Di Claudio Vitagliano per ComeDonChisciotte.org
NAPOLI
L’altro giorno mentre camminavo per via Toledo, facendomi faticosamente largo tra la folla, sono stato colto da uno strambo pensiero: ma se non fosse stato per Totò che ha reso questa città ancor più conosciuta nel mondo di quanto già non lo fosse, almeno una piccola quota di questa gente non sarebbe da un’altra parte, invece che qui?
In realtà, questa osservazione era scaturita da una riflessione balzatami in testa il giorno prima, quando, decidendo di andare a visitare la casa di Totò in via Santa Maria Antesaecula, invece che una casa museo, che forse a causa della mia troppo fervida immaginazione ero convinto di trovare, mi sono imbattuto in una abitazione sbarrata e fatiscente.
Casa tra l’altro che non avrei mai potuto localizzare se non fosse stato per un privato cittadino che me l’ha indicata. In realtà, a ricordare che Totò ebbe i suoi natali nella via, specificando per l’appunto solo in modo generico il cortile, ho trovato due targhe scrostate e impolverate, ( una sulla via e una nel cortile ) e due busti anche loro visibilmente trascurati, posti sia le une che gli altri da privati cittadini.
Eppure, se c’è un personaggio che si può considerare emblema di questa città, è proprio lui.
Allora… perché l’amministrazione pubblica non ha mai provveduto a ristrutturare l’abitazione facendone un museo e mettendolo a disposizione dell’immensa platea dei suoi estimatori sparsi per il mondo?
In fondo, potrebbe risultare utile anche alle casse della stessa amministrazione, tenendo in considerazione che chiedere un ticket per poter accedere a tal museo sarebbe lecito, visto che l’ingresso per godere delle attrattive di Napoli, come avviene in tutte le altre città, sono a pagamento.
Ma a parte questi calcoli di natura “terrena”, credo che Totò, per tutto l’amore che ha sempre dimostrato e professato nei confronti della città di Napoli, meriti di essere ricordato con un luogo a lui dedicato.
Nel computo finale della partita doppia che Antonio De Curtis aveva aperto con il potere, come d’altronde avviene per ogni altro cittadino di questo pianeta, è senz’altro ragionevole attribuirgli un credito inderogabilmente esigibile e di cui mi pare più che giusto chiedere soddisfazione in tempi brevi.
I motivi della perorazione di questa causa che sento di dovermi e di volermi accollare, sono in buona parte evidenti e da tempo universalmente conosciuti, ma in misura minore ne esistono anche di meno noti.
La prima ragione di questa passione che nutrono milioni di persone per Totò e prima di tutti il sottoscritto è di una banalità disarmante: Totò faceva ridere, fa ridere e farà ridere ancora generazioni di persone. Questo almeno, credo che succederà finché l’umanità sarà ancora titolare dei propri sentimenti.
Ancora oggi, a circa sessanta anni dalla morte, tra la miriade di attori comici pervenuti nel frattempo alla notorietà, è ancora l’unico che garantisce risate fino alle lacrime a me e a milioni di altri ammiratori, anche dopo aver visto più e più volte gli stessi film. La forza della sua comicità viscerale che scuote l’emotività dello spettatore nel profondo, andando a toccare tasti che a volte sono sconosciuti persino alla nostra coscienza, nel tempo non ha perso neanche un milligrammo del suo vigore.
Questo non accade perché egli avesse trovato il segreto per accedere al nostro super io come avrebbe fatto un genio della psicoanalisi, ma semplicemente perché si proponeva come il paradigma personificato della nostra fatica esistenziale. Totò era di volta in volta maestro di ruberia ( I soliti ignoti ), di furfanteria ( Miseria e nobiltà ), di filosofia ( Uccellacci e uccellini ), un trasformista dai mille volti che trasponeva però, in ogni ruolo, una sincera e profonda umanità, a volte addirittura scandalosa per una società passata e presente così avvezza all’ipocrisia.
