
Nelle comunicazioni finalmente consegnate alle Camere dal Ministro Giustizia sul caso Almasri si fa riferimento più volte all’inglese e arabo con cui sono stati trasmessi gli atti; più che problemi di lingua straniera ci aiuta il dialetto napoletano che illumina bene il fine seguito dal governo sul caso: ‘ facimm ammuina’. L’intento dichiarato è quello di rendere non intellegibile una vicenda giuridica che ha invece degli elementi di assoluta chiarezza.
Conviene iniziare dall’incredibile ringraziamento che il ministro degli interni Piantedosi ha rivolto alle forze dell’ordine torinesi che hanno arrestato il libico: ma come? non ha letto il motivo per cui la Corte d’Appello romana ha dovuto scarcerare l’indagato? eppure era in italiano: la Polizia ha proceduto all’arresto d’iniziativa confondendo, si dice, la procedura di estradizione con quella di consegna dell’indagato promossa dalla Corte penale internazionale.
La specifica normativa di rifermento non consentirebbe l’arresto (ma l’assunto non è affatto condiviso) ma predisporrebbe una procedura diversa. Gli agenti che hanno in mano la segnalazione / mandato d’arresto della C.P.I. devono avvisare il Ministro che ‘immediatamente’ (così dice la norma) trasmette gli atti alla Procura della Corte d’appello di Roma che, ove sussistano i presupposti, chiede la carcerazione. Perché i Ministri sorvolano sull’errore procedurale che avrebbe consentito la scarcerazione? …Perché il Procuratore romano, al contrario del Ministro, ha cercato di sanare la situazione chiedendo nelle more l’attivarsi del dicastero della giustizia che però stava riflettendo e traducendo dall’inglese e dall’arabo.
L’immediatezza con cui deve decidere può certo tenere conto di un ausilio visto che ci saranno pur dei traduttori in via Arenula…Quello che sicuramente non è incluso nella normativa è un potere sostanzialmente di veto del Ministro di Giustizia, che è tenuto alla cooperazione con la Corte Internazionale. Il veto è invece avvenuto come rivendicato dal Dr. Nordio, che ha specificato di aver dubitato di quei pasticcioni della Corte penale Internazionale.
Se guardiamo il contenuto del dubbio però la cosa si fa interessante. Chiaramente di fronte ad una richiesta di arresto di un cittadino che all’evidenza è innocente o per carenza prove o per errore di persona ben venga qualsiasi presidio garantista. Tuttavia qui appare provato -anche a detta del ministro- la presenza in Italia di un esponente di spicco tra gli autori di crimini contro l’umanità. Il punto su cui si concentra il Ministro è la data dell’inizio dei commessi reati notando una discrasia di 4 anni (2011 o 2015?) che renderebbe confusa la contestazione, un elemento talmente importante da rappresentare il fulcro dell’opinione dissenziente di uno dei tre giudici che hanno emesso il mandato di arresto.
Qui il gioco si fa pericoloso perché la tesi pare avere buon gioco sostenendo che si parla di ben 4 anni di condotte criminose contestate. Ebbene l’argomento è furbo ma fuorviante e meschino. Dimentica il ministro, ma lo sa chi ha letto gli atti, che le contestazioni (che fanno rabbrividire) pur partendo dal 2015 e non dal 2011 sono però …. ‘onward’ (così in atti …si lo so…è inglese ok ‘in avanti’) e cioè fino all’ottobre 2024.
Abbiamo quindi un’ampia mole di prove della condotta criminale rilevante per un lunghissimo periodo; l’incidenza dell’anno di inizio rileva si per uno dei tre giudici a quo ma sotto un profilo il cui sindacato non spetta affatto al Ministro Nordio. Una dei tre giudici (e già il fatto che sia in minoranza doveva forse insospettire il così attento interlocutore italiano) ritiene che i crimini (che sussistono) non possano essere collocati nell’ambito di quanto avvenuto a seguito della rivoluzione libica post Gheddafi del 2011 cioè siano fuori dal mandato della Corte Penale Internazionale. Se Nordio ha ritenuto di impostare così la difesa l’ha fatto in un segmento processuale che riguarda al più il difensore dell’indagato ed in una fase impropria rispetto a quella urgente di cui all’arresto era ancora possibile, fuoriuscendo senza dubbio dai suoi poteri che non sono sostitutivi di quelli delle parti.
Il punto è pacifico dalla lettura della normativa in oggetto -art.13: ‘Qualora sia eccepito il difetto di giurisdizione della Corte penale internazionale, la corte d’appello di Roma, ove l’eccezione non sia manifestamente infondata, sospende con ordinanza il procedimento fino alla decisione della Corte penale’
C’ è poi da evidenziare un altro dato eclatante: finora nessuno, a quanto pare, ha messo a disposizione il decreto d’espulsione emesso immediatamente per far scappare il torturatore. Eppure dovrà pur essere in qualche maniera stato motivato il provvedimento al di là del concetto scivoloso di sicurezza nazionale. Temevano aprisse un carcere in Italia e iniziasse a torturare anche noi? E comunque, se il Ministro della giustizia dubita della pericolosità consentendo la scarcerazione con la sua inerzia (nonostante la richiesta agli atti della Procura) perché il Ministro degli interni né è così certo da predisporre un urgente espatrio in tempi quanto meno sospetti?
Il tutto a tacere del dato fondamentale per cui si è proceduto con un garantismo che pare la cifra di questo governo solo verso i potenti. L’incremento delle zone rosse nelle città si fonda per esempio su elementi di natura preventiva che sono posti su concetti di presunzione del crimine antecedenti all’accertamento penale. Che dire poi del procedimento di ampliamento delle procedure di non ingresso per gli stranieri provenienti da paesi c.d. sicuri? hanno meno garanzie, li portiamo in Albania e li respingiamo in fretta…è la ragion di stato…bellezza…