di Marco Bersani (Attac Italia, Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua)
Teatro Greco di Siracusa, 8 giugno 2011: mentre l’arena gremita di spettatori attende l’inizio dello spettacolo, una persona si alza ed espone sulla balaustra la bandiera della campagna referendaria per l’acqua; in una manciata di secondi, solerti uomini della security gli sono addosso e tentano di sequestrare la bandiera. Dopo alcune iniziali proteste da parte di altri spettatori, improvvisamente qualcuno si alza in piedi e inizia a gridare “Vota SI! Vota SI!” ritmando con le mani. E’ un attimo: l’intero teatro si alza in piedi e lo slogan diventa un coro collettivo per diversi minuti.
È stato guardando il video su YouTube che tutte e tutti ci siamo resi conto di come questa volta il quorum sarebbe stato raggiunto perché qualcosa di molto profondo era successo nella società italiana.
Di episodi come questo è stata interamente costellata la campagna referendaria, aperta il 26 marzo 2011 con una manifestazione nazionale (la terza) del movimento per l’acqua e una folla di 300.000 persone in Piazza S. Giovanni.
Potrei citare il messaggio di una signora 86enne che, dall’ospizio umbro in cui risiedeva, ci scrisse rammaricata di non poter sostenere economicamente la campagna referendaria perché in condizioni di amministrazione controllata, ma che “ci ricordava ogni sera nelle sue preghiere”; o l’altrettanto commovente lettera dei detenuti all’ergastolo ostativo (i cosiddetti “fine pena mai”), che, pur non potendo ovviamente votare, ci garantirono la diffusione “attraverso Radio Carcere” dell’informazione e del sostegno ai referendum dentro tutte le carceri italiane; o le suore di clausura che, nella bergamasca, chiesero un incontro per poter essere informate sulla battaglia dell’acqua.
Non basterebbe un libro per raccontare il risveglio della società italiana dentro la stagione referendaria e per raccontare i tanti gesti ed iniziative quotidiane autonomamente messi in campo da donne e uomini, di cui è stata intessuta l’intera campagna e il suo straordinario risultato finale.
Oltre 27 milioni di persone il 12 e 13 giugno hanno votato SI ai due referendum sull’acqua ed è interessante analizzarne alcuni dati in termini di composizione sociale.
Il primo dei quali dice dell’omogeneità con cui si è votato su tutto il territorio nazionale: il quorum è stato infatti raggiunto in tutte le regioni italiane, pur con le storiche differenze di partecipazione tra nord e sud del paese.
Un secondo dato è estremamente interessante: oltre il 66% dei giovani dai 18 ai 25 anni è andato alle urne, segnalando come ogni analisi stereotipata e caricaturale sulle giovani generazioni è destinata –come in ogni epoca- a infrangersi contro la realtà.
Altrettanto degno di nota il dato sull’appartenenza politica dei votanti: perché, risultano aver partecipato al voto il 26% di elettori dell’allora Pdl (Partito della Libertà) e il 42% degli elettori dell’allora Lega Nord, ciò che dimostra da una parte come, anche dentro quei partiti, la delega autoritaria abbia smesso di funzionare (i leader, a partire da Berlusconi e Bossi, avevano, espressamente e più volte, invitato a disertare le urne), dall’altra segnala la grande capacità da parte del movimento per l’acqua di tenere la barra della campagna sul tema e di saperla comunicare come battaglia di riappropriazione dal basso, ben lontana dai giochi politici del “Palazzo”.
Così come spiega molto più di decine di analisi sociologiche sulla disaffezione dei cittadini alla politica, il fatto che oltre il 25% dell’astensionismo permanente (ovvero di quella parte di elettorato che non vota mai) si sia recato alle urne per i referendum per l’acqua.
Ma il dato che più di ogni altro dà la cifra reale di cosa sia stata quella campagna referendaria è quello che informa di come oltre il 16% di coloro che si sono recati alle urne abbia dichiarato di aver partecipato alla campagna stessa, considerando come livello minimo di partecipazione “l’aver distribuito materiale nel proprio condominio” : significa che oltre 4.000.000 di cittadini, in modi e forme diverse per tempi ed intensità, si è attivato per la vittoria dei ‘SI’ ai referendum. E, fra questi, il 60% era alla sua prima esperienza di campagna elettorale e/o referendaria.
Sono numeri che parlano da soli.
Dopo anni di atrofia della partecipazione, il movimento per l’acqua, mettendo in campo una vera esperienza di autoeducazione popolare sul tema dei beni comuni e di riappropriazione dal basso della partecipazione diretta, ha saputo coinvolgere intere fasce sociali tendenzialmente “lontane” e moltissimi cittadini comuni in una grande prova di democrazia reale.
Come hanno risposto governi e lobby finanziarie a questa grande esperienza di partecipazione collettiva?
Poiché la vittoria della battaglia per l’acqua bene comune costituiva un paradigma in grado di sovvertire i pilastri dell’ideologia liberista, si è utilizzata la trappola del debito per proseguire con le politiche di austerità, questa volta non più attraverso la ricerca del consenso, bensì imponendole e puntando sulla rassegnazione. Politiche che in quella straordinaria esperienza di lotta hanno trovato un argine che ha saputo quanto meno rallentarle.
Oggi, dieci anni dopo la vittoria referendaria e dentro un mondo immerso nella pandemia, i nodi paiono venire al pettine: il modello capitalistico ha dimostrato la più totale insostenibilità e avanza la necessità di un’alternativa di società, non più fondata sul profitto individuale, bensì sulla cura collettiva.
Sarà ancora una volta una battaglia senza quartiere fra la Borsa e la vita.
E poiché senz’acqua non c’è vita, l’obiettivo primario resta quello di sottrarre l’acqua e i beni comuni al mercato per restituirli al futuro di tutte e tutti.
Photo Credits: “Attacchini professionisti…o quasi!” Campagna referendaria 2011, Comitato acqua pubblica Torino.
Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 47 di luglio-agosto 2021: “20 anni di lotta e di speranza“