La strategia di Netanyahu della “narrazione bellica immaginaria”: “Se funziona, bene; se non funziona, niente di grave. Proveremo qualcos’altro”.

Alastair Crooke
strategic-culture.su

Sabato, uno stormo di circa 100 aerei isreliani ha attaccato l’Iran lanciando missili da posizioni di sicurezza all’interno dell’Iraq, rimanendo a circa 70 chilometri dal confine iraniano.

Un articolista del Wall Street Journal, Walter Russell Meade, Distinguished Fellow dell’Hudson Institute, ha scritto: “Gli aerei da guerra israeliani non si sono limitati a paralizzare i sistemi di difesa aerea dell’Iran e a infliggere pesanti danni ai suoi impianti di produzione di missili. Hanno anche inviato il messaggio che Israele sa dove sono le vulnerabilità strategiche di Teheran e può distruggerle quando vuole“.

Russell Mead trae da questa lettura il suo punto chiave: “Le forze militari che hanno accesso alla tecnologia militare americana e alla sua capacità di raccogliere informazioni sono in grado di fare piazza pulita delle forze armate che si affidano a Mosca… La tecnologia americana è il gold standard nel mondo della difesa – a maggior ragione per un Paese come Israele che ha notevoli capacità tecnologiche e di intelligence“.

La “guerra occidentale della realtà immaginata e creata” si estende quindi oltre l’Ucraina ed è arrivata in Iran.

La narrativa – quella dell’invincibilità della tecnologia statunitense e della sua intelligence – deve essere mantenuta. Al diavolo i fatti. La posta in gioco è troppo alta per rinunciarvi in favore della verità.

Un osservatore più sobrio ed esperto, tuttavia, nota, dopo quattro giorni di esame, che, detto in poche parole:

“Gli attacchi dell’IAF sembrano aver prodotto risultati minimi; tuttavia agenti [israeliani] sotto copertura all’interno dell’Iran avrebbero registrato alcune esplosioni [irrilevanti] causate da droni. Gli israeliani hanno lanciato molti missili [circa 56] – tutti dalla massima distanza di sicurezza. L’Iran ha schierato molti missili di difesa aerea. Non ci sono notizie certe, né prove video (finora) di grandi attacchi con missili balistici su obiettivi iraniani significativi. Gli iraniani dicono di aver intercettato la maggior parte dei missili attaccanti, ma ammettono che alcuni sono riusciti a filtrare”.

Come al solito, la “narrazione di guerra immaginaria” trasmessa dal mainstream è completamente distaccata da ciò che può essere visto dalle immagini a terra. Russell Meade ha di fatto preteso che “non ci accorgessimo” che l’attacco di Israele è fallito – che non ha paralizzato le difese aeree, né ha devastato alcun obiettivo significativo.

Eppure, come scrive il professor Brian Klaas, “il mondo non funziona come fingiamo [o immaginiamo] che funzioni. Troppo spesso siamo portati a credere che sia un sistema strutturato e ordinato, definito da regole e schemi chiari. Questo è il meme alla base della narrazione dell’ordine basato sulle regole. L’economia, a quanto pare, si basa su curve di domanda e offerta. La politica è una scienza. Anche le convinzioni umane possono essere tracciate e messe in grafico e, utilizzando la giusta regressione e un numero sufficiente di dati, si possono comprendere anche gli elementi più sconcertanti della condizione umana“. Questa è una versione spogliata e ridotta della realtà.

Sebbene nel XIX secolo alcuni studiosi credessero all’esistenza di leggi che regolavano il comportamento umano, la scienza sociale è stata rapidamente dissuasa dall’idea che fosse possibile una “fisica” sociale basata su ferree leggi fisiche.

Oggi, l’approccio più comune, che riflette un ritorno alla modellazione guidata dai dati nella “scienza” politica occidentale, è quello di utilizzare i dati empirici del passato per individuare modelli ordinati che indichino relazioni stabili tra cause ed effetti.

In genere, la filosofia del materialismo dialettico è vista in alcune capitali come l’apice di un approccio scientifico oggettivo alla politica e alla sociologia umana – i suoi praticanti sono stimati come “scienziati”. Appiattendo una complessità quasi infinita, le sintesi lineari fanno apparire il nostro mondo non lineare come se seguisse la confortante progressione di un’unica linea ordinata. È un gioco di prestigio. Per portarlo a termine con successo, gli “scienziati” devono eliminare tutto ciò che è inaspettato o inspiegabile.

La pretesa obiettività di questa metodologia, tuttavia, risiede essenzialmente in un attributo culturale derivato dalla comprensione lineare e teleologica presente nelle tradizioni giudaico-cristiane.

È questa fede in una comprensione “scientifica” e lineare della storia ciclica che conferisce un forte senso di finalità all’analisi politica. Il professor Dingxin Zhao osserva come, a differenza di altre strutture metafisiche, essa consenta ai credenti di creare uno Zeitgeist più impegnato, costringendo gli individui all’interno della comunità ad agire in linea con l’esito teleologico previsto.

Non è difficile vedere in questa premessa teleologica il fondamento dell’ossessione odierna per la creazione di “narrazioni di vittoria” immaginarie. Il professor Dingxin Zhao avverte che coloro che fanno previsioni lineari sull’andamento degli eventi umani secondo la “scienza” materiale meccanicistica, possono facilmente autoconvincersi di essere gli unici a possedere le convinzioni corrette e ad essere allineati con il giusto percorso di analisi. E che gli “altri” siano semplicemente dalla “parte sbagliata” (come nel caso di quei Paesi che sono arrivati “erroneamente” a fare affidamento sulla tecnologia militare russa, piuttosto che sul “gold standard” americano).