Una società che non perdona chi si fa beffe della tronfia prosopopea e ignoranza di cui essa fa sfoggio, mettendola senza pietà di fronte alle proprie miserie.
Egli era, nello stesso tempo popolano e nobile, ricco e povero, truffatore e truffato; racchiudeva in sé inequivocabilmente il dualismo dell’essere umano.
Raffigurava inoltre, con esclusivo riferimento a Napoli, lo specchio della cultura popolare di questa città, in cui gli opposti si accompagnano perennemente; per cui la vita e la morte, il sacro e il profano, le lacrime di gioia e quelle dall’afflizione sono eventi dell’esistenza che non possono manifestarsi separati gli uni dagli altri.
In aggiunta, possedeva la maestria per mettere in scena la particolare commistione tipica del carattere partenopeo, che vede convivere, nella stessa anima, indolenza e vitalismo esasperato; combinazione ritenuta da molti il magico amalgama che ha dato vita a tanta poesia a carattere locale che si è sempre tramutata subitaneamente in linguaggio universale.
E a proposito di poesia, ricordiamo che la canzone napoletana forse più conosciuta al mondo, parlo naturalmente di “Malafemmena“, che è scaturita dalla sua vena malinconica.
In definitiva, Napoli e Totò sono una cosa sola.
Voglio infine ricordare che Antonio De Curtis, oltre ad avere meriti artistici, ha dimostrato in vita di possedere coraggio oltre i limiti della coscienza, sfidando ogni sera l’ottusità del potere, che nei primi anni della sua carriera era rappresentato dal regime fascista, con gli impietosi sberleffi che lanciava dal palco all’indirizzo delle autorità. Cosa che lo obbligò addirittura, nella primavera del 1944, a fuggire da Napoli per sottrarsi all’arresto, facendovi ritorno solo dopo l’arrivo degli americani.
Ma riprendendo il motivo di questo scritto, constatiamo che nella città di Napoli abbiamo uno stadio intitolato a Maradona e una casa museo dedicata a Caruso, tanto per prendere due esempi, però manca un luogo destinato a celebrare il genio di Totò, in cui ogni appassionato possa raccogliersi davanti ai suoi cimeli.
Ho appreso in seguito alla visita che sono stati ventilati, nel corso degli anni, progetti a tale riguardo, ma l’abbandono in cui versa la casa dove Totò ha vissuto fino all’età di 24 anni è lì a testimoniare un’assoluta estraneità del Comune – o di chi per lui – a qualsiasi iniziativa in tale direzione.
Ho contattato l’assessorato alla cultura per ricevere delucidazioni su questa che ritengo un’anomalia, senza volerne fare per altro una colpa da imputare all’amministrazione comunale, non ricevendo comunque alcuna risposta.
Andrò avanti nel chiedere le motivazioni di questa “distrazione”, proponendo conseguentemente a chi di dovere di prendere in carico la richiesta di valutare la possibilità, corredandola con finanziamenti adeguati e indicandone tempi certi di realizzazione, di ricordare degnamente Totò allestendo una casa museo, convinto oltretutto di rappresentare una richiesta inespressa ma diffusa, di moltissime persone.
Se a me, come sicuramente accade per altri napoletani, ogni volta che mi viene chiesto da dove vengo, posso rispondere con una evidente punta d’orgoglio che sono nato a Napoli, è anche per merito del Principe della risata.
In virtù di ciò, di quel che ho descritto sopra e di tanto altro che ha caratterizzato la vita di Totò e che è impossibile raccontare nel limitato spazio di un articolo, ogni sforzo che faremo affinché il suo museo diventi realtà, non sarà altro che un modo per restituirgli una piccola parte dell’immensa ricchezza che ci ha regalato.
Di Claudio Vitagliano per ComeDonChisciotte.org
13.08.2023