Chi ha paura di Trieste?

Di Lorenzo Maria Pacini, strategic-culture.su

A quanto pare l’articolo precedente riguardante Trieste, il suo porto e il Territorio Libero, ha suscitato un grande scalpore. Così tanto che sarà divertente parlarne di nuovo.

Dunque era tutto vero

Si sa, la coda di paglia, come si dice in Italia, è tipica di chi deve nascondere qualcosa. Dopo che ho rivelato le marachelle avvenute nell’allegro incontro fra Massoneria, Forze Armate e Forze dell’Ordine, think tank americani e ungheresi e governo triestino (di occupazione), c’è stato il panico generale. Prima sono usciti articoli e programmi televisivi che hanno dado risalto alla notizia, trattata come un vero scandalo; poi c’è stata la crociata di accuse per tentare di screditare l’autore, senza però toccare il contenuto nel merito, al massimo sfiorandolo con qualche buffo stratagemma retorico, gridando alla “propaganda russa” che funziona un po’ come il prezzemolo e sta bene su tutto; dopodiché, quando la notizia era ormai troppo creduta e verosimile, nonché confermata da prove concrete come i mezzi militari NATO in transito e qualche strano movimento al Porto, ecco che sono arrivate la conferme da parte di quegli stessi gruppi di potere, testate giornalistiche e “fonti attendibili” che hanno dovuto confermare l’accaduto, edulcorandolo con qualche favola e cercando di far passare il tutto come il “male minore” comunque non evitabile. Il circo della stampa di intelligence italiana e americana si è dovuta spendere alacremente. Addirittura in alcuni articoli sono comparsi nomi e cognomi di persone coinvolte nei fatti raccontati, a dimostrazione che qualche testa è saltata e che non potevano continuare a lungo.

C’è stata anche una Manifestazione il 15 settembre in opposizione alla militarizzazione di Trieste e del suo porto franco internazionale, che ha riunito molti gruppi e sigle per far sentire la voce dei cittadini a coloro che risiedono (abusivamente) nei palazzi del potere triestino, evento che la Questura ha tentato di dirottare.

Dunque, alla fine, era tutto vero. A confermarlo sono stati proprio i delatori della notizia uscita. È vero che Trieste è un porto strategico all’interno della dottrina del Trimarium ieri, Three Seas Initiative; è vero che la Cotton Road passa per Trieste e, guarda caso, ci passa con una rotta gestita dallo Stato genocida Israele; è vero che Trieste è un Territorio Libero che è sotto occupazione militare da parte della Repubblica Italiana, in violazione dei Trattati internazionali; è vero che c’è una collusione fra Massoneria, Stato e potenze straniere.

Ogni tentativo di negare l’evidenza di questi fatti è risultato ridicolo.

Ma poiché non basta raccontare dei fatti, cerchiamo adesso di entrare ancor più nel merito.

Capire meglio Trieste e il suo porto

Partiamo da lontano. Nel 1947 fu firmato il Trattato di Parigi, con il quale fu stabilita la pace e furono assegnate le divisioni di influenza tra i Paesi vincitori e quelli sconfitti. Con la 16a risoluzione viene istituito il Territorio Libero di Trieste (TLT). Nel 1954 il Memorandum di Londra affidò l’amministrazione civile provvisoria della Zona A all’Italia e della Zona B alla Jugoslavia. Nel 1975, però, con il Trattato di Osimo, Italia e Jugoslavia stabilirono un confine tra territori non di loro proprietà, violando l’autonomia del TLT e il Trattato di Parigi. Con il crollo della Jugoslavia e la conseguente divisione del territorio in più Stati, il TLT si trovò diviso tra tre Paesi – Italia, Slovenia e Croazia – che lo occuparono illegittimamente, violando i precedenti trattati e innescando dispute, lotte politiche e giudiziarie, scandali e proteste che continuano ancora oggi.

Cerchiamo dunque di esplorare fra le varie fonti per mettere ordine alle idee.

Sul piano internazionale, non si può non citare uno degli interventi più autorevoli sul TLT, pronunciato dall’Avvocato Prof. Alfred-Maurice de Zayas, primo Esperto Indipendente per la Promozione di un Ordine Internazionale Democratico ed Equo delle Nazioni Unite, Alto Commissario per i Diritti Umani, attività che ha svolto fino al 2018.

