Quando si parla di cambiamenti climatici, di global warming, di carestie, siccità o disastri ambientali, le parole d’ordine da un paio d’anni a questa parte sono sempre le stesse: riconversione ecologica, decarbonizzazione, bonifica dei territori, neutralità climatica. Il mondo è in fiamme, le foreste bruciano, le città soffocano; i 50°c sfiorati a Vancouver e le alluvioni nel nord Europa di questa estate sono solo un piccolo assaggio di quanto può accadere nel prossimo futuro. La crisi climatica ed ecologica è qui e ora, e nei territori questo si traduce anche nell’inquinamento di prossimità e nella cementificazione che soffocano l’ambiente e le popolazioni. La riconversione ecologica deve essere radicale e immediata, ma governi e multinazionali continuano ad osteggiarla, anteponendo ad essa la priorità dei profitti e degli interessi economici e finanziari.
Di fronte a tali urgenze, mentre si susseguono i soliti e inconcludenti vertici internazionali, i governi italiani degli ultimi anni sono tra i più succubi delle lobby del fossile e dei grandi gruppi industriali, del tutto subordinati alle loro pressioni. Il Governo Draghi ha addirittura istituito il nuovo ministero della Transizione Ecologica, nominando Roberto Cingolani, già direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia ed ex dirigente di Leonardo. E proprio a Cingolani si sono rivolti in questi mesi, oltre che le più note organizzazioni ecologiste italiane, anche decine di associazioni, collettivi e comitati territoriali italiani impegnati da anni nelle battaglie contro inceneritori, gasdotti, centrali termoelettriche, rigassificatori, depositi di carburante, acciaierie, raffinerie e grandi opere inutili. Tuttavia, né il Ministro Cingolani né il suo entourage hanno mai dato riscontro positivo anzi si muovono in una direzione assolutamente opposta a quella che a chiacchiere si dice di voler seguire e portare avanti. Emblematico da questo punto di vista il via libera dato ad Aprile a vecchie e nuove trivelle per cercare o estrarre gas fossile o petrolio, alle pressioni affinchè si realizzi lo stoccaggio CCS a Ravenna o caparbia insistenza a proseguire l’impiantistica No Tap ed le grandi opere nel Veneto.
A questo va aggiunta la riconferma di Cingolani e Draghi a un Piano Energia e Clima insufficiente e pericoloso: più volte il ministro ha dichiarato come la decarbonizzazione in Italia debba necessariamente passare attraverso il gas metano, sorvolando sul fatto che proprio questo combustibile fossile costituisce una delle maggiori fonti climalteranti. Così, dopo mesi di annunci e di grandi promesse, quella che sta prendendo forma in Italia è una transizione infarcita di metanodotti, trivelle e addirittura nuove grandi centrali. Per non parlare del revival sul nucleare! Uno dei primi atti firmati da Cingolani è stata l’autorizzazione ad inquinare (AIA) rilasciata per la centrale di compressione Snam di Sulmona, impianto che è a supporto del nuovo mega gasdotto appenninico “Linea Adriatica”: due infrastrutture metanifere totalmente inutili, visti i consumi di gas in calo e il sovradimensionamento di quelle già esistenti.
Come comitati e movimenti territoriali ribadiamo semplicemente e legittimamente il nostro secco NO a tutti questi nuovi e scellerati progetti industriali che le multinazionali propongono e che le istituzioni complici si accingono ogni volta ad autorizzare. Molte dei nostri percorsi di lotta sono riusciti ad andare bel oltre ai sacrosanti “NO”, mettendo generosamente in campo idee e progetti alternativi elaborati dal basso e in grado di mandare in crisi in poco tempo tutta la narrazione tossica legata al greenwashing, alla finta transizione ecologica italiana e alla finta lotta al cambiamento climatico. Il caso più eclatante è sicuramente quello di Civitavecchia dove, da più di due anni, comitati, collettivi, associazioni di categoria e sindacati stanno lavorando insieme per promuovere l’istituzione sul loro territorio della più grande comunità energetica portuale d’Europa. Tale progetto ad emissione zero, denominato Porto Bene Comune, alimentato esclusivamente da impianti fotovoltaici, eolico offshore, idrogeno verde ed accumulatori, rappresenta, non solo simbolicamente, una delle alternative più interessanti da contrapporre all’anacronistica logica dei grandi poli di produzione energetica e alla conversione delle centrali da carbone a gas. Una proposta che avrebbe potuto e dovuto incontrare il sostegno del MITE. Le cose non stanno però andando in questa direzione. Nonostante in molti, a partire dal consiglio comunale di Civitavecchia e fino all’assessorato alla Transizione Ecologica della regione Lazio, si siano dichiarati contrari alla riconversione della centrale termoelettrica da carbone a metano, nonostante le gravi ripercussioni che tale riconversione produrrebbe sugli equilibri occupazionali dei territori e nonostante nella cittadina laziale siano stati addirittura organizzati degli scioperi per scongiurare tale nefasta ipotesi, Cingolani continua a tergiversare e a dichiarare che la decarbonizzazione deve passare dal gas.
La vicenda di Civitavecchia e la perseveranza di tutti gli altri territori in lotta contro le devastazioni ambientali e contro i combustibili fossili dimostrano che, anche di fronte alla drammaticità della crisi che stiamo attraversando, la forza di un progetto alternativo o la coesione sociale di un intero territorio non bastano da sole a sconfiggere le lobby dell’estrattivismo e la logica del profitto. Serve di più. Serve un passo avanti. Serve dunque unire le forze, contaminare le idee, dar vita ad una nuova stagione di lotta che si muova per andare oltre la sporadicità e la discontinuità dei singoli appuntamenti e, soprattutto, saldi le battaglie territoriali che in questi mesi, nonostante la pandemia, si sono conosciute, confrontate e sostenute a vicenda.
Se il ministro Cingolani pensa di poter attuare tranquillamente una transizione ecologica ad immagine e somiglianza dei piani industriali di Eni, Enel, Snam e di tutti gli altri colossi energetici con cui, anche nostro malgrado, abbiamo avuto a che fare in questi ultimi anni, si sbaglia di grosso. Abbiamo alle spalle la forza di lotte decennali, la credibilità di progetti alternativi validissimi, la volontà politica di non cedere mai più al ricatto occupazionale e la lucidità di coloro che prendono molto seriamente le grida d’allarme che le nuove generazioni e la comunità scientifica internazionale lanciano ogni giorno. Quindi, se il Ministero della Transizione Energetica non ha intenzione di ascoltare i territori, saranno i territori a farsi ascoltare. Il tempo è scaduto. Incontriamoci a Roma sabato 9 ottobre, portiamo la nostra protesta e le nostre proposte sotto al Ministero per reclamare un cambio di passo netto e deciso verso una vera riconversione ecologica per la giustizia climatica.
Chiediamo a tutte le realtà di lotta, soprattutto territoriali, di confrontarci e di aderire per la migliore riuscita di questo importante appuntamento, pensato come una tappa di quel percorso di mobilitazioni che, dal NO G20 di Venezia e di Napoli, passando dalle iniziative di contestazione della pre–Cop in programma a Milano, e dallo sciopero generale dei sindacati di base, ci porterà alle manifestazioni contro la COP 26 a Glasgow.
Campagna Nazionale “Per il Clima Fuori dal Fossile!”
Per info e adesioni via mail: perilclimafuoridalfossile@gmail.com