Le politiche europee e i leader corrotti continuano a dividere l’Africa e le/gli africane/i: centinaia di aggressioni si sono consumate negli ultimi giorni nell’area di Sfax, al sud della Tunisia, dove persone migranti subsahariane sono state aggredite per strada e nelle loro case da gruppi di tunisini.
Questa volta il capro espiatorio sembra esser stata l’uccisione di un uomo tunisino nella capitale, di cui sono stati accusati diversi migranti neri. Le autorità hanno gettato paglia sul fuoco dell’odio razziale scaturito da questa notizia: dividono gli ultimi per mantenere il controllo di potere e risorse. Non è la prima volta che questo accade[1].
Secondo alcune fonti dal campo, infatti, i principali autori degli attacchi razzisti sono giovani uomini tunisini dei quartieri popolari. Giovani cresciuti in strada, figli dimenticati di un Paese che svende le proprie ricchezze all’Europa. Anche questi giovani viaggiano a migliaia ogni anno verso l’Italia dalla Tunisia. Un Paese che secondo il Fondo Monetario Internazionale dovrebbe tagliare ancora, senza pietà, sulla loro istruzione, sul loro futuro, per ridurre la spesa pubblica ed aumentare i profitti di privati e multinazionali.
L’educazione libera con lo strumento della rabbia creativa chi prova senso di ingiustizia.
Purtroppo, in questa epoca neofascista della storia, i profitti privati sono molto più importanti del futuro dei giovani e del pianeta. Basterebbe questo a giustificare non una, ma cento rivoluzioni. Invece, chi ci governa trova sempre qualcuno a cui addossare le sue colpe: oggi sono i e le migranti. Così anche i potenziali “migranti clandestini” tunisini sono spinti dalla propaganda a prendersela con chi sta peggio di loro, le persone “subsahariane”.
Se ad essere aggredita o uccisa fosse stata una persona nera, le forze di Stato non si sarebbero mosse: sono migliaia le denunce di questo tipo di aggressione a cui non segue nessuna indagine da parte delle autorità tunisine. No, non si tratta di immobilismo, o assenza di risorse: le autorità tunisine hanno altri mandati contro le persone migranti. Infatti per ridurre gli scontri a Sfax in questi giorni hanno deportato e abbandonato decine di persone nel deserto, vicino alla frontiera con la Libia e con l’Algeria.
Altre fonti sul campo ci raccontano di aver perso notizie di diversi amici e amiche subsahariane a causa di queste e altre pratiche violente da parte delle autorità. Autorità che si sono accanite anche sulle persone tunisine che hanno provato ad aiutare i/le migranti, ospitandole, rifocillandole di beni primari o anche solo soccorrendoli.
Mentre divide ed impera, lo Stato tunisino fa il gioco sporco per cui lo paga l’Italia neofascista, con l’appoggio dell’Unione Europea: ridurre gli arrivi indesiderati da Sfax sulle sue coste.
Questa politica indebolisce e isola le persone migranti in Tunisia: crea un “ambiente ostile” in cui sono intrappolate: non possono andare altrove (persino verso Tunisi o verso Sousse le partenze da Sfax sono bloccate dalla polizia); non possono essere rimpatriate a causa della lentezza delle procedure e dell’esoso costo delle multe per “clandestinità”; non possono andare avanti perché la Guardia Nazionale foraggiata dall’Italia le respinge a morte nel Mediterraneo.
Nel frattempo le grandi organizzazioni internazionali presenti in Tunisia (UNHCR, OIM, Croce Rossa) si limitano a misure tampone come la distribuzione di acqua a chi è abbandonata nel deserto, perché azioni di altro tipo sono “fuori dal loro mandato“.
Le persone straniere senza documenti in Tunisia sono gli operai dei cantieri edili, i braccianti agricoli negli uliveti, le domestiche e le datrici di cure. I lavoratori e le lavoratrici su cui si fonda la struttura sociale. In questo, la Tunisia é tutt’altro che un’eccezione: le nostre societá sono ancora fondate su logiche schiaviste, che servendosi degli stereotipi patriarcali segregano le donne razzializzate, soprattutto nere, nei settore della cura e dei lavori domestici; e gli uomini razzializzati, soprattutto neri, in settori di lavoro usurante come l’edilizia o il bracciantato agricolo.
Il fatto che a lavoratori e lavoratrici fondamentali per l’economia vengano negati i diritti più elementari può sembrare contraddittorio, ma non lo è. Infatti la loro messa fuori legge e la loro persecuzione sono condizioni che vengono create per assicurare il mantenimento dei rapporti di lavoro basati sullo sfruttamento, tipici del sistema capitalista.
Nel capitolo “Informati sul razzismo” del suo “Piccolo manuale antirazzista e femminista“, Djamila Ribeiro scrive: “il sistema razzista è in costante aggiornamento, per questo bisogna capire il suo funzionamento (…). Bisogna riconoscere i miti che fondano la specificità del sistema di oppressione che opera in noi (…) Dobbiamo imparare dal femminismo Nero, che ci insegna l’importanza di nominare le oppressioni, dal momento che non si può combattere ciò che non ha nome“.
La situazione a Sfax degli ultimi giorni è una responsabilità diretta degli accordi bilaterali Italia-Tunisia per il controllo delle migrazioni.
Quegli accordi vanno aboliti e le persone evacuate.