Marcello Pamio – 14 agosto 2023
L’essere umano utilizza una minima parte del proprio cervello, si dice all’incirca il 10 per cento ad essere ottimisti. E’ anche vero che c’è un numero statisticamente significativo di esseri semi-viventi che non hanno praticamente accesso al loro encefalo!
La domanda che sorge spontanea per i primi e non per i secondi: cosa accadrebbe se si fosse in grado di potenziare al massimo le proprie capacità mentali? Se si avesse accesso per esempio al cento per cento?
Questa domanda se l’è fatta anche il registra francese Luc Besson mentre nel 2014 scriveva la sceneggiatura del film Lucy.
Sorvolando su alcuni scivoloni come quello del Big Bang, l’ipotizzata esplosione primordiale dell’Universo, quando è invece tutto stazionario, e la visione smaccatamente darwiniana, rimane un capolavoro assoluto. Un film di fantascienza ma fino ad un certo punto.
Ma veniamo alla storia. La pellicola inizia con una scimmia femmina sul letto di un fiume…
Si tratta di Lucy, un Australopithecus afarensis, vissuta 4 milioni di anni fa e i cui resti vennero trovati in Etiopia. Così almeno dice la narrazione ufficiale.
Poi la scena cambia per arrivare alla protagonista che si chiama anch’essa Lucy Miller, una studentessa molto spensierata che suo malgrado (non voglio spoilerare troppo) si ritrova ad avere in corpo una quantità industriale di una nuovissima droga sintetica chiamata CPH4.
Il nome scientifico del CPH4 è “6-carbossitetraidropterina sintasi”, ed è veramente un enzima prodotto alla sesta settimana di gravidanza dalla donna che serve a potenziare lo sviluppo del feto, in modo che questo possa formare senza problemi le ossa e altre strutture vitali. Quindi una vera e propria bomba per il cucciolo.
L’esagerata dose però fa sviluppare a Lucy poteri inimmaginabili. In pratica le sue potenzialità crescono di pari passo all’aumentare della percentuale di cervello utilizzata. Ricordate il dieci per cento visto prima? Bene, Lucy passa dalla telecinesi alla capacità di piegare lo spazio; da una totale insensibilità per il dolore fisico alla capacità di rigenerarsi e auto-guarirsi. Fino al controllo assoluto del tempo con il cento per cento delle capacità mentali.
Alfa e Omega, inizio e fine, ecco il parallelismo con Lucy la prima donna ominide di cui l’antropoarcheologia abbia conoscenza.
Luc Besson ama sempre mettere al centro dei suoi film personaggi femminili. Ricordiamo Nikita, Anna, la protagonista de Il Quinto elemento, Giovanna d’Arco, Nina, The Lady (Aung San Suu Kyi) e molti altri.
In questo caso la scelta di Scarlett Johansson è a dir poco perfetta.
Impersona magistralmente la classica ragazza svampita che si troverà suo malgrado a raggiungere potenzialità mai esplorate da un essere umano! Forse Besson ha voluto rappresentare il continuo richiamo o anelito per l’uomo all’ascesa: dall’imperfezione della condizione umana, alla perfezione assoluta. Da Uomo a Dio?
Non lo so, comunque il film merita di essere visto!