Affitti turistici o diritto allo studio? Lo scandalo delle residenze universitarie a Venezia

Qualche giorno fa è apparsa, sulle prime pagine di tutti i giornali del veneziano, la notizia delle sanzioni, a seguito delle indagini portate avanti dalla Guardia di Finanza, ai danni di Camplus, l’azienda privata che gestisce la residenza studentesca di Santa Marta a Venezia. Sono ben 28 le stanze tolte agli studenti per essere affittate su Airbnb ai turisti, alla modica cifra di 150 € a notte.

Questa notizia non ci lascia sorprese. Si tratta di un fatto che avevamo già denunciato ad aprile scorso. Bastava infatti digitare sulla barra di ricerca di Airbnb un alloggio in zona Santa Marta e, tra i primi risultati, comparivano proprio le stanze del Camplus, guarda caso ora scomparse dalla piattaforma. Tutto in rete, tutto alla luce del sole.

Non solo gli studenti vengono letteralmente cacciati per far spazio ai turisti nei mesi estivi, ma ci sono, o almeno c’erano prima di venire cancellate, sempre state stanze riservate per le brevi permanenze turistiche. Inoltre, le stanze che nei mesi di luglio e agosto vengono sgomberate risultano essere quelle riservate proprio a studentesse e studenti assegnatari di borse di studio da parte di ESU, quindi in condizioni di svantaggio economico, e a studenti del Collegio Internazionale. Questi sono tenuti a firmare un contratto con la società Camplus, il collegio internazionale e Ca’ Foscari, nel quale si attesta che il loro soggiorno è della durata di 10 mesi, dal 1 settembre al 30 giugno. Durante il mese di Luglio e Agosto si attua una vera e propria espulsione dalle loro abitazioni.

Le implicazioni sono molteplici: da un lato il disagio di chi si ritrova improvvisamente senza casa per due mesi, con l’obbligo di trovarsi un alloggio alternativo o di lasciare Venezia nonostante la sessione di agosto; dall’altro abbiamo invece un problema politico e strutturale che denunciamo da anni, ovvero la gestione della residenzialità a Venezia. Il caso che ha coinvolto Camplus è emblematico: in una città divorata dalla monocultura turistica e dalla mercificazione costante, quando i prezzi di mercato salgono in maniera esponenziale, le affittanze a breve termine, che portano profitto soprattutto d’estate, avranno sempre la precedenza su quelle a lungo termine, che queste siano indirizzate a studenti o residenti.

In tutto ciò, l’Università Ca’ Foscari si dice esterrefatta. Eppure, è proprio l’ateneo che ha affidato all’azienda la gestione totale del proprio studentato, ben conoscendo la tipologia di servizi che essa offre e non curandosi di vigilare sui prezzi delle stanze.

Il copione è sempre lo stesso, a Venezia come nel resto del paese: studentati di lusso a prezzi folli, gestiti da aziende private, ma finanziati con i fondi europei destinati al PNRR. Ricordiamo che Camplus ha ricevuto più di 100 milioni di euro dai fondi europei, la fetta più grossa di finanziamento, per costruire o ampliare le sue strutture in varie città universitarie. Appare sempre più evidente che la vera missione di Ca’ Foscari sia quella di alzare il proprio ranking nazionale ed internazionale, offrendo ad esempio borse di studio (tramite il collegio internazionale) a studenti “meritevoli”, i quali devono mantenere medie altissime, pena la perdita della stanza, e che possono soggiornare solo durante i mesi invernali, mesi in cui sono “utili” all’università. Utili per ingrassare le statistiche internazionali grazie alle medie altissime a cui sono costretti, utili perché le loro stanze vengono formalmente liberate nei mesi estivi e portano guadagno alle aziende private a cui l’università presta il fianco.

Che sia svolto nella legalità o meno, il problema rimane la gestione a dir poco carente della residenzialità studentesca in questa città, che sembra non cogliere il legame imprescindibile che lega il diritto allo studio con il diritto all’abitare nella città in cui si decide di studiare. Lasciare che privati come Camplus gestiscano le residenze universitarie permette loro di stabilirne i prezzi, gli accessi e la gestione.

Da sempre parliamo di residenzialità e diritto alla città per chi studia a Venezia, e riteniamo inaccettabile come un luogo che dovrebbe essere a misura delle studentesse le cacci fuori durante i mesi estivi per far posto ai turisti. Le residenze dovrebbero essere luoghi che favoriscono l’inserimento della comunità studentesca all’interno di quella cittadina, a prezzi accessibili, cosa che per ora non sono.

I rettori delle università veneziane si vantano, insieme all’amministrazione, del progetto città-campus, millantando una Venezia universitaria: quale sarebbe la loro idea di città? Una città in cui gli affitti per chi studia non sono accessibili, oppure in cui non è possibile vivere tutto l’anno perché bisogna fare posto al turismo?

Le studentesse universitarie dovrebbero essere una ricchezza per Venezia, garantire il suo futuro, e invece le nostre Università pensano soltanto a come fare cassa in un sistema universitario sempre più privatizzato ed inaccessibile, mentre le istituzioni cittadine pensano a come continuare a sfruttare la monocultura turistica per arricchirsi.

Poco influiscono in questo sistema le esigue multe che Camplus ha dovuto pagare, abbiamo bisogno di soluzioni vere al problema della residenzialità studentesca, che ci permettano di vivere in questa città e di poter scegliere di rimaner

Condividi questo contenuto...

Lascia un commento