All’interno di questo paradigma dominante e arrogante della scienza sociale, il nostro mondo viene trattato come se potesse essere compreso, controllato e piegato ai nostri capricci. Non è così.

Nel suo bestseller Chaos: Making a New Science (1987), James Gleick “osserva che la scienza del XX secolo sarà ricordata per tre cose: la relatività, la meccanica quantistica (MQ) e il caos. Queste teorie si distinguono perché spostano la nostra comprensione della fisica classica verso un mondo più complesso, misterioso e imprevedibile“, scrive Erik van Aken.

La teoria del caos era emersa negli anni ’60 e, nei decenni successivi, i fisici matematici ne avevano riconosciuto le intuizioni per la comprensione dei sistemi dinamici del mondo reale.

Tuttavia, questi cambiamenti chiave hanno avuto scarso impatto sul paradigma di pensiero occidentale, che è ancora visto dalla maggior parte degli occidentali come una macchina in cui ogni azione, come la caduta di una tessera del domino, innesca inevitabilmente un effetto prevedibile.

Tuttavia, se ci troviamo in un mondo di imprevedibilità – in cui quasi ogni cosa influenza ogni altra, la parola ‘causa’ inizia a perdere il suo significato. Per quanto apparentemente non correlato o remoto, ogni evento converge, contribuendo a una complessa rete o matrice di causalità“.

Bertrand Russell, nel suo On the Notion of Cause (1912-13), arriva a due conclusioni significative: in primo luogo, la nostra nozione convenzionale di causalità non è fondata sulla fisica; in secondo luogo, se nozioni come quella di “causa” devono essere riducibili alla fisica, allora dovremmo eliminare del tutto l’uso semplicistico della parola “causa”.

Quindi, come possiamo dare un senso ai cambiamenti sociali quando i cambiamenti consequenziali spesso nascono dal caos? Mentre cerchiamo ordine e schemi, forse passiamo troppo poco tempo a concentrarci su una verità ovvia ma consequenziale: gli eventi inattesi e inspiegabili sono importanti. In altre parole, hanno una qualità e un significato.

Uno di questi eventi si è apparentemente verificato sabato scorso, quando l’attacco israeliano all’Iran avrebbe subito un inatteso “intoppo importante” subito all’inizio dell’operazione SEAD (Suppressing Enemy Air Defences) intesa a sopprimere e distruggere le difese aeree dell’Iran. A quanto pare la prima ondata di attacchi avrebbe dovuto essere il primo passo – una volta messo in sicurezzalo spazio aereo iraniano – per spianare la strada al successivo pacchetto di attacchi con gli F-35 armati di bombe convenzionali.

L’evento inatteso: “I media israeliani hanno riferito che un ‘sistema di difesa aerea sconosciuto‘ è stato utilizzato per abbattere bersagli sulla provincia di Teheran“. Secondo quanto riferito, l’operazione israeliana era stata annullata subito dopo e la narrazione della vittoria – poi ripresa dal WSJ (tra i tanti) – era stata proclamata a gran voce.

Naturalmente, la narrazione della vittoria era troppo preziosa per rinunciarvi. Tuttavia, gli eventi inspiegabili sono importanti.

Se gli aerei israeliani (o statunitensi) non riescono a penetrare in tutto, o in parte, lo spazio aereo iraniano protetto  (e sabato nessun aereo israeliano è entrato nello spazio aereo iraniano) l’intero paradigma di un attacco militare cinetico statunitense o israeliano crolla: l’Iran dispone di uno schiacciante arsenale missilistico convenzionale protetto in caverne con cui rispondere.

Allo stesso modo, anche il paradigma della “Grande Vittoria” di Netanyahu implode, come scrive il principale commentatore dell’intelligence israeliana Ronen Bergman:

“Un alto funzionario della sicurezza israeliana l’ha definito così: ‘Un successo attraverso il fallimento’. Israele è entrato in guerra a Gaza per raggiungere due obiettivi: il rilascio degli ostaggi e lo smantellamento delle capacità di Hamas (per non parlare della sua distruzione con una vittoria assoluta e divina). Non avendo raggiunto nessuno di questi obiettivi, ne è stato aggiunto un altro sul fronte settentrionale: riportare i residenti in sicurezza nelle loro case. E non è chiaro come raggiungeremo anche questo obiettivo. Alcuni credono che il fronte meridionale possa essere chiuso attraverso una vittoria sul fronte settentrionale – e ora siamo sicuri che – se solo assesteremo un colpo vittorioso all’Iran – allora questo porterà alla chiusura del fronte settentrionale; e questo chiuderà anche il fronte meridionale”.

L’Iran dice che intende infliggere a Israele un colpo doloroso in risposta all’attacco di sabato scorso. E Israele dice che proverà di nuovo a colpire l’Iran.

Come fa Israele a continuare in questo modo? Beh, dice l’alto funzionario della sicurezza: “Forse la risposta è ‘perché tutto è normalizzato. Ciò che ci sembra impossibile, che non può accadere, improvvisamente accade… E tutti si abituano a questo, [e si abituano] alla mancanza di strategia. La mancanza di strategia da difetto si trasforma in caratteristica… Allora niente di grave, proveremo qualcos’altro’“.

Alastair Crooke

Fonte: strategic-culture.su
Link: https://strategic-culture.su/news/2024/11/04/netanyahus-imaginary-war-narrative-strategy-if-it-works-fine-if-not-no-big-deal-well-try-something-else/
04.11.2024
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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Alastair Crooke CMG, ex diplomatico britannico, è fondatore e direttore del Conflicts Forum di Beirut, un’organizzazione che sostiene l’impegno tra l’Islam politico e l’Occidente. In precedenza è stato una figura di spicco dell’intelligence britannica (MI6) e della diplomazia dell’Unione Europea.

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