Il 15 settembre 2017, a Ginevra, de Zayas pronunciò un discorso le cui parole sono rimaste impresse nella memoria del popolo triestino e degli ufficiali dell’ONU: «Tra i Trattati che devono essere rispettati c’è il Trattato di Pace del 1947. Ed è singolare come certi trattati vengano messi nel cassetto: il cassetto viene chiuso, bloccato, e nessuno ne parla più. Io l’ho sollevato e intendo continuare a sollevarlo, perché è una questione aperta e credo che abbiate il diritto di discuterne pubblicamente. […] il problema è più complesso, perché nessuno sa nulla della vostra situazione! I media ignorano più o meno sistematicamente la questione di Trieste. […]».

Sempre il prof. De Zayas ha nuovamente parlato pubblicamente del TLT, presso la sede delle Nazioni Unite a Ginevra, a margine della 37° sessione del Consiglio dei Diritti Umani, ribadendo la violazione dei Trattati nei confronti di Trieste, occasione nella quale sono state discusse questioni irrisolte delle merci abbandonate dai cittadini della Zona B e dei loro capitali ancora congelati nelle banche europee e, inoltre, sul problema dell’erogazione dei fondi statunitensi per il Territorio Libero di Trieste che vengono ancora versati su conti bancari italiani e gestiti da Roma (ERP Plans / Marshall – Accordo sull’utilizzo dei fondi di contropartita degli aiuti economici statunitensi a Trieste dell’11 febbraio 1955), in violazione del Diritto allo Sviluppo dei cittadini triestini, in primis (Risoluzione ONU A/RES/41/128 – 4 dicembre 1986); e ancora, la continua mancata applicazione della Cittadinanza del Territorio Libero di Trieste agli aventi diritto, come proclamato dal Trattato di Pace, inadempienza che è stata notificata all’Ufficio del Registro dell’OHCHR.

A quanto pare le parole di de Zayas continuano ad essere veritiere e di Trieste non si deve parlare.

Se non ci fidiamo di un ufficiale esperto, c’è una lettera del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 2015, datato 23 ottobre, di ben 32 pagine, a firma del Segretario Generale Ban Ki-moon, dove a pagina 10 si ricorda che il Territorio Libero di Trieste è una zona franca, istituita dalle Nazioni Unite nel 1947 (Security Council resolution 16 del 1947; Trattato di Pace con l’Italia del 1947, Arts. 4, 21 e 22, Allegati dal VI a VIII) e che, si legge nel testo, «ha terminato la sovranità dell’Italia su Trieste», e «il Consiglio di Sicurezza, tuttavia, non ha mai adempiuto alle sue responsabilità ai sensi del Trattato per quanto riguarda il Territorio a causa della sua incapacità di nominare un Governatore per il Territorio. Invece, in base al Memorandum d’intesa del 1954 sul Territorio Libero di Trieste, l’Italia e la Jugoslavia insediarono rispettivamente un’amministrazione civile nelle due zone del Territorio precedentemente amministrate dal Regno Unito e dagli Stati Uniti da un lato e dall’esercito jugoslavo dall’altro», ribadendo nelle righe successive la struttura dello Statuto Permanente del Territorio Libero di Trieste, che all’Articolo 9 definisce la struttura del Governo. In più, si legge che il Consiglio di Sicurezza ha «la responsabilità ultima di assicurare l’integrità e l’indipendenza del Territorio garantendo l’osservanza dello Statuto Permanente e il mantenimento dell’ordine pubblico e della sicurezza nel Territorio». Curioso, vero? Dunque alle Nazioni Unite, il Territorio Libero non è una fantasia.

Citiamo altri quattro documenti significativi.

Il primo è un expertise, intitolato Autonomy and Self-determination, del prof. Peter Hilpold, dove al Capitolo 10bis il prof. Thomas D. Grant della University of Cambridge affronta la vicenda del Territorio Libero di Trieste e del suo porto franco. Nella pubblicazione, l’Autore analizza nel dettaglio tutta la legislazione inerente al porto e alla sua giurisdizione. Ne segnaliamo alcuni stralci interessanti:

«è difficile vedere come l’apparato amministrativo del Porto Libero possa essere reso operativo oggi senza riconfigurare radicalmente lo schema amministrativo – cioè, un apparato del Porto Libero a pieno titolo richiederebbe lo scorporo del Porto Libero dalle disposizioni sul Territorio Libero del Trattato di Pace.» p. 28;

«Si potrebbe inoltre affermare che, mentre i diritti e gli obblighi connessi al Porto Franco non sono mai stati abrogati o sospesi, gli unici organi che avrebbero potuto dare espressione concreta a tali diritti e obblighi non esistono e, essendo il loro trattato di abilitazione ormai superato, non possono essere c istituiti.» p. 30;

