Chimere

Non torneremo mai alla normalità, perché la normalità era il problema. L’umanità sta entrando in una nuova era, e lo sta facendo attraverso un corridoio squallido e nefasto, del quale nessuno ancora conosce tracciato, lunghezza, asperità. Non sappiamo dove e come sarà il mondo che ci aspetta, ma l’istinto ci dice che in quel mondo i deboli saranno ancora più deboli. Pochi saranno i davvero forti, e loro sarà ancora una volta il maggior vantaggio.

L’istinto ci riporta alla nostra natura animale, ma continua a distinguerci dagli automi. Oggi è ciò che di più prezioso abbiamo, poiché la ragione è corrotta dalla paura, asservita all’omologazione dei comportamenti e contraffatta dalla fabbrica delle opinioni.

Non avrai altro Dio all’infuori di me, ripetono gli organi di informazione ufficiale. “Tutto andrà bene”.

Ma il nostro istinto si ribella di fronte alla follia di questa graduale transumanza verso il declino della specie. Forse abbiamo ancora qualche anticorpo che può salvarci dal baratro. Usiamolo.

Il nuovo mondo è il mondo delle chimere, un luogo dove è legittimo giocare con i virus, trasformarli a piacimento per studiarli. “E’ stato fatto per il bene di tutti” ci dicono oggi le agenzie della verità, affermando il vero e il falso nello stesso istante, nella distopica neolingua che mutua il bipensiero. Eppure… “dovete avere fiducia nella scienza”. Ma il nostro istinto profondo, l’impossibilità di accettare il dogma dell’indipendenza dei circoli della scienza dal profitto e dal potere, già così tante volte infranto dalla storia, continua a farci sentire che giocare con la vita è pericoloso e sbagliato.

“A me gli occhi: QUEL virus non è QUESTO virus”. Ma l’ipnosi dei profeti della verità è inefficace di fronte al nostro sentimento, e le parole “impossibile escludere altre spiegazioni” messe in fila dagli scienziati su Nature, possono bastare a risvegliare il nostro innato istinto di conservazione della specie, e frantumare la sfera di cristallo. L’effetto più dirompente di questo risveglio è una grande liberazione. Non tanto perché soffriamo di claustrofobia, ma perché pesano su di noi settimane di colpevolizzazione quotidiana per i nostri comportamenti, per il semplice anelito verso la soddisfazione di esigenze fondamentali. Siamo esseri umani che cercano di vivere, eppure chi ci sta conducendo attraverso il tunnel addossa sulle nostre spalle la responsabilità del contagio, la colpa di 1000 morti al giorno. La realtà è che si muore soprattutto per lo smantellamento della sanità pubblica e per l’attacco indiscriminato che negli ultimi anni è stato lanciato al nostro sistema immunitario, attraverso le scelte scellerate del sistema industriale.

Facciamo brillare la scintilla. Non permettiamo agli imperativi categorici di privarci delle nostre migliori facoltà umane. Affrontiamo la paura con coraggio. La cultura è il nostro kit di sopravvivenza, non releghiamola alla categoria del superfluo. Diffidiamo dai cattivi consiglieri, dal fondamentalismo, dal biofascismo, riappropriamoci della laicità della vera scienza. Siamo meravigliosi esseri umani. Le risorse per affrontare la crisi sono dentro di noi. Se vogliamo possiamo uscire dal tunnel domani.

Arlock

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Un commento

  1. Mi hanno colpito in modo particolare le “Chimere della Morte” descritte da Arlock. Queste Chimere “svelate” sembrano moltiplicarsi come domande rivelatrici. Si muore anche della paura di morire? Del generalizzato senso di colpa per la morte di altri? Per la minaccia di scomparsa dei propri cari, dei nostri inestimabili anziani, dei nostri fragili giovani? Si muore di vergogna indotta, anche solo per aver immaginato il concetto di “eutanasia” per chi soffre oltre ogni limite di dignità? Si muore dentro per la perduta capacità umana (o istintivamente animale) di confrontarsi con i cicli, della vita come della morte? Si muore per una sorta di accanimento terapeutico sulla preservazione “in vitro” della nostra talvolta inestimabile e talvolta inutile vita? Si muore perché non sappiamo con certezza, ne in campo sanitario ne in campo economico, chi decide chi è salvabile o chi è sacrificabile?…

    E’ vero, questo pesante fardello di paure e di colpe non è una buona educazione, non è una buona cultura.

    Ripenso piuttosto alle “Allegre Danze Macabre” degli affreschi medievali e rinascimentali, che aiutavano indistintamente tutte, ma proprio tutte, le classi sociali a confrontarsi umilmente ma anche scaramanticamente con l’ineluttabilità delle pestilenze. Ripenso a molte canzoni di De Andrè che sapeva onorare tutte le morti, dalle più umili alle più inusitate, con l’istinto di un rispetto animistico per gli Avi e gli Antenati. E allora sì, sento che la cultura, se sa anche rimanere profondamente laica e libera, è davvero il nostro kit di sopravvivenza della dignità umana, persino, se necessario, di fronte alla Morte.

    Grazie Arlok!

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