«Oggi c’è in piazza la Padova migliore, quella che ogni giorno si batte per una società più giusta e che, pur nelle differenze, è compatta nel dire una sola cosa ai fascisti: non avete mai avuto e mai avrete un centimetro di agibilità in città».
Si apre così la manifestazione antifascista che ieri sera, venerdì 9 febbraio, ha attraversato il centro storico di Padova.
La pioggia batte, ma in centinaia hanno risposto alla chiamata che le varie realtà antifasciste cittadine hanno fatto dopo l’aggressione avvenuta la scorsa settimana in pieno centro storico. Un’aggressione avvenuta in pieno stile squadrista: nella notte tra giovedì 1 e venerdì 2 febbraio una decina di neofascisti colpisce alle spalle, getta a terra e prende a calci e pugni cinque giovani militanti antifascisti, mandandone tre in pronto soccorso.
«Quello che è accaduto non ci fa paura, perché loro, nonostante la copertura che gli fornisce questo governo, in questa città non trovano spazio e questa piazza ne è la dimostrazione. Questa non è la reazione una tantum dopo un episodio, questa è la quotidianità, l’espressione degli spazi politici antifascisti, antirazzisti, transfemministi, anticlassisti che ogni giorno apriamo e mettiamo in pratica».
Il corteo è carico di emotività, ma tocca molti punti politici, a partire proprio dall’impronta ideologica del governo Meloni, che fin dall’inizio non ha neppure tentato di nascondere la propria matrice liberticida e reazionaria.
Durante il corteo viene messo uno striscione sulla Gran Guardia, in Piazza dei Signori, che chiede la libertà di Ilaria Salis. L’antifascista italiana detenuta in Ungheria in condizioni disumane è oggi uno degli esempi più concreti di cosa significa il fascismo contemporaneo. «Il governo securitario, reazionario, fascista e militare di Orbán incarcera un’antifascista, per il solo fatto di essere antifascista. Parliamo di carcere preventivo, in condizioni alimentari, igieniche e giudiziarie degradanti, per un reato per cui ancora non ci sono prove. Parliamo della complicità e del silenzio del nostro governo, che da mesi ne conosceva le condizioni ma che non ha mosso un dito a riguardo e che proprio in questi giorni si è rifiutato di raccogliere la richiesta d’aiuto del padre di Ilaria».
La complicità tra il governo Meloni e quello di Orbán sul “caso Ilaria Salis” va ben oltre le alleanze politiche: basta pensare alle condizioni nelle carceri italiane, nei CPR, alle politiche repressive e securitarie, all’arretramento sul piano dei diritti civili e sociali che si capisce che l’Ungheria è un vero e proprio modello di ispirazione.
Verso la fine della manifestazione prende parola una delle ragazze aggredite la settimana scorsa: «l’abbraccio di tutta la Padova antifascista ci fa capire ancora di più che se tocchi una tocchi tutte».