Via Pisa non si sfratta: 51 famiglie in lotta per la casa a Treviso

Nel più ampio contesto dell’emergenza abitativa, è di una gravità eccezionale il caso di tre condomini di via Pisa a Treviso, in cui 51 nuclei abitativi – per un totale di centinaia di persone tra cui molti minori e anziani – sono stati colpiti simultaneamente da un provvedimento di sfratto di massa.

Ricostruiamo la vicenda cronologicamente. Dal 2013 al 2023, gli appartamenti interessati sono stati di proprietà della Tre.Vi Srl. Quest’ultima non ha però affittato gli appartamenti direttamente agli inquilini, ma a una moltitudine di aziende locatarie che sono cambiate in continuazione nel corso degli anni. Gli abitanti avevano dunque contratti di sublocazione con questi intermediari. L’ultimo della serie è principalmente la Gest 3 Srl, azienda con sede legale a Prato, un capitale sociale di 52.000 euro e un tale Mario Querci come amministratore unico.

Nel 2015, la procura antimafia di Venezia ha ordinato il sequestro di beni riconducibili al salernitano Francesco Manzo – indagato per riciclaggio di denaro della camorra – per un valore di 130 milioni di euro, tra cui un castello a Ponte nelle Alpi, capannoni industriali e auto di lusso. Tra tali beni c’erano anche i tre condomini di via Pisa. Infatti, la Tre.Vi Srl faceva parte di quella vasta galassia di società riconducibili a Manzo. Tuttavia, con una vicenda legale degna di un film, Manzo (avente, secondo la stampa, precedenti per rapina, detenzione di armi, truffa, ricettazione, assegni a vuoto, associazione a delinquere, ecc.) è riuscito nel 2019 a rientrare in possesso delle proprietà sequestrate. A Manzo era stato applicato l’Art. 1 del “Codice Antimafia”, l’articolo sulla pericolosità sociale, a noi noto per ben diversi motivi. I legali di Manzo hanno fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo e alla Corte costituzionale, sollevando la questione di costituzionalità sull’Art. 1. La Corte ha accolto il ricorso; Manzo sarebbe il primo caso a cui è stato applicato il principio d’incostituzionalità dell’Art.1.

La storia non finisce qui. La Tre.Vi Srl ha contratto un debito per 15 milioni con una finanziaria, e ne restano ancora 8 da pagare. Ma nel 2022 la società è cessata, i 51 appartamenti sono stati così pignorati e messi all’asta. Gli abitanti raccontano di una gestione che sembra confermare i peggiori sospetti: affitti pagati rigorosamente in contanti, fatture false che hanno costretto alcuni a pagare due volte l’affitto dello stesso mese, manutenzioni mancate, continui cambiamenti delle società locatarie…

Nel 2023, la Dora RE 1 Srl ha comprato gli appartamenti all’asta per 1,8 milioni di euro. Si tratta di un prezzo infimo; circa 35.000 euro per appartamenti da tre camere non lontani dal centro. Della Dora RE 1 si sa molto poco. Da una visura camerale, risulta che ha sede a Conegliano e un capitale sociale di 10.000 miseri euro. Tuttavia, la Dora RE 1 è a sua volta interamente posseduta da un misterioso fondo di nome Stichting Blackhawks, sede ad Amsterdam. Da una visura dell’equivalente olandese della Camera di commercio, si apprende solo che la Blackhawks è amministrata da due società di gestione patrimoniale. La prima è olandese e si chiama JTC Institutional Services Netherlands. La seconda è britannica, la Wilmington Trust SP Services, riconducibile alla statunitense M&T Bank.

Gli inquilini dei 51 appartamenti hanno pagato regolarmente gli affitti e hanno contratti che scadono perlopiù nel 2026 o nel 2027. Si tratta però di contratti di sublocazione, non erano infatti direttamente con la Tre.Vi Srl ma, ultimamente, perlopiù con la Gest 3. Tuttavia, quest’ultima è, a detta dell’ufficiale giudiziario, “sparita”. Il contratto di locazione tra la proprietà e la Gest 3 è stato risolto, di conseguenza è legalmente venuto meno anche il contratto di sublocazione tra gli inquilini e la Gest 3. La Dora RE 1 ha rifiutato di rinnovare i contratti di affitto. In un primo momento aveva proposto agli inquilini interessati di comprare i propri appartamenti, ma ha successivamente cambiato idea. Il tentativo è chiaramente quello di fare un affare d’oro, rivendendo gli immobili a “prezzo di gentrificazione”, moltiplicando di svariate volte il prezzo d’acquisto. Fine della fiera: 51 famiglie di lavoratori e lavoratrici, in regola con contratti e affitti, si sono viste recapitare simultaneamente una notifica di sfratto.

Di problemi legali, come si sarà capito, in questa vicenda ce ne sono tanti. Ma naturalmente la questione è prima di tutto politica. Innanzitutto, è sconcertante constatare come attori di questo tipo abbiano potuto gestire in tal modo un patrimonio immobiliare così vasto e concentrato. Disturbati dalle istituzioni, ma non abbastanza. In particolare, l’amministrazione comunale ha già perso un’ottima occasione per risolvere il problema alla radice, comprando gli appartamenti a un prezzo vantaggiosissimo. In secondo luogo, non succederà mai che centinaia di persone, famiglie con anziani e minori determinate a far valere il proprio diritto alla casa, verranno messe per strada. Prima i proprietari di oggi e di domani se ne faranno una ragione, e prima si chiuderà questa vergognosa vicenda.

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