Houston, abbiamo un problema. Il pubblico si spella le mani, pro o contro i suoi gladiatori di cartapesta, mentre là fuori impazza una specie di guerra mai vista, spaventosa, insidiosissima perché subdola: c’è in giro un killer, travestito da infermiere. Ha anche aperto una macelleria sfrontata, fino a ieri impensabile: e il peggio non è neppure la disinvoltura delle amputazioni senza anestesia (le pagine oscurate, i blog censurati, i video desaparecidos), ma il fatto che metà del pubblico sbeffeggi come vittimisti e inguaribili visionari gli autori delle denunce “bannate”, cancellate con un colpo di spugna. E’ il pubblico che trova normale che nell’anno 2020 dopo Cristo, non in Corea del Nord ma in un paese dell’Unione Europea, il governo istituisca una sorta di Ministero della Verità, senza vergognarsi di filtrare le informazioni destinate ai sudditi, a loro volta ben divisi in due ostinate tifoserie cementate da un rancore surreale, fuori luogo. Che il genere fantasy sia forse il più appropriato, per descrive l’attuale situazione psico-politica, lo suggerisce il lessico usato da un cardinale nel promuovere Donald Trump come “figlio della luce”, nemico del tenebroso Deep State che usa questa stranissima emergenza sanitaria per imprigionare il mondo nel cerchio magico della paura, oscurando l’orizzonte di una libertà democratica erroneamente data per scontata, ormai al sicuro per sempre.
Una avventurosa semplificazione, quella di monsignor Carlo Maria Viganò, che si inserisce bene nella narrazione “mitologica” di Q-Anon, l’armata-fantasma dei giustizieri del Bene, scesi in campo contro il Male. Parola di Gioele Magaldi, spettacolare demolitore di verità solo apparenti, a sua volta regolarmente silenziato dalle redazioni come anche il suo bestseller “Massoni”, che già nel 2014 anticipava il menù che ci saremmo trovati di fronte. Una cupola di potentissimi oligarchi, cinici e spregiudicati, pronta a scatenare l’inferno in Terra pur di non perdere il potere con il quale in questi decenni si è declassata l’economia a superstizione, svuotando la politica nel limbo della post-democrazia. Un mondo orwelliano, in cui – come ricordava amabilmente due anni fa il tedesco Günther Oettinger – sono i mercati (e non gli elettori) a stabilire da chi farsi governare. I Mercati: definizione quasi metafisica, come se gli speculatori non fossero soggetti in carne e ossa, con amici e nemici, affezionati clienti e politici a libro paga. Deep State: altra entità quasi soprannaturale, come se lo stesso Trump non fosse sorretto, a sua volta, da una parte di quello Stato Profondo che, per mestiere, è abilitato a progettare manovre insospettabili e spesso inconfessabili, indicibili, inclusi gli attentati che poi vengono attribuiti alla manovalanza bruta, magari islamista.
Dopo la lettera di Viganò alla Casa Bianca, anche Magaldi – esponente italiano del network massonico progressista – ha fatto avere un messaggio a Trump: occhio, Donald, a non lasciarti mettere in quell’angolino vetero-tradizionalista in cui vorrebbe relegarti il monsignore, che ti dipinge come paladino di valori arcaici, quelli di chi avversa i diritti civili. Al presidente americano, Magaldi ricorda il ruolo determinante – svolto proprio dai grembiulini progressisti – nella sua sorprendente elezione del 2016, con un mandato preciso: smontare dall’interno il potere letale del Deep State finto-democratico e fermare la sua principale macchina da guerra, il regime cinese sdoganato (in tempi non sospetti) da personaggi come Kissinger, interessati a farne un modello per un Occidente non più libero. Ha grandi credenziali, Kissinger: è stato il sommo regista del golpe in Cile contro Allende, nonché il vero editore del manifesto “La crisi della democrazia”, in cui si sostiene che di troppa democrazia si possa morire. Lunga storia: per Bob Dylan – nientemeno – questa vicenda comincia dieci anni prima, con l’omicidio (tuttora impunito) di John Kennedy, il campione della libertà che per primo puntò il dito contro quel Deep State, minacciando di disciogliere e smembrare la Cia di Allen Dulles. Era un incorreggibile complottista, Kennedy?
