Gli uomini pesce, la resistenza quotidiana e una speranza che non finisce

di Paolo Lago

Wu Ming 1, Gli uomini pesce, Einaudi, Torino, 2024, pp. 620, euro 21,00.

In Ufo 78 (2022) di Wu Ming avevamo incontrato l’“Autopesce”, la macchina di Guido e Adele, amici dell’ufofilo Jimmy, una Citroën DS (chiamata all’epoca anche “squalo” o “squalone”) “dipinta a squame gialle, rosse e blu”. Adesso, nel recente romanzo solista di Wu Ming 1, ci sono gli “uomini pesce” (che danno anche il titolo al romanzo), ricoperti di squame dorate non troppo dissimili, forse, da quelle dello “squalone”. Come quella Citroën DS pesce che, nel 1978, letteralmente appariva di fronte al negozio di dischi di Jimmy, ad Aulla, così gli “uomini pesce” sono delle apparizioni, sorte da leggende e dicerie del Polesine, che accompagnano l’intera narrazione e l’intera vicenda di Gli uomini pesce, un romanzo davvero avvincente e ben congegnato, intriso di una narratività ipertrofica che non ti lascia scampo. Così è descritto l’uomo pesce, chiamato anche Homo Bracteatus, come compare in alcuni disegni e ritratti di Ilario Nevi, partigiano, artista, regista e intellettuale ferrarese dalla cui morte, nell’estate 2022, prende avvio la narrazione: “L’essere era vagamente antropomorfo, le sue posizioni erano più o meno quelle dell’uomo vitruviano, ma la testa, bianca e priva di collo, era quella di un pesce. Uno squalo. No. Un pesce inclassificabile, indescrivibile, che dava l’idea di uno squalo ma era altro. Gli occhi erano neri. Neri. Di un nero abissale. Pozzi profondi milioni di anni, profondi quanto il tempo, e nel lontanissimo fondo di quei pozzi dovevano ruotare gorghi che trascinavano ancora più in basso, ancora più indietro, più indietro del tempo stesso.”

Si tratta di un essere che appare nella notte (e, durante la lotta di liberazione, sembra schierarsi dalla parte dei partigiani attaccando i tedeschi), che appartiene a storie e leggende del territorio e che pare uscito da una “guida ai draghi e mostri in Italia” anni Ottanta della SugarCo. Ilario li aveva visti in notti terribili di agguati dei fascisti e di appostamenti, di fughe e di nascondigli; essi, infatti, appartengono profondamente al Delta del Po e fanno parte della sua arcana ed arcaica storia. Ne sono l’essenza, gli spiriti guida, i misteriosi e demonici custodi. Sembra che abbiano quasi la stessa funzione delle apparizioni degli Ufo nel già citato Ufo 78, di cui Wu Ming 1 è coautore: come qui afferma il personaggio dell’antropologa Milena Cravero, vedere gli oggetti volanti non identificati equivale a un desiderio di utopia, di “altrove”, “un altrove assoluto, un luogo che non c’è”, e ciò “significa non accontentarsi dell’esistente”. Probabilmente anche le apparizioni degli uomini pesce rappresentano un desiderio di utopia, di altrove, di un luogo che non c’è: forse un Delta del Po finalmente liberato dall’oppressione fascista e nazista.

Uno dei temi portanti del romanzo di Wu Ming 1 è infatti la continuità dell’oppressione da cui non ci si può liberare; allora, di fronte a questa continuità non si può fare altro che opporre l’immaginazione e l’immaginario che prendono le forme di una strenua resistenza da portare avanti giorno per giorno. Personaggi resistenti, in questo senso, sono Ilario, sua nipote Antonia Nevi, geografa dell’università di Padova e il marito di lei, Arne detto Sonic, un musicista statunitense di origine svedese. L’azione narrativa principale si ambienta, come già affermato, nel 2022, precisamente tra la fine di luglio e quella di agosto, mentre ulteriori finestre narrative si aprono sul 1969, sul 1973, sul 1943-45 e sul 1981. Antonia e Sonic, dopo la scomparsa del grande partigiano e intellettuale, si muovono tra Ferrara e il territorio del Delta quasi ridisegnandone la geografia e la cartografia, offrendo una inedita mappatura del territorio in funzione di Ilario, della sua lotta e della sua resistenza eletta a ragione di vita. In virtù di questo movimento dei personaggi che diviene incessante detection, lo scrittore riesce a “cantare la mappa”, come egli stesso scrive nella sua introduzione alla raccolta di racconti del collettivo Moira Dal Sito, Quando qui sarà tornato il mare, tutti ambientati nel basso ferrarese, cioè a raccontare un territorio “com’è, com’era e come sta per diventare”.

