista verrebbe smascherato. Poiché oggi il potere, il denaro e la tecnologia sono le divinità dominanti, i mass media ruotano intorno alla pubblicizzazione delle loro meraviglie in modo spettacolare e, quando si verificano “incidenti”, non mettono mai in evidenza il mito delle macchine, o quello che Lewis Mumford [nel suo “Il mito della Macchina”] chiamava “il Pentagono del potere” (Politica, Energia fisica, Produttività, Profitto, Pubblicità, N.d.T.). Le tragedie si verificano, ci dicono, ma sono sottoprodotti minori delle meraviglie della tecnologia.
Ma se questi media ci portassero a vedere la verità sotto la superficie degli oceani, non vedremmo falsi mostri come il Titanic o Moby Dick o finzioni di cartoni animati come la balena Monstro della Disney, ma l’opera di migliaia di folli Capitani Achab che hanno attaccato la “più grande” invenzione tecnologica – le armi nucleari – a sottomarini balistici a propulsione nucleare.
Sottomarini Trident. Sottomarini di primo attacco, come l’USS Ohio.
Questi sottomarini Trident vivono e respirano nelle cantine delle nostre menti, dove pochi osano scendere. Sono controllati da sciacalli a Washington e al Pentagono, con facce lucide in uffici ben arredati con macchine per il caffè e gustosi snack. Pazzi. I loro reattori nucleari ronzano nelle acque profonde, pronti a colpire e distruggere il mondo. Pochi li sentono, quasi nessuno li vede, la maggior parte preferisce non sapere.
Ma aspettate, cosa c’è di strano, ditemi cosa sta succedendo: il Titan e il Titanic, ricchi voyeur intenti a gettare uno sguardo nel sepolcro di chi è morto da tempo, mentre seicento migranti disperati annegano nel Mediterraneo da cui sono nati gli antichi dei. Queste sono le priorità di una società che adora i ricchi; una società dello spettacolo che intrattiene e distrae mentre la fine del mondo naviga sotto la coscienza.
Solo gli Stati Uniti hanno quattordici di questi sottomarini armati di missili Trident, che si aggirano costantemente nelle profondità oceaniche, mentre gli inglesi ne hanno quattro. Chiamati con il nome dell’arma a tre punte delle divinità marine greche e romane, rispettivamente Poseidone e Nettuno, questi missili balistici prodotti dalla Lockheed Martin (“Forniamo soluzioni innovative alle sfide più difficili del mondo“) lanciati da questi sottomarini, , possono distruggere il mondo in un attimo. Distruggerlo molte volte. La soluzione finale.
Mentre gli Stati Uniti hanno abrogato tutti i trattati che offrivano una certa protezione dal loro uso e hanno dichiarato il proprio diritto di primo utilizzo, hanno costantemente spinto verso un confronto nucleare con Russia e Cina. Come mai prima d’ora oggi – giugno 2023 – siamo sull’orlo dell’annientamento nucleare.
Un singolo sottomarino Trident imbarca 20 missili Trident, ognuno dei quali trasporta 12 testate indipendenti per un totale di 240 testate, ognuna delle quali è circa 40 volte più distruttiva della bomba di Hiroshima. Quattordici sottomarini per 240 equivalgono a 3.360 testate nucleari, per 40 equivalgono a 134.400 Hiroshima. Queste sono le lezioni della matematica in tempi assurdi.
James W. Douglass, autore del famoso “JFK and the Unspeakable” e attivista di lunga data contro i Trident presso il Ground Zero Center for Non-Violent Action, fuori dalla base sottomarina di Bangor, nello Stato di Washington, ha risposto in questo modo nel 2015 quando gli è stato chiesto di Robert Aldridge, l’eroico progettista di missili Trident della Lockheed che, dimessosi dal suo incarico per un atto di coscienza, è diventato una forza ispiratrice della campagna contro i Trident e le armi nucleari:
Domanda: “Cosa dissero gli avvocati di Norimberga sui crimini di guerra che ebbe un impatto così profondo su Robert Aldridge?”.
Robert Aldridge ha visto il suo lato ombra. È sceso nella cantina dei suoi sogni più oscuri e si è rifiutato di distogliere lo sguardo da ciò che vedeva. È diventato un’ispirazione per James e Shelley Douglass e per tanti altri. Era un uomo nel e del sistema, che ha visto la verità della sua complicità nel male radicale e ha subito una metanoia. È possibile.
Se quei missili verranno mai lanciati dai mostri che li trasportano nei recessi nascosti degli oceani del mondo, non ci sarà mai un altro processo di Norimberga per giudicare i colpevoli, perché gli innocenti e i colpevoli saranno tutti morti.
Non saremo riusciti a far luce sulle nostre ombre più oscure.
Scrivendo in un altro contesto, che riguarda gli odierni pazzi nucleari che volano alto e che non presterebbe ascolto al loro mitico antenato greco, Icaro, bene ci ha detto il poeta W. H. Auden nella sua poesia “Musée des Beaux Arts” (*):
Sulla sofferenza per certo mai sbagliarono,
gli antichi Maestri, che molto ben compresero
la sua umana posizione: come avviene
mentre qualcun altro sta mangiando o aprendo una finestra
o semplicemente camminando stancamente;
come, quando anziani attendono con riverenza e passione
la nascita miracolosa, sempre ci saranno
bambini che non la vorranno, pattinando
su uno stagno ai margini del bosco:
mai hanno dimenticato
che anche il terribile martirio deve fare il suo corso
in ogni caso, in un angolo, in un luogo disordinato
dove i cani continuano a vivere da cani e il cavallo del torturatore
gratta contro un albero il suo innocente deretano.
Nell’Icaro di Breughel, per esempio: come tutto si allontana
con calma dalla catastrofe; l’aratore potrebbe
aver udito il tonfo, il grido desolato,
ma per lui non era un fallimento importante; il sole splendeva
come doveva sulle bianche gambe che sprofondavano nel verde
dell’acqua e la nave, fragile e costosa, che pur doveva aver visto
qualcosa di incredibile, un ragazzo che cade dal cielo,
aveva una sua meta, verso cui serena veleggiava.
Edward Curtin, formazione classica, teologica e sociologica, è un ex professore di sociologia al MCLA e uno scrittore ampiamente pubblicato, il cui ultimo libro è “Seeking Truth in a Country of Lies” (Clarity Press). Vive a Great Barrington, nel Massachusetts.
Link: https://edwardcurtin.com/sea-monsters-threaten-the-world-with-their-tridents/
Scelto e tradotto (IMC) da CptHook per ComeDonChisciotte
(*) W. H. Auden – “Musée des Beaux Arts” – libera traduzione e adattamento di CptHook
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