Un prestigioso collega di Kissinger, lo stratega Zbigniew Brzezinski, reclutò un certo Osama Bin Laden in Afghanistan contro i sovietici. Poi Osama sarebbe ricomparso tanti anni dopo (non più come amico), dando sostanza iconica e credibilità propagandistica al Pnac, il Piano per il Nuovo Secolo Americano ordito dai Bush, per poi finalmente defungere: già nel 2001, malato di reni, o (a scelta) giustiziato in Pakistan nel 2011 – secondo Obama – al termine di un blitz dei Navy Seals, poi tutti morti a Kabul a bordo del loro elicottero. Questo accadeva comunque a valle delle Grandi Decisioni, risalenti al 1999, quando il democrat Bill Clinton stracciò il Glass-Steagall Act con il quale Roosevelt nel 1933 aveva deciso di proteggere il risparmio privato dalla speculazione finanziaria. Ottenuti da Clinton i pieni poteri, Wall Street cominciò a fare politica sul serio, al posto dei politici. In Europa, la legge del taglione (finanziario) fu istituzionalizzata a Maastricht, dopo aver “ripulito” il vecchio continente dai potenziali guastafeste: l’obsoleto Aldo Moro, l’ex socialista Mitterrand ridotto alla ragione neoliberista (la graziosa invenzione del tetto del 3% alla spesa pubblica). Per liquidare Craxi bastò Tangentopoli, mentre per lo svedese Olof Palme – leader carismatico della sinistra socialista europea – ci vollero le pallottole.
Crollarono, le Twin Towers, secondo i media per effetto della collisione di due aerei: erano così fragili, quei grattacieli, che – per prevederne la demolizione controllata – il Comune di New York aveva preteso la possibilità di installare, nelle fondamenta, niente di meno che delle bombe atomiche. E’ tutto scritto nelle carte edilizie della municipalità, ma non sono argomenti che interessino i reporter di oggi: «Ne caccerei 9 su 10», ha ricordato Seymour Hersh, Premio Pulitzer e cavallo di razza di un giornalismo oggi estinto e che, ai tempi, era capace di far dimettere i presidenti degli Stati Uniti, quando esistevano ancora gli editori puri, interessati solo a vendere copie e non a fabbricare format mentali per conto dei loro padroni. Il coro assordante dei cialtroncelli si premurò si sbeffeggiare, come inguaribile nostalgico, il Giulietto Chiesa che si era permesso di lanciare un avvertimento profetico e solitario: «Sconfitto Gorbaciov, la fine della guerra fredda – anziché in un sogno – si trasformerà nell’incubo della guerra permanente». Jugoslavia, Somalia, Cecenia, Iraq e Afghanistan, Libia, Siria, Yemen. Un altro visionario complottista, affetto dalla stessa malattia mentale degli sventurati Kennedy?
A parlare direttamente al fantasma di Jfk ha provveduto Bob Dylan, a fine marzo, mettendo in relazione l’omicidio di Dallas con l’oscura sovragestione dell’attuale “terrorismo sanitario”. Un gioco orchestrato a reti unificate, sull’onda della pandemia più strana e più sospetta della storia, esplosa in una città il cui nome fino al giorno prima non diceva niente a nessuno: Wuhan. Alla nuova Cina, il superpotere finanziario storicamente favorito da Bill Clinton si era rivolto già nel 2001, appena tre mesi dopo il crollo delle Torri Gemelle, regalando a Pechino un posto d’onore nel Wto. Il gigante asiatico sarebbe diventato la manifattura del mondo, a basso costo, grazie a un dumping sfacciato: niente complicazioni democratiche, zero tutele sindacali, nessuna costosa normativa per limitare l’inquinamento industriale. Vent’anni dopo, in rapidissima successione, accadono due eventi: Donald Trump – per la prima volta, in due decenni – frena l’espansione cinese imponendo dazi, e a stretto giro esplode il coronavirus. A ruota: l’Italia adotta il protocollo Wuhan, seguita (malvolentieri) dal resto dell’Europa. Boris Johnson, ostile al lockdown, finisce in terapia intensiva: cioè dove già era stato relegato il suo sosia nel 2012, nell’inquietante cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Londra. E l’altro avversario della quarantena, Trump, deve vedersela con un’America improvvisamente impazzita alla vigilia delle elezioni, in rivolta per l’oscena uccisione di un nero da parte della polizia.