E così, il personaggio di Ilario Nevi, morto a novantanove anni, ha dovuto lottare e combattere contro l’oppressione nazifascista e la sua continuità: in primis con la continuità strisciante del fascismo nelle istituzioni repubblicane e poi con un cambiamento di faccia di quella stessa oppressione che non si cura di niente e nessuno, cioè il sistema capitalistico generatore di amministratori del territorio senza scrupoli che non fanno altro che cementificare e distruggere gli spazi naturali devastando la costa emiliano-romagnola, erigendo resort e alberghi a uso e consumo – sembra – degli oppressori di un tempo, i ricchi tedeschi che a partire dagli anni Sessanta scendevano a frotte in vacanza sul mare Adriatico. La persistenza del fascismo nella storia repubblicana appare d’altronde come un vero e proprio Leitmotiv del libro: ad esempio, in uno scorcio narrativo ambientato nel 1969, si pone l’accento su come Marcello Guida, già sotto il fascismo vicedirettore della colonia di confino politico di Ventotene, nel 1969 sia questore di Milano, nel momento in cui Giuseppe Pinelli ‘precipita’ da una finestra della questura pochi giorni dopo la strage di Piazza Fontana. Mentre, in un altro punto del libro – siamo adesso nel 1973 – Ilario e il suo amico Erminio, anch’egli partigiano, discutono proprio di questa continuità e, a proposito del tentato colpo di stato di Junio Valerio Borghese del 1970, così si esprimono: “- Se a fuss stà par nuàltar, uno come Borghese non era ancora in giro nel ’70. – Neanche nel ’50. – Lo avremmo fatto secco nel ’45, a dirla tutta”.

I personaggi, quindi, avvolti da una speranza che sembra non finire mai (e che Antonia riceve come un’eredità da suo zio Ilario), si battono incessantemente contro un’oppressione a sua volta infinita: prima il nazifascismo, poi la sua demoniaca continuità nelle istituzioni repubblicane, fra bombe e stragi, poi le devastazioni naturali, le cementificazioni che durano fino a oggi e preparano il terreno alle inondazioni e ai disastri del nostro tempo, fino alla malagestione dell’emergenza Covid, che ha provocato infiniti strascichi, incomprensioni e inimicizie. Per raccontarci questa resistenza continua Gli uomini pesce utilizza un modo narrativo dal carattere enciclopedico e si realizza in una tensione totalizzante che abbraccia diversi aspetti della società, della cultura e della politica. La narrazione assume un aspetto polifonico e si apre a una pluralità di voci nel testo e di stili e registri diversi (uno più narrativo, uno più poetico e uno più saggistico) che corrispondono alle voci dei diversi personaggi come, ad esempio, quando a parlare in prima persona è Antonia, quando è Ilario, quando invece è il mefistofelico dottor Stegagno, nel suo lungo racconto. D’altra parte, il romanzo possiede anche una inesausta intertestualità verso altre opere degli stessi Wu Ming e di altri autori: vi sono riferimenti, nella trama, al già citato Ufo 78, a un altro romanzo solista di Wu Ming 1, La macchina del vento e al suo più recente “oggetto narrativo non identificato”, La Q di Qomplotto nonché al Pendolo di Foucault di Umberto Eco, a L’Agnese va a morire di Renata Viganò e all’opera di Giorgio Bassani (che compare anche come personaggio). Dal momento che Ilario è stato un noto regista e documentarista, incontriamo numerosi riferimenti anche al cinema, non solo italiano e non solo coevo alla produzione di Ilario; protagonista, fra le citazioni cinefile del libro, è Sylvia Scarlett (1935) di George Cukor, distribuito in Italia col titolo Il diavolo è femmina, perché Antonia assomiglia molto a Katherine Hepburn interprete del film (così sappiamo più o meno come immaginarcela). Un lungo inserto narrativo è poi costituito dal memoriale di Ilario, presentato come un dattiloscritto ritrovato, pieno di parole cancellate e illeggibili, costituito da appunti numerati in cifre romane che lo fanno curiosamente assomigliare a Petrolio, il romanzo inedito e incompiuto di Pier Paolo Pasolini, composto da una congerie di “appunti” e edito dai filologi soltanto nel 1992, a diciassette anni dalla morte dell’autore.