« Come si è detto, l’Autorità portuale italiana sembra comprendere che Trieste è un porto sottoposto a un regime giuridico speciale. 68 Le recenti decisioni dei tribunali italiani sono già state ricordate. Tale prassi (amministrativa e giudiziaria) sembrerebbe indicare l’accettazione, da parte dell’Italia, del permanere di obblighi originariamente derivanti dal Trattato di pace. Il riconoscimento dell’esistenza di un obbligo non equivale all’adempimento dello stesso. obbligo. L’esistenza di una violazione delle disposizioni del Trattato di Pace sul porto dipende da come l’Italia tratta attualmente il porto. dipende da come l’Italia tratta attualmente il porto, un fatto che gli attivisti per l’autodeterminazione di Trieste hanno cercato di mettere in discussione. Il modo in cui l’Italia riceve le lamentele sulla questione, e in effetti sullo Trieste in generale, porta a un ultimo punto: il diritto dei triestini di far valere le proprie ragioni in merito allo status di Trieste, del territorio e del suo Porto.» p. 31

Il paper contiene una spiegazione magistrale della anomalia della situazione del TLT. Avanzo la proposta di una lettura completa a tutti i candidati delatori di questo articolo.

Il secondo documento è una lettera del Direttore del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, datata 20 maggio 1983, protocollo PO 201 PI, indirizzata a Giovanni Marchesich, in cui il funzionario dichiarava che la Rappresentanza permanente dell’Italia e quella della Yugoslavia alle Nazioni Unite avevano richiesto la cancellazione dall’agenda del consiglio di sicurezza la questione del “Governo del Territorio Libero di Trieste”.

Dunque questi politici avevano un interesse a contrastare la verità del TLT. C’è di più, la lettera mette nero su bianco che la questione della nomina del Governatore (e dunque la piena creazione del Territorio Libero di Trieste) verrà rimessa all’ordine del giorno del Consiglio di Sicurezza qualora qualunque stato ONU lo richiedesse. Una frase fatidica che in tempi come questi, lascia a buon intenditore, poche parole.

Per fortuna, ci ha pensato Ban Ki-moon qualche decennio dopo a chiarire che le Nazioni Unite non hanno la memoria corta.

Un terzo testo interessante è un paper scritto da Marina Coloni e Peter Clegg, della University of West England. Si tratta di un paper pubblicato nel 2022, con peer reviewed effettuata ovviamente, in cui vengono affrontate le vicende del Territorio Libero di Trieste.

L’allegato VIII recita testualmente: «Nel Territorio Libero sarà istituito un porto franco che sarà amministrato sulla base delle disposizioni di uno strumento internazionale elaborato dal Consiglio dei Ministri, approvato dal Consiglio di Sicurezza e allegato al presente Trattato (Allegato VIII). Il Governo del Territorio Libero emanerà tutta la legislazione necessaria e prenderà tutte le misure necessarie per dare effetto alle disposizioni di tale strumento».

Questa “autorità” viene d’altronde riconosciuta anche sul sito ufficiale del Porto, dove si legge che «il referente normativo primario del regime giuridico del Porto Franco di Trieste è l’Allegato VIII al Trattato di Pace di Parigi del 1947».

La conclusione è razionalmente motivata: non può esserci Territorio Libero di Trieste senza il suo porto franco e non può esserci il porto franco senza il Territorio Libero di Trieste. I due sono stati istituiti insieme e collegati intimamente, come anche riconosciuto, nonostante le violazioni ripetute, anche dalla legislazione successiva.

Un ultimo documento racchiude in sé più di quanto ci si aspetti. Come ho appreso da una lettera pervenutami da una fonte, inoltrata dal Direttore di Area del Territorio e Patrimonio del Comune di Trieste, con protocollo corr. N. 7° 1/8/5-01, del 29 gennaio 2001, risulta apposta la firma del dottor ingegnere Paolo Pocecco.

Fino a qui, niente di interessante. Già… peccato che Paolo Pocecco sia stato un agente GLADIO nella operazione Stay Behind della NATO in Italia, ai tempi sotto la direzione della VII divisione del SISMI, i servizi di intelligence militare italiana. Pocecco a Trieste è ben noto, visto che anni fa, in seno a una presentazione di un libro dedicato all’argomento NATO e Unione Sovietica, ha fatto outing assieme all’ex commilitone Giuseppe Pappalardo, facendo anche i nomi di Remigio Lampronti e il già noto Marino Valle.

