Fra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso ci fu un leggero sussulto fra chi pensava che forse il mondo che si stava organizzando non era proprio equo e solidale. Molte furono le proteste e la repressione, ma poi il potere capì che la soluzione non era solo quella violenta ma che soprattutto si poteva far partecipare al banchetto chi protestava; così creò il consumismo che mise d’accordo tutti (o quasi). Si comprò, con gli effetti speciali di cui solo i mercanti sono capaci, tanti di coloro che fino al giorno prima erano dei feroci contestatori ma che poi di fronte a un televisore a colori diventavano docili come agnellini. E non solo diventavano docili ma andavano a ingrossare le fila proprio di chi contestavano il giorno prima. Sono infiniti gli esempi di contestatori che hanno fatto le fortune dei miliardari di turno, politici e non. Per non parlare di coloro che sono diventati miliardari loro stessi abbeverandosi alla cultura “alternativa”, “creativa”, fuori dalle norme. Del resto il potere sa bene che quelli che lavorano meglio per lui, sono proprio coloro che hanno fantasia ed idee; magari all’inizio sono un po’ recalcitranti ma poi di fronte a gadget, benefit e potere, si sciolgono come
neve al sole. L’operazione di narcotizzazione passava dalla televisione, così come perfettamente aveva capito Pasolini e alla fine ai tanti contestatari interessava solo scimmiottare i padroni e avere una parte dell’opulenza che il sistema del consumismo presentava dal tubo catodico.
Non a caso proprio Berlusconi, il maggiore imbonitore televisivo che l’Italia ha avuto, è stato tenuto in sella e ha potuto gestire il paese per quasi trent’anni proprio grazie alla “ggente”. Per entrare nel paese dei balocchi bisognava ammazzarsi di lavoro ma la ricompensa era notevole e riguardava tutti i gadget possibili e immaginabili che venivano e vengono sfornati di continuo. La soluzione quindi era creare la possibilità per quasi tutti di comprarsi quei gadget e spostare il bestiale sfruttamento su altri paesi o sugli immigrati stranieri, così da dare la possibilità agli occidentali di comprarsi tanto di quello che la vetrina luccicante del consumismo offriva.
Così ora viviamo sulle spalle e sul sangue di altri molto lontano dagli occhi e dal cuore. In fondo è la stessa cosa che accade con gli immigrati che, velocemente a prezzo di sacrifici e sfruttamento, diventano consumatori perfetti e poco gli importa, una volta che anche loro fanno parte del banchetto, dello sfruttamento altrui. Ma come si fa a ipnotizzare perfettamente così tante persone, che passano dalla consapevolezza, dalla protesta, all’ultimo modello di I-phone? Ciò è merito dei prestigiatori del consumismo che conoscono perfettamente ogni modo per venderci di tutto in barba a qualsiasi remora morale, a qualsiasi devastazione o scrupolo ambientale, a qualsiasi anche solo lontano pensiero per il futuro delle prossime generazioni, che poi sono anche i loro figli e i nipoti, quindi in teoria di qualcosa dovrebbero interessarsi. E invece non interessa loro nulla e i prestigiatori hanno sviluppato dei sistemi di cloroformizzazione così raffinati e perfetti che è impossibile resistergli.
Tutto viene dalla patria del consumismo per eccellenza e dei soldi come alfa e omega della vita, il paese dove ogni cosa è spettacolo, show, pubblicità quindi tutto è business, Ladies and Gentleman: gli Stati Uniti, yeaaaah! Hanno iniziato appunto con la televisione con la quale hanno distrutto la cultura, fatto propaganda e venduto qualsiasi merce, compreso il famoso sogno americano che poi è un incubo, dove il più forte, furbo, scaltro, cinico, vince e lascia dietro di sè solo macerie. Poi avendo visto quanto bene funzionava la partecipazione al paese dei balocchi e che faceva di più la televisione che eserciti di poliziotti, ecco il mitico, magico, fantastico, spettacolare I-phone che ha ipnotizzato il mondo ed è mille volte più potente della televisione stessa, anche solo per la sua praticità d’uso e la sua interattività.
I prestigiatori, cioè milioni di persone che ogni giorno sono lautamente pagati e lavorano per fregarci, sanno esattamente come catturare l’attenzione perché le persone, a differenza di questi mezzi sofisticatissimi, reagiscono sempre allo stesso modo e serve poco ad ipnotizzarle. Immagini in movimento, colori, vetrine infinite, spettacoli luccicanti, giochi poi orrore, spavento, pettegolezzo, gossip piccante, tutte dosi proposte in maniera sapiente e così l’attenzione perpetua del soggetto è assicurata. E sono processi e metodi spiegati accuratamente da tanti super mega manager che hanno lavorato su questi aspetti e poi adesso si pentono e ci dicono come sono mostruose le cose che loro stessi hanno creato. E tanto per ritornare sempre allo stesso punto centrale, cioè il dio denaro, i suddetti manager, prima fanno i soldi facendo danni e poi fanno ancora i soldi parlandoci dei danni che hanno fatto.
Aveva già spiegato tanto Jerry Mander (che lavorava anche nel settore pubblicitario quindi conosceva bene la questione) nel suo meraviglioso e attualissimo libro “4 argomenti per eliminare la televisione” nel lontano 1978, sulla capacità delle immagini su di uno schermo di ipnotizzarci completamente. Basterebbe leggersi quello per capire molto di ciò che sta accadendo ora.
E così, con l’invenzione (o l’illusione) dell’interattività, siamo passati da una visione passiva della televisione all’andare ad abitare direttamente dentro una televisione piccola di 8 per 15 centimetri o giù di lì. Non abbiamo nemmeno più la possibilità di staccare o spegnere la spina perché ci viviamo direttamente dentro.
Per eludere i prestigiatori basta non stare al loro gioco, quindi uscire dall’ipnosi, riavvicinarsi alla natura e recuperare le relazioni dirette con le persone. In fondo sono cose semplici ma, in un mondo che sta perdendo completamente il senso e il senno, sono proprio le cose semplici, vere e sensate che bisogna riscoprire. E non vi preoccupate se sono poche le persone che vogliono percorrere queste strade, perché anche poche persone possono fare una enorme differenza.
Del resto la prospettiva è ritrovarci completamente cablati nel giro di qualche anno, forse è il caso di uscire dall’ipnosi…