Questa mattina è stata rioccupata ad Alessandria La Casa delle Donne, sgomberata lo scorso agosto. “La Casa rinasce tra altre mura, diverse da quelle in cui ha mosso i suoi primi passi nella città, perché il luogo che ci ha ospitate fino allo scorso agosto si trova oggi in un pantano politico e burocratico di cui non si vede la via d’uscita” scrive Non Una di Meno Alessandria, di cui riportiamo il comunicato integrale (guarda il video).
Oggi rinasce la Casa delle Donne. Nella giornata dell’orgoglio LGBTQI+ Alessandria torna ad avere un luogo di lotta, accoglienza, ascolto, e produzione politica di cui era stata privata ormai quasi un anno fa.
Oggi pomeriggio sfileremo per le vie della città nel meraviglioso corteo del Pride con la serenità di chi ha una Casa in cui tornare e con la dignità di chi sa di aver fatto la cosa giusta. Abbiamo aspettato, confidato, mediato, ben oltre i tempi che avevamo immaginato, e alla fine la soluzione non è arrivata. Forse la politica si è persa nei meandri della burocrazia, o forse non ha mai davvero creduto nella necessità del progetto politico della Casa delle Donne, fatto sta che è stato ancora una volta necessario scartare di lato rispetto alla strada segnata per poter riottenere ciò che in tante abbiamo progettato e desiderato. La Casa rinasce tra altre mura, diverse da quelle in cui ha mosso i suoi primi passi nella città, perché il luogo che ci ha ospitate fino allo scorso agosto si trova oggi in un pantano politico e burocratico di cui non si vede la via d’uscita. A distanza di 9 mesi dallo sgombero e dalla firma del Sindaco Abonante sul documento con cui il Comune si impegnava ad entrare in possesso dello stabile (per poi assegnarlo a Non una di Meno), continua il vergognoso scaricabarile tra amministrazione comunale e Regione che, ci sentiamo di predire, porterà l’ex asilo a crollare su se stesso.
Un pezzo del nostro cuore e del cuore di molti alessandrini resterà nel cortile di Piazzetta Monserrato, attraversato in questi anni da migliaia di persone che hanno contribuito a riempirlo di valori, desideri e progetti.
Ma sappiamo che quei valori, quei desideri e quei progetti possono vivere altrove, perché i muri sono contenitori, importanti ma non insostituibili, del nostro agire. Con questa convinzione ci siamo approcciate alla trattativa aperta con il Comune di Alessandria e in particolare con l’Assessore Giorgio Laguzzi, quando ci è stato proposto di vagliare altri luoghi in cui dar sede alla Casa.
Siamo state accompagnate, all’inizio della primavera, in due spazi di proprietà comunale, per valutare insieme se vi fossero soluzioni. Uno di questi è stato scartato perché la struttura è molto grande e senza un intervento di ristrutturazione complessiva non utilizzabile, mentre il secondo, la mensa Edisu di Via Parma, era per noi un’opzione percorribile. Circa 10 giorni dopo la nostra risposta positiva sulla mensa, lo stesso Assessore ci ha comunicato che doveva ritirare la proposta perché li sarebbero stati trasferiti gli Uffici Tributi del Comune. Già è andata proprio così, non stiamo scherzando…
Abbiamo avuto “buonsenso” e siamo state “dialoganti”, così ci ha definite l’assessore in un’intervista il giorno dopo il corteo dell’8 marzo, eppure oggi su quel tavolo di trattativa non c’è ombra di una soluzione.
Il buonsenso e il dialogo non hanno portato da nessuna parte. Le parole e le promesse del Sindaco – che ad aprile si era fatto paladino della difesa della Casa durante la campagna elettorale e che poi ad agosto aveva ribadito il suo impegno – sono finite nel vuoto. La così tanto declamata svolta ecologista e femminista del Partito Democratico di Elly Schlein si dimostra l’ennesimo travestimento illusorio di un partito che continua ad avere come unica priorità solo ed esclusivamente la propria sopravvivenza: il caro vecchio “tutto cambia perché nulla cambi” insomma.
Siamo stanche, deluse, arrabbiate, e sentiamo che non possiamo permettere che vincano l’inerzia, il silenzio e il vuoto. Quest’anno senza Casa ci ha dimostrato che non possiamo a non vogliamo farne a meno. Il Laboratorio Sociale che ringraziamo e a cui saremo per sempre legate ci ha accolte permettendoci di portare avanti le nostre attività, ma non può sostituire quel luogo che agli occhi di tutta la città – di chi lo apprezza e di chi lo teme – ha rappresentato e deve tornare a rappresentare prima di tutto un punto di vista politico e sociale sul mondo, quello del transfemminismo.
Con lo sgombero dello scorso agosto si è chiusa una fase della storia della Casa delle Donne e oggi siamo pronte ad aprirne una nuova. Scegliamo questo luogo, nel cuore del futuro progetto di costruzione del campus universitario, per dimostrare che la città è piena di strutture vuote lasciate all’incuria che potrebbero invece essere recuperate e riassegnate se solo vi fossero la volontà e la capacità di prospettiva della politica istituzionale.
Il luogo in cui oggi rinasce la Casa delle Donne Transfemminista Queer (TFQ) è l’ex Circoscrizione Nord del quartiere Orti in viale Teresa Michel, una struttura che per decenni è stata di proprietà pubblica e che poi il Comune ha deciso di svendere a privati per fare cassa. Una classica operazione di speculazione edilizia “all’italiana” con cui la struttura è stata poi rivenduta recentemente ad un ente pubblico, l’Università degli Studi del Piemonte Orientale, all’interno del progetto del nuovo Campus. Progetto che abbiamo visionato e che prevede insensatamente l’abbattimento dell’ex Circoscrizione nonostante non interferisca in alcun modo con la costruzione del nuovo Campus.
Oggi abbiamo fatto la nostra mossa, la Casa delle Donne Transfemminista Queer (TFQ) riapre in città e la palla torna tra le mani del Sindaco e dell’Assessore Laguzzi. Possono decidere di voltarsi dall’altra parte, far finta di non vedere, aspettare che il Rettore dia l’ordine di sgombero e gestire la questione come se fosse un problema di ordine pubblico. Oppure possono assumersi la responsabilità di non essere stati in grado di risolvere un problema tutto sommato semplice e di non aver rispettato gli impegni presi con tutta la città sulla questione Casa delle Donne.
Abbiamo dimostrato di saper essere “dialoganti” e se il Comune decidesse di essere mediatore con l’università per discutere della stabilizzazione della Casa delle Donne tra quelle mura avrebbe forse l’ultima possibilità di dimostrare che gli impegni politici contano anche al termine delle campagne elettorali e possono essere rispettati.
Noi intanto la Casa delle Donne l’abbiamo riaperta anche se “non ci avete viste arrivare”.