Un grande giornalista, un italiano generoso, un uomo scomodo perché sincero. La notizia della morte di Giulietto Chiesa – improvvisa, inattesa – aggiunge sgomento a questo aprile 2020, funestato dal lutto e dalla segregazione di massa che sta facendo collassare il paese. Giulietto Chiesa era una sentinella: tra i primi, in assoluto, ad avvertire (nel 2002, con il saggio “La guerra infinita”) che qualcosa di mostruoso si era abbattuto, sul mondo intero, con la demolizione delle Torri Gemelle l’11 Settembre a New York. Qualcosa di assai più preoccupante del cosiddetto terrorismo islamista, visto che la versione ufficiale del maxi-attentato faceva acqua da tutte le parti. Ci voleva coraggio, appena un anno dopo, per proporre le verità più imbarazzanti, e a Giulietto Chiesa il coraggio non mancava. Lo dimostrò in mondovisione, nel 1991, sfidando i golpisti che avevano appena rovesciato Gorbaciov, tentando di far credere che avesse problemi di salute. Alle domande dei giornalisti – molte, sullo stato di salute di Gorbaciov – rispondeva il capo dei golpisti, Ghennadij Yanaev. «E lei come si sente, signor Yanaev?», lo colse in contropiede – paralizzandolo – lo storico corrispondente italiano da Mosca. Il gelo che seguì non aveva bisogno di commenti: svelava la statura di Yanaev e, soprattutto, quella di Giulietto Chiesa.
Di tutti i giornalisti italiani famosi – scrisse Paolo Barnard, anni fa – Giulietto Chiesa è stato l’unico ad aver rinunciato ai privilegi di casta per abbracciare, senza compromessi, la causa della verità. Diffondere notizie scomode significa, automaticamente, venire esclusi dai salotti che contano, specie quelli televisivi. E a proposito di disinformazione, Giulietto Chiesa è stato il primo, tra gli opinion leader italiani, a mettere a fuoco il problema: dove finisce, la democrazia, se il pubblico viene tenuto sistematicamente all’oscuro dei fatti principali? Facile che una voce eretica venga liquidata con l’etichetta del complottismo: è il sistema migliore per evitare di discutere le sue tesi, di ragionare sulle notizie portate alla luce (quelle che il mainstream attenua, deforma o evita di riportare). In questo sta la grande generosità di Giulietto Chiesa: la paura di incorrere in qualche inevitabile errore ottico non l’ha mai dissuaso dal dire la sua. Ed è incalcolabile il contributo che ha offerto alla comunità nazionale italiana, in termini di arricchimento dell’informazione: in moltissimi casi, spesso in perfetta solitudine, Giulietto Chiesa è stato il primo (e spesso l’unico) a permettere agli italiani di ricevere notizie illuminanti e decisive, irrintracciabili altrove.
In giorni come questi, in cui l’oscuro governo Conte mette in campo il suo Ministero della Verità per filtrare le notizie destinate a 60 milioni di reclusi agli arresti domiciliari, per via del misterioso coronavirus, si dispiega in modo impressionante l’autoritarismo di un potere anomalo, emergenziale, inquietante. Sembra il manifestarsi di un’inclinazione di dominio che Giulietto Chiesa aveva denunciato a partire dal 2002, indicando la regia occulta del terrorismo “fatto in casa” che poi ha effettivamente devastato il pianeta, creando il clima adatto anche per la confisca dei diritti sociali tuttora in corso, a partire dall’Europa. Grazie a uomini come Giulietto Chiesa, se non altro, gli italiani hanno potuto intuire il pericolo, decifrare le insidie più nascoste, dedurne i retroscena e i principali sponsor. Vent’anni fa, Giulietto Chiesa ripeteva che i rischi per la nostra democrazia erano altissimi, visto l’abusivo strapotere delle élite emergenti: finanziarie, industriali, tecnologiche, sanitarie, militari. Era comodo, dare del visionario a Giulietto Chiesa, magari canzonandolo. Oggi però la voglia di ridere è passata a tutti, visto lo stato in cui versa l’Italia, in un mondo disastrosamente in bilico sul precipizio: il mondo che Giulietto Chiesa, la sentinella, aveva fotografato con vent’anni di anticipo. E che continuava a studiare e descrivere, ogni giorno, rivelando lo spirito di servizio di chi considera il giornalismo una missione civile, a disposizione dell’umanità.
