Comunitarismo: stiamo crescendo la rivoluzione

Si riceve e si pubblica questo testo che vuole essere una bozza di manifesto per un Comunitarismo del XXI secolo. L’autore è Corvo, già di recente ospite di queste pagine con la sua Eliopoli. A proposito della storia dei diversi comunitarismi che hanno caratterizzato la vicenda umana, la trattazione per forza di cose non è esaustiva: ci sarà occasione di approfondire questo punto. L’unica integrazione che si pone come doverosa è la citazione del compianto Costanzo Preve, promotore di una rielaborazione del concetto di “comunitarismo” alla luce della sconfitta di quello che il filosofo torinese definiva “il comunismo storico novecentesco”.

Tanti sono gli spunti di discussione: il dibattito è aperto.

Grande Reset, Grande Collasso, Grande Illusione o Grande Inganno

La definizione del problema

La società globale nella quale viviamo richiede una continua crescita per sostenersi.

Il concetto di una crescita infinita in un pianeta finito è paradossale. Un pesce non può divenire più grande del suo acquario. Attualmente l’umanità si trova di fronte all’esaurimento di risorse fondamentali. Quando parliamo di “esaurimento”, intendiamo quello delle risorse facili da estrarre, per le quali il costo d’estrazione è troppo alto rispetto al profitto generato dall’operazione. Nel presente, la società globale è intrappolata in un ciclo di ritorni marginali decrescenti, cioè per produrre la stessa quantità di risorse occorre sempre più lavoro. Questo lavoro può essere misurato in termini d’energia. In quanto la fonte primaria d‘energia sono tuttora i carboni fossili, tutta la struttura globalista costruita negli ultimi 70 anni entra in crisi.

La Grande Decisione

Come reazione a questa situazione, le cosiddette élite hanno pianificato un “collasso controllato” della società; il “Great Reset” (opzione B). Nella loro visione, il futuro assomiglia a un nuovo Medioevo, nel quale una microscopica classe sociale oligarchica conserva tutti i privilegi e i lussi della società contemporanea, dominando una sterminata massa di sudditi senza alcun diritto né possedimento. Noi riteniamo che questo progetto sia destinato a fallire sotto il peso della sua complessità. L’alternativa, tuttavia, potrebbe essere peggiore di quello scenario distopico che essi descrivono in vari testi. Questo scenario di conflitti interstatali, e sociali all’interno delle singole nazioni, non è più da proiettare nel futuro, ma fa già parte del nostro presente: lo chiamiamo Great Collapse” (opzione C). Per quanto non venga piu discussa, la prospettiva di un olocausto nucleare è sempre presente se la situazione dovesse sfuggire al controllo. Inoltre, nella nostra analisi il ritorno al mondo pre-2019 e’ impossibile a causa dalla scarsità di risorse facilmente accessibili. Un tale tentativo sarebbe solo in grado di costruire un’illusione di stabilità temporanea, che chiamiamo la “Great Illusion” (opzione A).

L’umanità si trova dinanzi a un bivio: “La Grande Decisione”. Le scelte che faremo avranno un impatto per secoli.

In questa quadro, matura il senso di urgenza nel descrivere e mettere in pratica una visione alternativa: bisogna agire in fretta per prevenire gli scenari peggiori e, se questo si rivelasse impossibile, salvare il salvabile, in ogni caso costruendo cellule comunitarie di civilta’ autarchiche e permaculturali.

Breve storia del comunitarismo

Una definizione del Comunitarismo non può che delinearsi a partire dai suoi aspetti storici. Il comunitarismo moderno infatti è informato dalla esperienza storica di convivenza umana prevalente: la tribù o il clan familiare. Poiché ne abbiamo esempi in ogni continente e latitudine, possiamo dire che essa sia la forma più “naturale” di organizzazione sociale, tenuta insieme da legami non solo di necessità, ma anche di affettività familiare. Andando avanti nella storia, troviamo ispirazione nel modello delle poleis greche: piccole città nelle quali, attraverso cultura, lingua e religione si forgia l’identità nazionale greca, ma, allo stesso tempo, le poleis mantengono la loro fiera indipendenza politica ed economica. Questo modello sociale culmina nel V secolo A.C. e declina quando le poleis divengono potenze imperiali, per poi venire assimilate nell’ellenismo.

La storia delle poleis greche riguarda l’italia del Sud, la Magna Grecia, e dopo mille anni lo stesso spirito si ritrova nel Nord Italia, dove la Lega si oppone all’Imperatore Barbarossa, gettando le fondamenta per il Rinascimento. Ancora oggi l’italia presenta differenze regionali pronunciate derivanti da centinaia di  anni di autonomia comunale . Questo patrimonio dev’essere conservato e rappresenta la base sociale del futuro che prospettiamo.

Sono queste le radici storiche a cui facciamo riferimento quando parliamo di Comunitarismo.

Cosa diavolo è successo alla Comunità?

Secondo Max Weber, dal modello storico prevalente di Comunità (in tedesco Gemeinschaft) siamo passati con la modernità a quello opposto di Società (in Tedesco Gesellschaft).

In questa dicotomia, i legami sociali possono essere classificati, da un lato, come appartenenti a interazioni sociali personali, con i ruoli, i valori e le credenze basate su tali interazioni, o dall’altro come appartenenti a interazioni indirette, con ruoli impersonali, valori formali e credenze basate su tali interazioni. Weber vede questa transizione come idealtipo per accentuare gli elementi chiave di un cambiamento storico/sociale che a lui appare come inevitabile. Noi pensiamo che la disumanizzazione che questo ha provocato sia la radice profonda dei mali dell’umanità, il primo gradino nella scala del transumanesimo.

