Il piano di chi, vendendoci di tutto, ha fatto del consumismo l’elemento supremo dell’esistenza era chiaro: prima cosa distruggere la comunità, perfino l’idea, farla dimenticare come se non fosse mai esistita o ci appartenesse. E dobbiamo ammettere che ci sono riusciti egregiamente visto che l’intero mondo è diventato un gigantesco supermercato dove ogni persona è spinta in ogni modo a essere sola con se stessa; e quando sei solo con te stesso, per vivere hai bisogno di tutto e tutto ti devi comprare.
E’ evidente che se avessimo una comunità di riferimento, gente che si aiuta, che si dà una mano, che si relaziona direttamente, che si organizza collettivamente, molti acquisti non avrebbero senso di essere fatti. Ma non è questo che vogliono i venditori di tutto e quindi nel bozzolo iperinformatico, dove vogliono rinchiudere ognuno, non c’è spazio per gli altri ma solo per un reiterato compulsivo e costoso acquisto di qualsiasi cosa. Il prezzo che si paga è assai alto perché ti devi ammazzare di lavoro per comprarti quello che la pubblicità ti dice essere indispensabile, ma hanno inventato richiami così irresistibili che ci si lancia pure con impeto nella ruota del criceto.
Ma le persone non sono ancora tutte cablate, sono ancora fatte di carne e sangue e fino a che sarà così tenderanno a fare quello che hanno sempre fatto: saranno sociali, vorranno relazioni reali, e soprattutto capiranno e capiscono che il mettersi insieme è una soluzione psicologica e pratica assai interessante, più interessante e arricchente di un mondo virtuale molto costoso e vuoto di significato.
Fra i tantissimi progetti di resistenza all’alienazione, si distinguono i tentativi di ricreare comunità e vera socialità.
Uno di questi progetti è il cohousing cioè la scelta di vivere insieme ad altre persone non nello stesso appartamento ma in una modalità abitativa che si sceglie e si progetta insieme, dove ognuno ha il suo di appartamento ma si possono condividere spazi comuni, fare orti collettivi e darsi una mano in mille modi. Tutti aspetti che si ritrovano nell’interessante libro Cohousing. L’arte di vivere insieme di autori vari a cura di Housinglab pubblicato per Altra economia.
«La forza del gruppo permette non solo di godere di più spazio ma anche di attrezzature professionali, come lavatrici e asciugatrici più capienti ed effeicienti, una cucina con affettatrice o impastatrice da chef, oppure una dispensa come quella di un ristorante. A Ecosol per esempio, dove gli acquisti si fanno tutti insieme attraverso un Gruppo di Acquisto Solidale, i prodotti che arrivano dai fornitori vengono stoccati direttamente in una dispensa comune con una cella frigorifera industriale e un congelatore, in cui ognuno ha uno spazio riservato: in altre parole è come fare la spesa sotto casa».
Per non parlare della convenienza di costruire o ristrutturare con criteri di bioedilizia e risparmio energetico. Così si esprime Aida abitante del cohousing di Sangiorgio a Ferrara: «È da tre anni che viviamo qui e non abbiamo mai acceso il riscaldamento. È una casa in cui c’è un investimento iniziale ma dopo si ripaga veramente da sé».
Gli fa eco Luca che grazie all’impianto fotovoltaico dice: «Non sappiamo neanche cosa sia una bolletta».
Andatelo a dire a chi ancora dà soldi alle multinazionali del fossile e poi piange e si lamenta se gli alzano le bollette….
Le auto poi in un contesto di cohousing possono essere ridotte, dato che è facile accordarsi per darsi passaggi o mettendo in comune auto che si usano poco, riducendo quindi il numero delle stesse e i relativi alti costi.
E Luca ribadisce prospettando un car sharing, «perchè la condivisione è ormai un vantaggio talmente evidente che la domanda sorgerà spontanea».
Il testo prosegue facendo riflessioni su quello che scaturisce dalla collaborazione. «Ottimizzare le risorse del pianeta condividendo ciò che si usa poco, come auto, biciclette, lavatrici, asciugatrici, attrezzi e utensili, nei cohousing, grazie agli spazi comuni e allo spirito di collaborazione fra vicini, è davvero semplice».
Poi c’è l’ambito sociale per il quale avere persone vicine fidate è un grande aiuto che contribuisce ad alzare il livello della qualità di vita e abbassare i costi.
E addirittura il settore bancario vede con favore operazioni del genere perché: «Le banche sono state scottate da grosse operazioni edilizie pre crisi in cui è rimasto invenduto gran parte del costruito. L’occasione di avere a disposizione da finanziare un’operazione chiusa in cui un ristretto numero di famiglie costruiscono e comprano la loro abitazione principale è certamente ghiotta. Si tratta di un finanziamento con basso rischio e “clientela selezionata”».
Ovviamente si suggerisce di rivolgersi al settore bancario etico.
E il libro indica anche amministrazioni comunali che si stanno muovendo per censire quali terreni e immobili nel patrimonio comunale possa essere dedicato a progetti di cohousing. Del resto lo abbiamo ribadito tante volte: l’Italia è strapiena di posti abbandonati in città e campagna, che possono essere riportati a nuova vita con progetti di Cohousing o simili. Non serve spostare le montagne o fare miracoli, basta solo attivarsi e con in mano anche ottime guide come questo libro il traguardo è davvero raggiungibile.
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