La curiosità, anche in questo caso, è che un ex (?) agente dell’intelligence italiana che ha lavorato per gli americani in operazioni volte all’asservimento totale dell’Italia agli Stati Uniti d’America, sia finito a fare il dirigente negli uffici pubblici della città. Una casualità? Beh, cominciano ad essere un po’ troppe queste casualità.

Il secondo aspetto salta all’occhio nel documento citato, ma anche negli altri documenti ufficiali della pubblica amministrazione italiana in terra triestina.

Nel Diritto, in particolare dal Diritto dell’ammiragliato in poi, c’è una distinzione fra la persona fisica e il soggetto giuridico. La persona fisica per l’Ordinamento giuridico italiano è una rappresentazione artificiosa dell’essere umano. È a tutti gli effetti un artefatto giuridico, una maschera (in latino, persona significa “maschera”). Dal nulla (in lat. ex nihilo) attraverso un negozio giuridico, viene creato il soggetto giuridico, che è un trust, e che viene rappresentato da nome e cognome, i quali vengono scritti in maiuscolo. Con tale negozio giuridico, le istituzioni si arrogano in maniera clandestina la proprietà del soggetto giuridico trust, come un qualsiasi bene mobile, facente parte di un commercio.

Per fare un esempio, quando otteniamo l’abilità alla guida, l’amministrazione pubblica rilascia la patente intestata al soggetto giuridico (NOME e COGNOME) di sua proprietà. Con quel documento non sta affermando che siamo in grado di condurre ma sta stipulando con noi un contratto. Così come la rilascia la può ritirare, proprio in funzione del fatto che il SOGGETTO a cui è intestato il documento è suo.

Quando il documento scade, al fine del suo rinnovo, sottopongono il titolare, ossia l’individuo a cui è intestato il titolo, a verifiche di idoneità alla guida e, in caso di superamento dei test, il documento è rinnovato, ancora una volta, al soggetto giuridico. In realtà il rinnovo non è una verifica della presenza delle condizioni di abilità, in quanto queste non si perdono col tempo, ma permangono a vita (in altri Paesi il documento non ha scadenza), piuttosto il rinnovo di un contratto pluriennale di amministrazione temporanea del soggetto giuridico NOME COGNOME, del quale si accetta la responsabilità.

Questo artificio giuridico, in gergo tecnico chiamato deminutio capitis, indica la perdita di una delle qualità giuridiche dell’individuo. Per gli antichi romani la deminutio capitis comportava un prioritis status permuratio, ossia un mutamento nel precedente status della persona.

Questo stratagemma lo si evidenzia soprattutto nelle comunicazioni ufficiali da parte delle istituzioni governative. I nomi delle amministrazioni pubbliche, ad esempio, sono scritte quasi sempre tutto in maiuscolo. Nel comune di Trieste, invece, no: la scrittura è interamente in minuscolo, “comune di trieste”. Ciò indica, Diritto alla mano, che Trieste non è sottoposta al controllo corporativo italiano. Ulteriore conferma della illegittimità dell’occupazione territoriale da parte della Repubblica Italiana. Il diavole si nasconde nei dettagli.

Passo dopo passo, il piano procede

Perché, parliamoci con onestà: in violazione di Trattati e accordi, a Trieste la Repubblica Italiane e il suo padrone, gli USA, continuano a fare quello che vogliono. La 3SI e la Cotton Road stanno procedendo speditamente.

Alcuni esempi recenti sono il fattaccio con Mediterranean Shipping Company e Wartsila. La MSC, prima azienda mondiale nella gestione cargo via mare, è stata fondata dall’armatore miliardario Gianluigi Ponte, sposato con la miliardaria sionista Rafaela Diamant, con CEO loro figlio Diego Aponte dal 2014, ha sottoscritto un accordo commerciale con la multinazionale finlandese Warstila… facendo valere l’Allegato VIII del Trattato di Parigi del 1947, in modo da godere del porto franco internazionale.

Un bell’escamotage per pagare di meno e guadagnare di più. Ma come, il TLT allora esiste? O, meglio, esiste, ma viene fatto valere solo quando fa comodo alla capitale internazionale, non certo per il bene dei cittadini. Pochi giorni dopo, sulla stampa locale il fatto è stato giustificato dicendo l’accordo è stato siglato in virtù della legge italiana 3054/1952 e gli altri trattati legati al…Territorio Libero di Trieste! D’altronde, per soddisfare il business di Israele nella Cotton Road, hanno scelto un’azienda a guida sionista in modo da non avere intralci. Un’altra casualità da aggiungere alla lista.

