Quando Brzezinski ordinò: alla conquista dell’Eurasia!

di Fabrizio Bertolami per Comedochisciotte.org

Verso la fine degli anni ’70 la Polonia tornò a ricoprire un ruolo geopolitico di prim’ordine sullo scacchiere europeo: polacco era Lech Walesa, leader del Sindacato degli operai di Danzica “Solidarnosc” così come Karol Woytila, salito al Soglio Petrino con il nome di Giovanni Paolo II, e polacco era Zbignew Brzezinski Consigliere di Stato sotto Jimmy Carter, dal 1977 al 1981. Brzezinski fu propugnatore della linea dura nei confronti dei russi in Afghanistan ma condusse anche le trattative che portarono all’accordo SALT II in tema di riduzione degli armamenti. Egli agì tanto sul fronte della diplomazia quanto su quello delle operazioni militari nelle dispute geopolitiche alla periferia dell’Impero sovietico.
L’invasione sovietica dell’Afghanistan segna per molti storici l’inizio della fine del sistema sovietico che avverrà di lì a dieci anni (1). Dopo la fine dell’Unione Sovietica nel ’91 sarà proprio quell’area individuata da Brzezinski a diventare centrale nei discorsi politici, militari e economici. I successivi vent’anni testimonieranno un intenso sforzo americano per conquistare posizioni in tutta la periferia ex-sovietica prospiciente il Medioriente per isolarlo così dalla diretta influenza di Mosca . Ad oggi tutti i paesi che vanno dal Caspio al Mar Rosso, dal Golfo Persico al Mediterraneo, sono alleati degli Stati Uniti a parte alcuni come , ad esempio, Iran e Siria (fig. 4).


Figura 4- Situazione Geopolitica al termine della Guerra Fredda.

Nel saggio La Grande Scacchiera del 1997 Brzezinski afferma che il principale obiettivo geopolitico degli USA è rappresentato dall’Eurasia, confermando ancora una volta la sua predilizione per una interpretazione continentalista della geopolitica. Le considerazioni di Brzezinski coprono l’intero scenario geopolitico globale. Per quanto riguarda gli scopi di questa dissertazione tuttavia ci soffermeremo maggiormente sulle considerazioni riguardanti i due attori operanti sullo scenario europeo, ovvero l’Unione Europea e la Russia, ai quali dedica tre capitoli sui sette complessivi dell’opera. Per quanto riguarda la Russia, Brzezinski ha proposto una visione in cui lo spazio geografico-politico comunemente denominato «area ex-sovietica» risulta essenzialmente suddiviso in due distinte regioni: il cosiddetto “Buco Nero” (2) (fig. 5) risultante dal vuoto geopolitico seguito al collasso dell’Unione Sovietica, di cui la Federazione Russa è il centro, e i cosiddetti “Balcani dell’Eurasia” che comprendono le nazioni che circondano il bacino del Caspio (3).


Fig. 5. Il “Buco Nero” di Brzezinski.

Egli inoltre individua nella regione euroasiatica alcuni paesi, rappresentati dall’Ucraina, dall’Azerbajian, dalla Turchia e dall’Iran che definisce pivot geopolitici, il cui controllo è indispensabile agli Stati Uniti per garantirsi una salda presenza nell’area (4). Questi pivot geopolitici individuati da Brzezinski nel 1997 restano tali ancora oggi, in particolar modo per quanto riguarda l’Ucraina e l’Iran, e oggetto di un duro scontro con la Russia, nel frattempo ritornata al ruolo di importante attore regionale. All’interno del quadro così delineato gli interrogativi e le sfide principali per la politica statunitense sono rappresentati da alcune questioni principali come ad esempio il ruolo dell’Europa nella più ampia strategia di mantenimento del dominio americano globale, l’atteggiamento da mantenere nei confronti della Russia, la possibilità di una balcanizzazione dell’Eurasia con i rischi a ciò collegati e infine le azioni da intraprendere per scongiurare la nascita e lo sviluppo di nuove coalizioni eurasiatiche in chiave antiamericana. Tra il ’90 e il ’91 tutte le Repubbliche inglobate nell’URSS o legate dal Patto di Varsavia si liberano del controllo sovietico e nei seguenti dieci anni ridurranno l’influenza della Russia entro i suoi soli confini. Nel corso dei successivi dieci anni il fronte della NATO si amplierà ancora e arriverà a circondare tutto il fronte occidentale Russo da Helsinki a Sofia. La Russia progressivamente, dopo i tumultuosi anni ’90 culminati con il default economico del 1998, riscopre le sue ambizioni di potenza regionale sotto le presidenze di Putin e Medvedev ridefinendo i propri obiettivi e dandosi nuovi orientamenti geostrategici. Negli anni essa ha perseguito linee di pensiero apparentemente contrapposte e discordanti frutto però di atteggiamenti tattici derivanti dalla necessità di contenere lo strapotere americano senza dare l’impressione palese di perseguire una politica revisionista dell’ordine internazionale. Brzezinski ha identificato tre distinti orientamenti susseguitisi in ordine cronologico:

  1. Un atteggiamento «filo-occidentale» in cui la priorità data alla definizione di una matura partnership strategica con gli USA e l’Occidente rappresenta un tentativo di “contenimento” in un momento di particolare debolezza economica e militare della Federazione.
  2. A questo è seguito un secondo orientamento «eurasiatista» supportato dalle teorie di Alexander Dugin e Eduard Limonov tra gli altri, che riconosce primariamente nel «near abroad» la principale preoccupazione della Russia. Da qui il tentativo di un processo di integrazione economica dominato da e Mosca teso a una certa restaurazione del controllo imperiale in grado di controbilanciare meglio l’azione degli USA e dell’Europa.
  3. Infine un terzo orientamento, tutt’ora in corso, fondato sull’idea di dar vita a una contro-alleanza sino-russa volta a controbilanciare la preponderanza statunitense sull’Heartland eurasiatico (5).