La natura enciclopedica del libro abbraccia, come già accennato, anche temi di stringente attualità, come il cambiamento climatico e l’incapacità di saperlo affrontare (incapacità da cui nascono i disastri e le alluvioni che sono sotto gli occhi di tutti), o gli strascichi dell’emergenza Covid. Allora, sembra quasi che vengano mescidati sub specie narrationis diversi argomenti già trattati in forma saggistica negli articoli apparsi su “Giap”, il blog di Wu Ming, a firma dell’intero collettivo o dello stesso Wu Ming 1. L’emergenza climatica, ‘normalizzata’ dai media e resa inoffensiva e quasi ‘abituale’, si trasforma in apocalisse incombente nei pensieri di Antonia, nel momento in cui, in un ristorante, sta leggendo un giornale in cui si parla del caldo record di quell’estate. Allora – osserva il personaggio (e, con lei, l’“autore nascosto” Wu Ming 1) – “verità parziali come quelle dei meteorologi, una volta immesse nei media, diventavano fattoidi, riempitivi semiotici, infine spazzatura verbale: l’anticiclone delle Azzorre, l’anticiclone africano, El Niño, La Niña… Tutto era addomesticato, legato a contingenze, spiegato solo con fenomeni magari prolungati ma passeggeri”. Come Antonia, anche la narratrice-autrice Helen Macdonald, in Io e Mabel (H is for Hawk, 2014), trovandosi a sfogliare un giornale in un bar, si imbatte in notizie terribili sui cambiamenti climatici riferite come se niente fosse (i ghiacci artici che si stanno rapidamente sciogliendo, gli ecosistemi sull’orlo del tracollo) e la situazione quotidiana viene subito proiettata in una dimensione apocalittica ed ecodistopica.

Un pregio di Gli uomini pesce (d’altra parte già riscontrabile nell’opera collettiva Ufo 78) è senz’altro poi quello di riuscire a creare cortocircuiti fra realtà e fantasia: Ilario, Antonia e Sonic sono presentati alla stregua di personaggi reali tanto che viene la tentazione di andarli a cercare in rete. Anche i titoli dei film realizzati da Ilario sono talmente verisimili da far sorgere il dubbio se esistano veramente; lo stesso si può dire dei libri di Antonia o dei dischi di Sonic, corredati di un’accuratissima bibliografia fantastica. E vorrei chiudere proprio con questo magmatico cortocircuito fra realtà e fantasia, che Wu Ming 1 dispensa con maestria quasi ad ogni pagina e che, per poco, non mi coinvolge personalmente. Antonia Nevi – si dice nel romanzo – aveva presentato il 21 novembre 2019 alla Biblioteca Ariostea di Ferrara (Ilario era tra il pubblico) il suo saggio, in cui analizza la caccia al famigerato killer e bandito “Igor il russo” che nella primavera del 2017 si nascondeva nel Delta del Po (fatto reale), dal titolo geniale di Igor mortis. Ebbene, esattamente una settimana prima, il 14 novembre 2019, alla Biblioteca Ariostea, avevo presentato la bella traduzione delle Metamorfosi di Apuleio realizzata dall’amica Monica Longobardi, docente di Filologia romanza a Ferrara, e avevamo avviato una discussione sulle riletture contemporanee di Petronio e Apuleio. Peccato, davvero. Soltanto per una settimana non ci siamo incontrati con Antonia e Ilario e per un soffio i nostri destini non si sono incrociati.

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