Un volto che ossessiona

di Giorgio Bona

Paolo Codazzi, Lo specchio armeno, pp. 191, € 16, Arkadia, Cagliari 2023.

L’autore del romanzo è un grande appassionato di storia del passato remoto e sa penetrarlo nei meandri più intimi, adattandoli alla narrativa con grande abilità ed estrema attenzione, attento a non cadere nelle facili trappole della forzatura linguistica. La storia, quella vera, evocata in un libro spalanca una dimensione entusiasmante dove tutto parla, mentre eventuali incongruenze falserebbero nel profondo il senso dell’operazione.

Il pittore copista Cosimo Armagnati riceve la commissione di riprodurre un ritratto di donna conservato nella Galleria di Palermo. Cosimo, da sempre suggestionato dall’immagine di una donna bellissima che compare in un quadro da lui particolarmente amato, raggiunge Palermo per eseguire la copia tratta da una tela rinascimentale richiestagli da Ferdinando Vella, il sovrintendente di uno dei musei della città.

Chi è Cosimo Armagnati? È un artista noto per la sua abilità nel riportare sulla tela quelle atmosfere e situazioni che appartengono alla tela copiata, una attività che per lui rappresenta una ri-creazione con le stesse antiche tecniche usate dai pittori dell’epoca.

Appena sceso dall’aereo, a Cosimo pare di vedere il volto che lo ossessiona da sempre, quel volto che ritroverà nella pinacoteca dove Vella lo conduce e dove lo lascia solo a concentrarsi e permettergli di svolgere il suo compito riproducendo la copia.

Per una straordinaria coincidenza, quella tela rappresenta il punto di riferimento di tutti i suoi pensieri amorosi e diventa l’obiettivo di una lunga ricerca. Il quadro si rivela il centro di diversi destini, anche lontanissimi nel tempo, che portano il protagonista a immergersi in un’intricatissima trama di riferimenti storici che hanno a che fare con la pratica della stregoneria, con l’operato della Santa Inquisizione in Sicilia e con il vissuto di alcune figure storiche collegati in modo indissolubile al protagonista e ai personaggi che gravitano intorno a lui.

L’immagine raffigurata ad un certo punto abbandona il ritratto proiettandosi in una persona in carne ed ossa, e accompagnando Cosimo in un lungo percorso alla scoperta dei segreti di Palermo.

Il romanzo crea forti suggestioni immergendosi in misteri sepolti, affondando in un passato a tratti lontano che però torna a eruttare ai giorni nostri sfidando la contemporaneità, perché le storie dei vari personaggi si fondono in un’unica vicenda intrigante e ricca di fascino.

Il protagonista decide di lasciare in fretta Palermo senza aver concluso il ritratto, restituituendo la somma in denaro che aveva ricevuto come anticipo. Ma la storia non si chiude qui perché all’aeroporto i suoi bagagli spariscono misteriosamente e al loro posto trova un mazzo di tarocchi siciliani che rivelano nella prima carta come qualcosa ritorni nel tempo… È stato tutto un sogno, l’allucinazione sorta da un desiderio morboso di quel corpo di donna che ha sperato invano di incontrare?

La storia che prende vita dalla prosa di Paolo Codazzi presenta una lingua a tratti sostenuta, altrove distesa, con dialoghi di ampio respiro, rivelazioni quasi sussurrate e una notevole forza visiva. Questa scrittura è un punto di forza: composta, pulita, elegante, un rispetto ammirevole per l’uso della parola, un pensiero a volte lungo e ritmico, quasi vibrante nella risacca del tempo in cui Paolo Codazzi ci accompagna.

E poi appunto c’è il senso del tempo: un’oscillazione tra oblio e conoscenza, un eterno presente che abbraccia il passato, un tempo che si avvicina dal sapore pericoloso ed esaltante. Il tempo, coglie Cosimo, interpella la sua vita ma soprattutto la storia e il trasformarsi del mondo. Di qui la necessità di rivisitare il passato, cercare motivi e ragioni, fare luce il più possibile.

La memoria, appena la si richiama, porta sensazioni ed emozioni intense al personaggio che vive una passione d’amore oltre tutti i confini posti dai secoli.

Colpisce questa autorevolezza e capacità nell’inseguire il mistero: al lettore sembra di camminare in punta di piedi dentro la storia, separato da essa da una linea veramente sottile.

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