Gorgo CPR: La vergogna dei lager di Stato

Tra le presentazioni di Sherbooks Festival 2025 una delle più interessanti e intense è stata senza dubbio quella del libro Gorgo CPR. Tra vite perdute, psicofarmaci e appalti milionari, un’inchiesta condotta da Lorenzo Figoni e Luca Rondi, pubblicata da Altreconomia. La presentazione è stata curata dall’associazione Open Your Borders di Padova. 

Il volume smonta la retorica istituzionale che ha legittimato l’esistenza dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR), mostrandone la vera natura: non strutture di gestione amministrativa della migrazione, ma spazi di detenzione arbitraria, dove i diritti fondamentali vengono sistematicamente violati. Tra abusi, trattamenti sanitari inadeguati, uso massiccio di psicofarmaci e una gestione privatizzata che genera profitti sulle sofferenze umane, il libro documenta con testimonianze e dati inediti l’inaccettabile realtà di questi centri.

Nel corso della presentazione, Luca Rondi ha ripercorso la storia normativa che ha portato all’attuale sistema detentivo per i migranti. La Legge Turco-Napolitano del 1998 introdusse i Centri di Permanenza Temporanea (CPT), poi trasformati in CPR dalla Legge Bossi-Fini del 2002, che irrigidì il sistema subordinando il permesso di soggiorno a un contratto di lavoro e ampliando i tempi di trattenimento. Una stretta ulteriore arrivò con il Decreto Salvini del 2018, che abolì la protezione umanitaria e aumentò le possibilità di detenzione amministrativa. Si tratta di una progressiva trasformazione delle politiche migratorie italiane, sempre più orientate verso la criminalizzazione della migrazione piuttosto che verso la tutela dei diritti e l’integrazione.

L’inchiesta di Figoni e Rondi dimostra come i CPR siano oggi veri e propri spazi di sospensione del diritto, in cui migliaia di persone vengono private della libertà senza aver commesso alcun reato, spesso solo perché prive di documenti in regola. All’interno di queste strutture, si riscontra un uso sistematico di psicofarmaci, somministrati non per scopi terapeutici ma per contenere la disperazione e il disagio psichico dei detenuti, costretti a sopravvivere in condizioni inumane. Il libro mette in luce il ruolo della gestione privatizzata, che ha dato vita a un sistema di appalti opachi e milionari, in cui cooperative e aziende private ricevono fondi pubblici senza garantire standard minimi di assistenza. Il risultato è un sistema altamente remunerativo per pochi soggetti privati, a scapito della dignità e della vita delle persone recluse. Numerosi sono i casi di decessi all’interno dei CPR, come quelli di Ousmane e Moussa, avvenuti nel silenzio delle istituzioni e senza che vi sia stata alcuna assunzione di responsabilità da parte dello Stato.

L’attualità politica conferma come il governo italiano stia perseguendo una strategia sempre più repressiva in materia migratoria. L’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha scelto di esternalizzare la detenzione dei migranti, siglando un accordo con l’Albania, un modello già sperimentato da Regno Unito e Australia. Tuttavia, questa operazione si è rivelata un fallimento ancor prima di partire: la Corte d’Appello di Roma ha bloccato i primi trasferimenti, smontando la narrazione governativa e mettendo in evidenza le problematiche giuridiche ed etiche del progetto. Oltre a essere un provvedimento discutibile dal punto di vista del diritto internazionale, l’accordo si sta dimostrando un buco nero finanziario, con milioni di euro di fondi pubblici destinati a un’operazione che, nei fatti, si è rivelata impraticabile.

Durante la presentazione, Valentina Tasinato di Open Your Borders hanno posto domande cruciali sulle responsabilità istituzionali e sulle possibili alternative ai CPR. Ha chiesto all’autore di esprimersi sulle azioni legali intraprese per garantire giustizia alle vittime di abusi e sulle prospettive di chiusura di questi centri, definiti “lager di Stato”. Nelle sue risposte, Rondi ha ribadito un punto fondamentale: non si tratta di migliorare le condizioni nei CPR, ma di abolire un sistema che si fonda sulla detenzione arbitraria e sulla negazione dei diritti umani.

L’inchiesta e il dibattito che ne è seguito dipingono un quadro inequivocabile: i CPR non solo rappresentano un fallimento giuridico e umanitario, ma costituiscono una vergogna politica e istituzionale. La loro gestione privatizzata, le condizioni di detenzione e le sistematiche violazioni dei diritti umani dimostrano come questi centri non siano riformabili, ma debbano essere chiusi definitivamente. Le politiche migratorie italiane continuano a essere improntate alla repressione e alla deterrenza, ignorando i modelli basati sull’accoglienza e l’inclusione sociale. Un’alternativa esiste e sarebbe non solo più giusta, ma anche più efficace rispetto a un sistema che, oltre a essere disumano, si sta rivelando fallimentare anche sotto il profilo economico e amministrativo.

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