Abilismo e crisi climatica, parliamone

L’8 settembre, nella cornice del Woods Climate Camp, si è tenuto il talk “Parliamo di abilismo”, con la scrittrice Marina Cuollo. Il concetto di abilismo, come ci spiega Cuollo, è relativamente nuovo, se ne parla infatti solo da qualche anno: la definizione che più spesso ne viene data è abbastanza vaga, ovvero “discriminazione nei confronti di chi ha una disabilità”. Questa definizione non dà però chiaramente e concretamente idea di cosa sia, e di quanto in profondità possa trovarsi nella nostra società, l’abilismo. Andando ad analizzare meglio questo concetto, si capisce come l’abilismo sia radicato nell’idea che ci siano corpi superiori ad altri. Una delle cose che più evidentemente mettono in luce questa idea sono le barriere architettoniche, che spesso impediscono a corpi che si muovono in maniera altra rispetto al camminare su due gambe solide di attraversare la città, gli edifici, lo spazio in generale. Ci sono poi moltissimi altri contesti in cui l’abilismo si declina in maniera più sottile: il filo conduttore è l’esistenza di una scala di valori dei corpi.

Essendo la nostra stessa società una società profondamente abilista, individuare tutti i modi in cui si manifesta è davvero complesso. Questo non significa deresponsabilizzarsi, ma il punto fondamentale è tenersi sempre presente che l’ascolto è la pratica fondamentale per decostruirsi.

Si parla poi del concetto di inspiration porn, ovvero quella forma di abilismo che considera le persone con disabilità una fonte di ispirazione, nel momento in cui vivono la loro vita quotidiana, che viene utilizzata come forma di paragone, in un processo oggettivizzante e svilente della vita delle persone con disabilità. La rappresentazione delle persone con disabilità è in generale un grosso problema, anche nell’industria televisiva. Infatti, da un lato vi è una forte rappresentazione di pietismo, dall’altro una rappresentazione eroica che finisce proprio nell’inspiration porn. Non si riesce a superare questi paradigmi proprio perché vanno alla pancia dello spettatore, muovendo emozioni. Inoltre, le persone disabili fanno molta fatica a raggiungere alcune professionalità nel mondo dell’audio-visivo, lasciando quindi la narrazione della disabilità a persone che, invece, la disabilità non la vivono. Per poter cambiare le cose, quindi, sarebbe necessario rendere più accessibile questo settore, ma anche la formazione stessa, che presenta una lunga serie di barriere. Basti pensare a chi può permettersi di fare un percorso di formazione di sceneggiatura o altri percorsi molto elitari; le persone con disabilità spesso non possono permetterselo. Il problema quindi è davvero complesso.

Si parla anche della narrazione in senso più ampio, ad esempio nella narrazione mainstream. Da poco ci sono state le Paralimpiadi, in cui, secondo Marina Cuollo, si è registrato un notevole cambiamento in come questo evento è stato raccontato, nei termini e negli immaginari. È stato infatti lo stesso Comitato Paralimpico che in qualche modo quest’anno in particolare ha spinto per una narrazione che andasse a smontare quel classico supereroismo tipico delle vecchie edizioni, a partire dagli stessi desideri degli atleti, che hanno necessità di essere considerati semplicemente nelle loro prestazioni sportive. È girata molto una campagna social in cui diversi atleti dicevano “Io non partecipo alle Paralimpiadi, io gareggio”, perché per molto tempo la narrazione giornalistica considerava già la participazione delle Paralimpiadi come vittoria simbolica. “Ovviamente non basta, perché anche con una telecronaca fatta bene, un pubblico che è a digiuno di questi temi non riesce a stare al passo.

Nei libri “A Disabilandia si tromba” e “Viola”, l’autrice parla in maniera approfondita del tema della sessualità, tema che è un grandissimo tabù. Uno dei grandissimi stereotipi sulle persone con disabilità è che non possano avere una vita sessuale. Per questo Marina Cuollo ha sentito forte la necessità di parlarne, e anche di portare questo tema all’interno della narrativa, come ha fatto con Viola. Un altro tema nel libro è il desiderio di emancipazione dalla famiglia, che in Italia è davvero poco considerato, anche a livello di welfare; il lavoro di cura è infatti tutto sulle spalle delle famiglie.

Si conclude poi parlando di come il cambiamento climatico e la crisi climatica influisca in particolare sulle vite delle persone con disabilità. È sempre più evidente come, nelle situazioni di crisi, in un’ottica abilista, le persone con disabilità sono quelle che vengono lasciate indietro, non considerate. Un esempio eclatante è stata la pandemia di Covid19.

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