Gli Stati Uniti non si stanno spostando a destra – il Partito Democratico sì

La campagna elettorale di Kamala Harris sta sbandando verso destra, e gli opinionisti ci vogliono far credere che stia così seguendo la volontà degli elettori. I fatti dimostrano il contrario. 

Ci sono novità allarmanti in serbo per la Sinistra. A quanto pare, dopo un breve flirt con le politiche progressiste e socialiste, gli Stati Uniti si stanno apprestando a tornare a destra. 

“Cinque anni fa, quando era candidata alle primarie con il Partito Democratico, Harris faceva la corte alla Sinistra sui temi legati alla giustizia sociale. Ora dice ad Oprah (la popolare conduttrice televisiva Oprah Winfrey, ndt) che sparerebbe con la sua Glock a chiunque si introducesse senza permesso in casa sua. Questo è quello che io chiamo progresso,” ha festeggiato l’American Enterprise Institute di recente, facendo riferimento ai tentativi di Harris di “stare al passo” con un pubblico votante più conservatore. “Kamala Harris sta rincorrendo il centro-destra perché l’America è di centro-destra,” ha dichiarato il National Review il mese scorso. Dave Weigel sostiene che i Democratici si stiano “adattando ad un elettorato che si sta spostando verso destra” scendendo a compromessi su una serie di importanti norme su cui “non volevano, o non ritenevano necessario cedere nel 2016 e nel 2020.” 

Non diamolo per scontato. 

Queste letture non sono del tutto senza fondamento. La questione migratoria è un tema sempre più importante per gli elettori in modo trasversale, e proposte di estrema destra come la deportazione di massa, sventrare il diritto d’asilo, o semplicemente limitare l’immigrazione ricevono il supporto da una grande e plurale fetta di popolazione statunitense, trovando sempre più consenso addirittura tra i democratici. Inoltre, i sondaggi mostrano come l’opinione pubblica sia rimasta indietro, o abbia cambiatoschieramento, su temi legati alle persone transgender, che la Destra è in un certo senso riuscita a far diventare una questione divisiva. 

Tuttavia, è un errore pensare allo sbandamento a destra del Partito Democratico sotto la guida di Kamala Harris come a una rappresentazione accurata della situazione politica dell’intero paese. Allo stesso modo, è sbagliato considerare il supporto per Donald Trump o Joe Biden e Harris un indicatore di ideologia. (A onor del vero, Weigel si preoccupa di tenere conto di queste ed altre sfumature). 

Prendiamo come esempio la questione dell’innalzamento del salario minimo. Harris non ne parla mai: non durante il dibattito con Trump, non nella sua prima intervista ufficiale ad agosto, non nella conferenza trasmessa su Univision poche settimane fa. Nonostante sia formalmente parte del programma del Partito Democratico, il tema è stato eliminato a tutti gli effetti dalla campagna elettorale e dall’agenda presidenziale. 

Questo significa che il Paese ha cambiato idea sul salario minimo di 15 o più dollari all’ora, una delle priorità della sinistra, nonché tra i temi di punta della campagna elettorale di Bernie Sanders (e in seguito di Joe Biden)? Ovviamente no, come dimostrano non solo i recenti sondaggi che rivelano quanto il tema riscuota successo in entrambi gli schieramenti, ma anche i risultati di referendum svoltisi a livello statale e comunale, che hanno visto più volte i cittadini votare direttamente a favore dell’innalzamento del salario minimo – incluso nella Florida tradizionalmente repubblicana, dove quattro anni fa il 60% dei votanti si è espresso a favore di un aumento salariale a minimo 15 dollari all’ora, eleggendo allo stesso tempo Trump e una schiera di candidati Repubblicani. 

Questo non è l’unico esempio di questo tipo. C’è un’ampia gamma di politiche progressiste che ottengono consenso in modo trasversale, che tuttavia Harris si rifiuta di assumere, come l’aggiunta della copertura odontoiatrica al Medicare e l’abbassamento dell’età minima per accedere al programma, o di cui non parla proprio, come l’istituzione di un tetto massimo agli affitti a livello nazionale. In un sistema politico in cui entrambi i partiti chiedono l’elemosina ad aziende e ultraricchi, considerare le politiche che questi partiti supportano o meno come il riflesso della volontà degli elettori non ha molto senso. 

La tendenza a destra di Harris non è giustificata dal desiderio di seguire la volontà degli elettori nemmeno per quanto riguarda la politica internazionale: i sondaggi rivelano una preoccupazione diffusa tra i votanti, in particolare negli “swing states”, rispetto all’escalation dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente, oltre al fatto che questi considerino prioritario prevenire un ulteriore inasprimento dei conflitti rispetto ad ottenere una vittoria militare totale, siano contrari al supporto a Israele e a favore di un embargo sulle armi, e preferirebbero che gli Stati Uniti riducessero il loro impatto a livello globale per concentrarsi sulla risoluzione dei problemi interni. 

Queste sono tutte questioni di cui la sinistra si è tradizionalmente fatta portavoce, posizioni rispetto alle quali Harris si trova ora dalla parte opposta. Allo stesso tempo, molte di queste sono in realtà più vicine a quelle che le persone sono state (erroneamente) portate a credere siano le posizioni di Trump, il quale è consistentemente considerato più affidabile di Harris per quanto riguarda la politica estera. 