Tutto casuale, si capisce, per le sardine sott’olio che credono ancora alla Befana, e che magari pensano che sia stata la cicogna, due secoli fa, a introdurre nella storia del mondo un’anomalia assoluta, chiamata democrazia. In Italia, a squarciare il velo ha provveduto proprio Gioele Magaldi: furono le logge massoniche del Settecento, ricorda, a dichiarare guerra all’assolutismo monarchico, sostenuto dall’oscurantismo vaticano. E’ la massoneria, il convitato di pietra della nostra storia: sono stati i grembiulini a inventarsi un mondo basato su libere elezioni, anziché sul diritto dinastico. Squadra e compasso: piaccia o meno, è da lì che viene la modernità. Poi c’è chi si è fatto prendere la mano, nel Novecento, tendendo a imitare l’aristocrazia che gli antenati avevano abbattuto. Kissinger è un bell’esempio della nuova massoneria oligarchica. Spesso si spendono i nomi di Soros, Bill Gates e tanti altri, dai Rockefeller ai Rothschild, fino ai loro galoppini europei come Macron e Angela Merkel. Poi però qualcosa si è rotto, in quella cupola: le prime diserzioni, racconta Magaldi, si sono avute di fronte alla svolta terroristica dei Bush, inaugurata con Al-Qaeda e proseguita con l’Isis. E ora, pochi prima dello tsunami-coronavirus, a salutare la compagnia sono stati pezzi da novanta del gotha finanziario: Mario Draghi, Christine Lagarde, la stessa dirigenza del Fondo Monetario Internazionale. Contrordine: mettere fine all’orrore dell’austerity pianificata per impoverire le masse, rendendole sottomesse.
Ed è esattamente a quel punto, osserva Magaldi, che ci siamo tutti ritrovati chiusi in casa, con l’obbligo di indossare mascherine secondo i dettami di una opacissima Oms finanziata dai cinesi. Uno schema di potere spregiudicato, capace di ricorrere alla minaccia sanitaria della pandemia per scatenare il caos e ricattare il pianeta, sospendendo la nostra libertà? A Trump, i professori della paura hanno rotto le uova le paniere: aveva risollevato l’economia americana, che adesso è a pezzi. E sempre alla vigilia delle presidenziali, si assiste a scene da guerra civile. Tutto montato ad arte – sostiene monsignor Viganò – per abbattere Trump, unico vero ostacolo all’affermazione (testualmente) del Nuovo Ordine Mondiale. Questo è sicuramente vero, ammette Magaldi, che però corregge il porporato: è sconcertante, dice, che Viganò opponga a Trump “la massoneria” nel suo insieme, come se non sapesse che lo stesso Trump è massone, e che è sostenuto da massoni progressisti, alcuni dei quali sono presenti in quel Deep State che non è affatto un Moloch monolitico: è capace di nefandezze, certamente, ma è anch’esso spaccato in due. Chi non lo capisce, si candida a restare in eterno all’oscuro della verità che si va dipanando sotto i nostri occhi, dietro gli schermi della manipolazione, anche in un paese in apparenza periferico come l’Italia, e che invece è un autentico epicentro della battaglia in corso.