Curioso anche come alla pianificazione territoriale del Comune di Trieste sia stato messo un Ufficiale della Riserva Selezionata dell’Esercito Italiana, il Maggiore Architetto Beatrice Micovilovich, con esperienza maturata in missioni all’estero in zone di conflitto. Sarà anche una coincidenza, è probabile, ma con i venti di guerra continuamente richiamati da politici europei e mass media, risulta davvero poco credibile.

Ora però torniamo agli argomenti dell’articolo precedente, perché nel frattempo le cose vanno avanti. Viene in aiuto un articolo di Paolo Deganutti pubblicato sul Limes Club di Trieste, di cui riporteremo di seguito alcuni interessanti stralci. Ringraziamo Deganutti per le informazioni fornite.
Andiamo per tappe.

Paolo Messa, fondatore del gruppo Base per altezza, che edita la rivista di “intelligence” italiana Formiche (che ringraziamo per la pubblicità tramite i simpatici articoli che tentavano di smontare lo scandalo triestino), che fa da eco a The National Interest e Atlantic Council, ha mollato la gestione del suo gruppo per diventare, fino a dicembre 2023, il vicepresidente esecutivo di Leonardo – la ditta di armamenti italiana per eccellenza – nonché responsabile delle relazioni geo-strategiche con gli USA. Adesso Messa è vicepresidente dalla National Italian American Foundation di Washington e ricopre la carica di Non-resident Senior Fellow presso l’Atlantic Council.

Sempre presso Leonardo ha lavorato il già noto Ministro della Difesa Guido Crosetto come advisor dal 2018 al 2021, lavorando anche a Orizzonti Sistemi Navali, partecipata da Leonardo e Fincantieri.

Leonardo è in svendita al colosso BlackRock tramite l’invito del Primo Ministro Giorgia Meloni, come abbiamo recentemente illustrato. In tutto questo interviene David Patraeus, già comandante dello United States Central Command, con responsabilità strategica sul Medio Orinte, diventato poi il 23° direttore della CIA. Patraeus è all’interno del consiglio di amministrazione di KKR, grosso fondo americano che sta al controllo della rete Telecom Italia e che sostiene SACE, gruppo assicurativo controllato dal governo e specializzato nel sostegno alle imprese.

Come scrive Deganutti, Patreus è stato proposto, in interlocutori incontri a Trieste e a Washinghton, come possibile patrono americano dell’ operazione studiata negli USA che vorrebbe fare del porto di Trieste contemporaneamente il vertice del triangolo Mumbay-Dubay-Trieste della Via del Cotone, sottoscritta dalla premier Meloni nel settembre 2023 durante il G20 a Delhi, e del triangolo securitario Trieste – Danzica – Costanza (il Trimarium della NATO), illustrata da Kaush Arha, Paolo Messa ed altri autorevoli autori, fra cui cui l’ex Ministro degli Esteri del governo Monti Giulio Terzi di Sant’ Agata, che, altra casualità davvero inspiegabile, è stato Ambasciatore in Israele, Stati Uniti e Nazioni Unite. Il curriculum perfetto. Ci onoriamo di essere entrati nelle sue grazie, tanto da dedicarci articoli su Atlantic Council, The National Interest, Formiche e due pagine intere su Il Piccolo di Trieste.

Dunque, il progetto di questa nuova cortina di ferro procede spedito, con l’Europa intera che viene gettata in una guerra senza speranze in cui a guadagnarci sono i pochi padroni del capitale e a rimetterci sono interi popoli.

Allora, la domanda è: chi ha paura di Trieste?

Un accorato appello ai triestini ancora consapevoli: non sarà il governo di Roma né quello di Bruxelles a trarvi in salvo. La libertà di Trieste e del suo Territorio sono la vostra battaglia. Ma sappiate che nel mondo multipolare che si sta delineando, sono in molti a sostenere la vostra battaglia.

Di Lorenzo Maria Pacini, strategic-culture.su

21.10.2024

Lorenzo Maria Pacini. Professore Associato in Filosofia Politica e Geopolitica, UniDolomiti di Belluno. Consulente in Analisi Strategica, Intelligence e Relazioni Internazionali.

Fonte: https://strategic-culture.su/news/2024/10/21/who-is-afraid-of-trieste/

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