di Raphael Pepe (Attac Italia)
Quando si parla di Seattle o Genova, vengono in mente “gli anni del movimento No-Global”. Sono stati soprattutto i media a definire il movimento in questo modo. In Attac, così come in molte realtà che hanno attraversato quel movimento si é sempre preferito parlare di movimento “altermondialista”. La differenza non è di poca rilevanza: il primo termine sembra fare riferimento ad un movimento più che altro antagonista, ma oltre ad esserlo era soprattutto un movimento con un’idea chiara di altro mondo possibile, ed era fortemente propositivo.
Una cosa certa è che purtroppo, quando si parla di “movimento altermondialista”, si parla di un “movimento che fu”. Si parla di un movimento che ha avuto pochi anni di vita, a cavallo tra la fine dello scorso millennio e l’inizio del nuovo e che quindi ha avuto un inizio e una fine.
Forse è giusto che sia così, di “altermondialismo” si parla ormai poco o niente, ma quelle idee non sono mai state seppellite. Anzi sono state alla base di molte battaglie degli ultimi due decenni.
Di sicuro gli “attacchini” si sentono sempre altermondialisti e Attac si definisce sempre tale.
Non abbiamo mai smesso di esserlo, lo siamo stati in tutte le battaglie fatte con costanza e coerenza negli ultimi vent’anni. “Pensare globale, agire locale”, più che un motto, è da sempre alla base del nostro modo di essere attivisti.
Oggi essere “altermondialista” assume un significato forse addirittura maggiore rispetto a vent’anni fa. Il neoliberismo, la finanziarizzazione sfrenata dell’economia e una globalizzazione fuori controllo con la “crescita” ad oltranza a discapito della sostenibilità, hanno generato, oltre a profonde disuguaglianze e una crisi economica sistemica, dei cambiamenti climatici che hanno effetti devastanti sull’ambiente e sulla vita delle persone.
Questi effetti che da decenni ci aspettavamo, e ora clamorosamente sono sotto gli occhi di tutti, non fanno che ribadire le ragioni del movimento altermondialista e la necessità di cambiare radicalmente politiche economiche, modelli di produzione e di consumo.
Perfino l’emergenza Covid in corso mette in evidenza i danni del sistema economico mondiale sulla vita delle persone: sistemi sanitari al collasso per via delle privatizzazioni e dei continui tagli, una campagna di vaccinazione che va a rilento in occidente e che potrebbe non essere mai completata in molti paesi del terzo mondo per via dei brevetti sui vaccini, e una gestione della pandemia che continua a mettere i profitti prima delle persone.
Ad ogni evento globale con ripercussioni locali su tutto il pianeta, Attac ha sempre saputo proporre analisi precise e pensare a possibili soluzioni concrete, mobilitandosi globalmente, nazionalmente e localmente.
Nel primo decennio che ha seguito le mobilitazioni di Genova, le attività di Attac Italia si sono focalizzate soprattutto sulla proposta della Tobin Tax – poi chiamata FTT – e sul contrasto alle privatizzazioni, la difesa dei servizi pubblici locali in particolare e la rivendicazione di modelli di democrazia partecipativa. Ovviamente il contrasto alla finanziarizzazione dell’economia e le analisi al riguardo hanno anche segnato quei anni. Non si poteva sperare un modo più bello di festeggiare i 10 anni di Attac che con la grande vittoria del referendum per l’acqua pubblica. Una stagione in cui gli attivisti dell’associazione sono stati attori protagonisti a livello nazionale e a livello locale ovunque un comitato di Attac fosse presente.
Questa vittoria, seguita dalla cosiddetta crisi del debito, ha tracciato la linea d’azione di Attac nel decennio successivo: per arrivare a politiche centrate sui diritti delle persone, la tutela dei beni comuni e la ripubblicizzazione di servizi fondamentali, per la difesa del pubblico, occorreva contrastare la trappola del debito.
Senza mai demordere né lasciarsi distrarre, Attac ha saputo mantenere il punto, focalizzando le proprie forze sul debito e sugli enti locali, promuovendo una campagna per potenziare la partecipazione attiva dei cittadini e contrastare gli attacchi continui subiti dai Comuni. Gli enti locali in effetti sono stati quelli che di più hanno subito le politiche di austerità. I servizi locali fondamentali nella vita quotidiana dei cittadini hanno fortemente risentito la crisi del debito.
Il secondo decennio di Attac non si è purtroppo chiuso con una grande vittoria come per il primo, e l’emergenza sanitaria in corso ha portato ad immaginare nuove modalità di azione. Il tema del debito è senza dubbio ancora più che centrale, ma occorre decisamente pensare ad un nuovo modello di società per contrastare i problemi venuti a galla con la crisi economica, la crisi del debito, il cambiamento climatico e l’emergenza sanitaria, tutti fenomeni strettamente collegati tra loro. Ciò che segnerà i prossimi anni è il percorso della Società della cura che mette insieme centinaia di realtà con questa grande ambizione comune: arrivare a una società non più basata sul profitto ma, appunto, sulle persone. Occorre un cambio di rotta radicale e quell’altro mondo possibile che sogniamo e rivendichiamo da vent’anni, ora diventa più che necessario: è fondamentale arrivarci.
C’è un filo continuo molto chiaro nelle battaglie e le campagne portate avanti da Attac Italia negli ultimi vent’anni, una coerenza legata al fatto che gli obiettivi di fondo sono sempre quelli che hanno animato il movimento altermondialista. Purtroppo negli ultimi vent’anni, sono stati tanti gli avvenimenti con ripercussioni drammatiche sulla vita delle persone, che non hanno fatto altro che dare ragione a quel movimento. La consapevolezza di aver fatto e di continuare a fare le giuste valutazioni, proposte e rivendicazioni, la necessità sempre più urgente di arrivare ad un altro mondo e soprattutto il continuare a credere che sia “possibile”, fanno si che ATTAC ci sia e continuerà ad esserci.
Hasta la victoria.
Photo credits: “box 3 another world is possible” by pameladrew212 is licensed under CC BY-NC 2.0
Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 47 di luglio-agosto 2021: “20 anni di lotta e di speranza“