Lo disse chiaramente, Magaldi, all’esordio del precario governo gialloverde: quello del 2018 era un esperimento sostenuto da massoni progressisti, di cui la controparte oligarchica aveva una paura matta, al punto da premere su Mattarella per sabotare in partenza la nomina di Paolo Savona all’economia. Esperimento fallito, peraltro: come già Renzi, battagliero solo a parole, anche Di Maio e Salvini non hanno osato impuntarsi, contro la governance europea che penalizza il Belpaese. Così si è arrivati alla rottura, ed è spuntato il vero Conte. Il misterioso “avvocato del popolo”, sorretto da influenti amicizie vaticane di marca andreottiana, è riuscito in una specie di miracolo: recludere gli italiani agli arresti domiciliari, rovinando l’economia. L’altra notizia: per mesi, i concittadini hanno subito di tutto, senza fiatare. Un governo debolissimo e traballante si è trasformato nel terminale europeo di una specie di regime, ma in molti sembrano non accorgersene. I più conservatori, cioè gli hoolingan della sedicente sinistra, arrivano a tifare per Conte solo perché, nel teatrino politico nazionale, ha osato scontrarsi con l’inguardabile Salvini. E non vedono che neppure Salvini ha detto una parola contro lo scempio della libertà che ha permesso all’ex “avvocato del popolo” di sbatterlo in carcere, il popolo italiano, a pane e acqua (e con una pioggia di multe salatissime per i trasgressori).
Nel film “L’attimo fuggente”, la scolaresca trova il coraggio, alla fine, di ribellarsi al sopruso dell’istituzione che ha deciso l’ingiusta cacciata del professor Keating: si arrampicano sui banchi, i ragazzi, sfidando l’autorità costituita. Invece in Italia, oggi, c’è chi non si vergogna di canzonare, come piagnucoloni, gli involontari eroi dell’informazione, del calibro di Massimo Mazzucco e Claudio Messora, a cui il regime ha cancellato uno dopo l’altro i video più scomodi, rimuovendoli da YouTube. Mezzo paese è moralmente in rivolta: i migliori medici italiani hanno scoperto come neutralizzare il Covid, ma vengono silenziati da politici-maggiordomi (Zingaretti, Speranza) che si affrettano a prenotare tonnellate di vaccini, come se il virus fosse ancora una minaccia. Certo non è di oggi, il silenzio assordante di giornali e televisioni su temi come questo, decisivi per la vita delle famiglie. La novità, semmai, è che al regime non basta più il solo fatto di ignorarle, le voci fastidiose: ora si premura di spegnerle, incoraggiato dal Burioni che esorta i magistrati a chiudere “ByoBlu”. Il problema è drammatico, conferma un giornalista indipendente come Fabio Frabetti, di “Border Nights”: è chiaro a tutti che una certa informazione libera può sopravvivere solo se trova la forza di costruire piattaforme autonome, svincolate da YouTube e dagli altri social media del mainstream.
Magaldi, assiduo ospite proprio di “Border Nights”, la vede in modo diverso: è scettico rispetto a un’operazione-risveglio fondata solo sull’informazione indipendente. Troppo elevato il divario tra le voci della verità e il volume della menzogna quotidiana. L’autore di “Massoni”, leader del Grande Oriente Democratico e presidente del Movimento Roosevelt, ragiona a livello di Deep State: ai piani alti del potere, dice, sono in corso grandi manovre, di cui poi – a valle – una narrazione come quella di cui Q-Anon fornisce un’interpretazione che finisce per essere deformante e semplificatoria. Però, fra Trump e l’Italia – è la sintesi – c’è davvero pochissima distanza: da una parte i massoni che si battono per la democrazia, dall’altra la filiera che collega il peggior Deep State americano al “partito di Wuhan”, oggi all’offensiva, con il suo piano virtualmente totalitario. Se la Casa Bianca cede e l’Italia capitola, sotto i diktat dei signori di cui Conte è solo il prestanome, la partita è persa. Le condizioni sono proibitive: dopo il lockdown peggiore d’Europa che ha messo in ginocchio l’economia, e di fronte ai vaccini in arrivo, al tracciamento digitale e al distanziamento eterno, c’è ancora chi sembra non capire: crolla il cielo, si scatenano divinità infernali minacciando di deformare il mondo per sempre, ma l’occhio non vuole proprio saperne di spingersi oltre la Nutella e i moijto del piccolo, irrilevante, odiatissimo Salvini.
(Giorgio Cattaneo, 18 giugno 2020).