(Giorgio Cattaneo, 26 aprile 2020).
Un grande giornalista, un italiano generoso, un uomo scomodo perché sincero. La notizia della morte di Giulietto Chiesa – improvvisa, inattesa – aggiunge sgomento a questo aprile 2020, funestato dal lutto e dalla segregazione di massa che sta facendo collassare il paese. Giulietto Chiesa era una sentinella: tra i primi, in assoluto, ad avvertire (nel 2003, con il saggio “La guerra infinita”) che qualcosa di mostruoso si era abbattuto, sul mondo intero, con la demolizione delle Torri Gemelle l’11 Settembre a New York. Qualcosa di assai più preoccupante del cosiddetto terrorismo islamista, visto che la versione ufficiale del maxi-attentato faceva acqua da tutte le parti. Ci voleva coraggio, appena due anni dopo, a proporre le verità più imbarazzanti, e a Giulietto Chiesa il coraggio non mancava. Lo dimostrò in mondovisione, nel 1991, sfidando i golpisti che avevano appena rovesciato Gorbaciov, raccontando che avesse problemi di salute. Alle domande dei giornalisti – molte, sullo stato di salute di Gorbaciov – rispondeva il capo dei golpisti, Ghennadij Yanaev. «E lei come si sente, signor Yanaev?», lo colse in contropiede – paralizzandolo – lo storico corrispondente italiano da Mosca. Il gelo che seguì non aveva bisogno di commenti: svelava la statura di Yanaev e, soprattutto, quella di Giulietto Chiesa.
Di tutti i giornalisti italiani famosi – scrisse Paolo Barnard, anni fa – Giulietto Chiesa è stato l’unico ad aver rinunciato ai privilegi di casta per abbracciare, senza compromessi, la causa della verità. Diffondere notizie scomode significa, automaticamente, venire esclusi dai salotti che contano, specie quelli televisivi. E a proposito di disinformazione, Giulietto Chiesa è stato il primo, tra gli opinion leader italiani, a mettere a fuoco il problema: dove finisce, la democrazia, se il pubblico viene tenuto sistematicamente all’oscuro dei fatti principali? Facile che una voce eretica venga liquidata con l’etichetta del complottismo: è il sistema migliore per evitare di discutere le sue tesi, di ragionare sulle notizie portate alla luce (quelle che il mainstream attenua, o evita di riportare). In questo sta la grande generosità di Giulietto Chiesa: la paura di incorrere in qualche inevitabile errore ottico non l’ha mai dissuaso dal dire la sua. Ed è incalcolabile il contributo che ha offerto alla comunità nazionale italiana, in termini di arricchimento dell’informazione: in moltissimi casi, spesso in perfetta solitudine, Giulietto Chiesa è stato il primo (e spesso l’unico) a permettere agli italiani di ricevere notizie illuminanti e decisive, irrintracciabili altrove.
In giorni come questi, in cui l’oscuro governo Conte mette in campo il suo Ministero della Verità per filtrare le notizie destinate a 60 milioni di reclusi agli arresti domiciliari, per via del misterioso coronavirus, si dispiega in modo impressionante l’autoritarismo di un potere anomalo, emergenziale, inquietante. Sembra il dispiegarsi di un’inclinazione di dominio che Giulietto Chiesa aveva denunciato a partire dal 2003, indicando la regia occulta del terrorismo che poi ha effettivamente devastato il pianeta, creando il clima adatto anche per la confisca dei diritti sociali tuttora in corso, a partire dall’Europa. Grazie a uomini come Giulietto Chiesa, se non altro, gli italiani hanno potuto intuire il pericolo, decifrarne le insidie, dedurne i retroscena e i principali sponsor. Vent’anni fa, Giulietto Chiesa ripeteva che i rischi per la nostra democrazia erano altissimi, visto l’abusivo strapotere delle élite emergenti: finanziarie, industriali, tecnologiche, sanitarie, militari. Era comodo, dare del visionario a Giulietto Chiesa. Oggi però la voglia di ridere è passata a tutti, visto lo stato in cui versa l’Italia, in un mondo disastrosamente in bilico sul precipizio: il mondo che Gioulietto Chiesa, la sentinella, aveva fotografato con vent’anni di anticipo. E continuava a studiare e descrivere, ogni giorno, rivelando lo spirito di servizio di chi considera il giornalismo una missione civile, al servizio dell’umanità.