Negli anni che vanno dal “discorso di Monaco” di Putin del 2007 (6) ad oggi, la postura revisionista della Russia si è fatta più esplicita, indubbiamente anche a causa della sempre più forte e palese volontà di scontro messa in atto dalle amministrazioni americane di Bush Jr. prima e di Barack Obama poi. Nel saggio del 1997 l’Europa viene definita da Brzezinski “la testa di ponte democratica” ovvero il naturale punto di appoggio per le operazioni americane sulla scacchiera Euroasiatica. Quello con l’Europa è un rapporto strategico naturale in virtù dei comuni valori democratici e liberali. Grazie a questa alleanza è possibile un opera di propagazione di quegli stessi valori in tutta l’area ex-sovietica se non addirittura nella stessa Russia. A tal fine Brzezinski sostiene che l’unificazione europea debba essere sostenuta con forza dagli USA non solo per mantenere salda la presenza americana sulla massa euroasiatica ma anche per scongiurare la nascita di un possibile antagonista nell’area impersonato tanto dalla Russia quanto da una Germania tornata in forze sulla scena mondiale a seguito dell’unificazione. Una delle sue preoccupazioni a tale riguardo è nella natura statalista della politica delle diverse nazioni europee che, a suo parere, potrebbe portare ad una rinascita di sentimenti nazionalisti e economicamente protezionisti in grado di contrastare la presenza americana sul suolo europeo. In merito Brzezinski afferma risolutamente:

La fine dell’Europa di Yalta non deve diventare un ritorno a quella di Versailles ma essere il punto di partenza per la creazione di una Europa sempre più integrata e rinforzata da una NATO allargata. Il tutto reso ancora più sicuro da una costruttiva politica di sicurezza con la Russia” (8).

Ma è per l’America il suo pensiero finale:

[..] l’obiettivo principale degli USA in Europa è […] consolidare la testa di ponte sull’Eurasia tramite una più genuina partnership transatlantica, così che un’Europa allargata possa diventare un trampolino per proiettare dentro l’Eurasia l’ordine internazionale democratico e cooperativo” (9).

L’autore individua nel legame franco-tedesco l’elemento centrale irrinunciabile su cui si fonda la costruzione europea, in assenza del quale sia la Francia che la Germania sarebbero tentate a ricercare un accordo geopolitico con la Russia, storicamente ricorrente nella storia europea, con potenziali effetti disastrosi per le politiche di sicurezza americane e globali (10). A questo riguardo Brzezinski ribadisce la centralità della NATO per la quale auspica una integrazione e un allargamento per poter arrivare così ad uno schema 1+1 (EU+USA) più solido di un eventuale rapporto 1+15 (USA+ tutte le nazioni Europee prese singolarmente). Per procedere verso questo risultato egli considera necessario il rientro della Francia nell’Alleanza Atlantica da cui era uscita nel 1966 per volere di De Gaulle (11).

Il suo “Wishful Thinking” si avvererà nel 2009 sotto la presidenza Sarkozy. Brzezinski si spinge oltre disegnando lo scenario di allargamento della NATO dei successivi 10 anni sino a giungere all’attuale configurazione comprendente tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia fatte salve la Bielorussia e l’Ucraina (12). Per quanto riguarda quest’ultima l’autore ipotizza un’adesione alla NATO e all’EU tra il 2005 e il 2010 disegnando così uno scenario geopolitico totalmente nuovo, diverso sia da quello Mediterraneo (Francia, Germania, Italia) sia da quello “Carolingio” (Francia, Germania, Benelux) in cui Francia, Germania, Polonia e Ucraina costituiscono un blocco capace di integrare le tre nazioni più popolose del continente e contemporaneamente in grado di incunearsi sino ai confini della Russia (fig.6). Nel proporre una simile configurazione Brzezinski afferma che la sua realizzazione sarà condizionata dai rapporti, bellicosi o meno, con la Russia senza però metterne in discussione la realizzabilità.

Nel fare ciò propone una politica delle “porte aperte” con la Russia che, sebbene disegni una volontà costruttiva, entra necessariamente in conflitto con le esigenze reali di sicurezza della Russia stessa (13).

Fig. 6. La nuova Partnership Strategica Europea secondo Brzezinski

di Fabrizio Bertolami per Comedochisciotte.org

29.09.2023

Articoli precedenti:

L’ERA DELLA GEOPOLITICA

TERRA E CONQUISTA: IDEE IN GUERRA

MARE CONTRO TERRA: LA STORIA INFINITA

NOTE

1. Nel 1988 infatti Gorbaciov ritira le truppe dall’Afghanistan e nel 1990 indice le prime elezioni libere in URSS

2. Z. Brzezinski The Grand Chessboard, Basic Books, New York 1997, p. 87

3. Ibidem, p. 123.

4. Ibidem, p. 41.

5. Z. Brzezinski The Grand Chessboard, Basic Books, New York 1997, p. 98.

6. Durante la Conferenza internazionale sulla sicurezza di Monaco l’11 febbraio 2007 Vladimir Putin pronunciò un discorso molto schietto sulla situazione internazionale in cui accusava gli Stati Uniti di non mantenere gli impegni e di perseguire un continuo allargamento della NATO ritenuto minaccioso nei confronti della Russia.

7. Ibidem  p.73.

8. Ibidem p. 86.

9. Ivi.

10. Ibidem p. 71.

11. Ibidem p. 66.

12. Ibidem p. 84

13. Ivi, p.85

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