Di fatto, le conclusioni più chiare e coerenti che si possono trarre dai sondaggi non sono che i votanti considerino Harris troppo di sinistra e che la piattaforma politica di Trump rappresenti la volontà degli americani. Al contrario, gli elettori sono maggiormente preoccupati dall’aumento del costo della vita che siamo abituati a chiamare “inflazione”, e sono quindi principalmente attratti da Trump per questa ragione. Vorrebbero inoltre capire meglio cosa Harris farebbe concretamente qualora fosse eletta per risolvere questo problema, ma non pensano che si discosterà da quanto fatto da Joe Biden, il cui mandato è associato (non senza ragione) al fatto di sentirsi più poveri. 

Al tempo stesso, sono passati solo due anni dalle elezioni di metà mandato, in cui i Repubblicani, convinti che gli elettori avessero voltato le spalle alle posizioni social-liberali su aborto e diritti LGBT+, hanno fallito nel tentativo di sfruttare l’impopolarità del presidente in carica, con un attacco conservatore su entrambe le questioni identitarie dei Democratici, risultato però alienante per gli elettori. Persino ora, un candidato della sinistra populista è vicino a battere un repubblicano nella corsa per un seggio al Senato in Nebraska, uno stato che non vota blu dal 1964, assumendo una posizione più conservatrice sull’immigrazione, certo, ma ponendosi in modo più liberale per quanto riguarda l’aborto. 

Nel frattempo, nella sua campagna elettorale, Trump non si sta ponendo come un candidato in un paese che si sta spostando verso destra. 

Trump ha passato la maggior parte dell’anno in corso ad allontanarsi dal Project 2025, un piano di azione politica di destra profondamente impopolare, partorito dai membri della sua prima amministrazione in collaborazione con la Heritage Foundation, un tempo promosso orgogliosamente dal partito, e che contiene diversi punti in comune con i documenti ufficiali della sua campagna. Ha abbandonato la posizione politicamente tossica del GOP sull’aborto, arrivando a prendere il controllo della stesura della piattaforma e irritando la base del partito con una linea più centrista. L’aspetto più rilevante del dibattito sulla vicepresidenza è stato il modo in cui J.D. Vance, il compagno di corsa di Trump, ha cercato di presentarsi come una persona diversa, con convinzioni completamente nuove. 

In tutto questo, è da notare come nonostante la resilienza dimostrata da Trump nei sondaggi, la posizione della sua campagna elettorale sia passata da un vantaggio netto e costante a un testa a testa con la controparte, arrivando addirittura a rimanere indietro. Non che Harris, pur portando avanti una campagna decisamente più conservatrice, stia ottenendo risultati nettamente migliori. 

Di fatto, la capacità di ripresa di Trump nei sondaggi è in larga parte dovuta al suo allontanamento dalle politiche economiche di destra. 

Gli analisti si sono interrogati a lungo su cosa porti gli elettori a provare nostalgia verso l’ultimo caotico anno di presidenza di Trump nel 2020. Un motivo palese è l’approvazione al Congresso, di maggioranza Democratico, e la firma finale da parte di Trump di un’enorme espansione del welfare statale che, nonostante le difficoltà generate dalla pandemia, si è rivelata trasformativa per molte persone: la disuguaglianza salariale è arrivata ai minimi storici, si è riusciti a saldare debiti, e a mettere soldi da parte, e molti hanno ottenuto una sicurezza economica che ha permesso loro di intraprendere percorsi lavorativi nuovi e più appaganti, a livello sia personale che economico. 

Quasi la totalità di questa espansione del welfare è gradualmente sparita durante il mandato di Biden. 

Anche per quanto riguarda l’immigrazione, il tema su cui gli elettori si sono spostati più a destra, la situazione non è chiara quanto potrebbe sembrare. Lo spostamento dell’opinione pubblica su questa questione non arriva dal nulla. È in parte dovuto ad una crisi migratoria che sta diventando sempre più palese anche per l’elettore medio, e un record di arrivi al confine all’inizio di quest’anno. Tuttavia, è anche causato da una retromarcia del Partito Democratico, che si sta chiudendo a riccio, abbandonando la posizione che voleva evidenziare i benefici dell’immigrazione mantenuta durante il mandato di Trump, e così facendo involontariamente sta dando importanza alla questione, aprendo un dibattito su questo anziché sulle lacune di Trump e del Partito Repubblicano (come per esempio rispetto all’aumento delle prestazioni previdenziali). Non abbiamo modo di sapere come sarebbe la situazione se non avessero intrapreso questo percorso, sarebbe tuttavia assurdo e astorico sostenere che non cambierebbe nulla. 

Quindi no, non è vero che il Paese sta diventando di destra, e di certo i lievi spostamenti che stiamo vedendo non sono parte di un processo organico che vede gli elettori riprendere consapevolezza. Possiamo tuttavia dire una cosa per certo: l’establishment Democratico si sta spostando verso destra, ed è determinato a proseguire su questa strada dopo una breve sperimentazione con l’amministrazione timidamente progressista di Biden. Che Harris vinca o perda a novembre, il risultato verrà interpretato come l’unica alternativa possibile.

Articolo di Branko Marcetic, pubblicato il 23 ottobre 2024 su jacobin.com; traduzione di Emma Purgato. 

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