Ritorno alle radici

A partire dalla metà del secolo scorso, come reazione agli orrori della guerra, alla diffusione di racconti etnografici sulle culture primitive e al vuoto spirituale della società occidentale, un nuovo modello di comunitarismo è nato sia con il movimento degli ecovillaggi che creano “Comunità intenzionali”, oltre che più recentemente con quello parallelo dei “Preppers” (che sono  più individualisti ideologicamente). Queste esperienze d’avanguardia sono rimaste confinate a piccoli gruppi in quanto, fino a pochi anni fa, la pressione sociale a far parte del sistema ha rallentato lo sviluppo del concetto. Tutto è cambiato con la pandemia e i lockdown. L’esperienza alienante di esser chiusi in casa, senza contatti fisici e con accesso limitato a cose considerate essenziali ha fatto rivalutare l’importanza dell’essere parte di un gruppo sociale coeso. Oggi un’avanguardia intellettuale sta riconsiderando i suoi piani per il futuro, guardando con scetticismo quelli che ci vengono proposti dall’alto. Si tratta di un piccolo gruppo, ma saranno loro che faranno la differenza in futuro.

Il Logos Tripolitikos e l’equilibrio della bilancia

Da un punto di vista politico, il comunitarismo non prescrive un tipo di organizzazione specifica.

La comunità si forma intorno ad un gruppo di persone che condividono vicinanza geografica e sviluppano valori comuni, per cui la forma politica non è univoca.

Vi possono essere comunità estremamente diverse, fondate su presupposti antitetici, e ciò rappresenta un elemento che dà forza al concetto: la sua capacità di adattamento.

I Greci, inventori del concetto stesso di democrazia, non pensavano che essa fosse necessariamente la forma migliore di governo. Avevano introdotto con Erodoto il Logos Tripolitikos (Λογος Τριπολιτικος), nel quale le tre forme principali di governo sono poste tutte allo stesso livello quando funzionano in maniera equilibrata.

Ché, offrendocisi tre forme di governo ed essendo tutte a parole ottime, ottima la democrazia e l’oligarchia e la monarchia

Erodoto Storie, III, 80-82

Come poi ripreso in parte da Montesquieu nel suo L’Esprit des Lois, democrazia, aristocrazia e monarchia sono tutte forme di governo legittime se applicate in base alla regione, al popolo che vi abita  ed al contesto nel quale esso si trova ad operare. In ognuna di queste forme politiche può sorgere un elemento che porta al suo sbilanciamento, e quindi alla necessità di riequilibrare il sistema. La sovraestensione imperialista (l’impulso a crescere oltre misura delle forme sociali) è prodotta dalla sete di potere di chi governa più che dalle reali esigenze della popolazione e rappresenta uno dei motori dello squilibri.

Queste comunità non hanno solo carattere politico, è cruciale che esse posseggano i “mezzi di produzione”. Questi, secondo la teoria marxiana, rappresentano la congiunzione dei mezzi fisici di lavoro (macchine, utensili, terre e materie prime) che, a partire da risorse primarie crea, tramite il lavoro, un prodotto finito a valore aggiunto.

Le comunità del futuro, possedendo i mezzi di produzione, saranno  in grado di autosostenersi economicamente e non dipenderanno dal sistema corrente il che gli conferirà potere politico.

Il diritto democratico (del Demos, il popolo) non è basato, a differenza di quanto sostengono i liberali, su un presunto “diritto naturale”, men che meno su quello “divino” proposto da credenti delle varie fedi religiose. Piuttosto, come spiegato da Marx, esso si basa sui rapporti di forza sul campo: il potere politico è implicito all’interno di quello economico.

Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. ( da Zur Kritik der Politischen Ökonomie, 1859)

Il processo di produzione capitalistico, considerato nel suo nesso complessivo, cioè considerato come processo di riproduzione, non produce solo merce, non produce solo plusvalore, ma produce e riproduce il rapporto capitalistico stesso: da una parte il capitalista, dall’altra l’operaio salariato.(da Das Kapital, 1867)

Non concordiamo con il materialismo estremo del filosofo tedesco, ma nelle sue conseguenze quanto sopra è cruciale per comprendere i meccanismi del potere.

In questo momento storico, quei rapporti di forza che avevano portato alla creazione dell’impianto costituzionale italiano sono spariti. Quello che rimane è il loro aspetto cerimoniale, una buccia priva di sostanza. Questa situazione porta alla futilità del perseguire un percorso istituzionale, e/o giuridico, per riportare la situazione allo stato definito dalla costituzione del 1948. I metodi di protesta sociale usati nell’ultimo secolo con successo devono essere rivisti. Le dimostrazioni popolari, gli scioperi operai, i gruppi di pressione dei “consumatori”, come le altre forme di protesta pacifica che hanno avuto successo in passato, potranno solo quindi rallentare l’ineluttabile: l’avvento di un sistema radicalmente differente, quale che sia.

In quanto noi rigettiamo l’idea di una rivoluzione violenta per cambiare i rapporti di forza, proponiamo di concentrarci sulla creazione di questi organismi comunitari come le cellule di un nuovo corpo sociale; di concentrarci sulla creazione di queste strutture sociali di base, una rete alternativa che dia risposte ai bisogni fondamentali dell’essere umano: spirituali e materiali, in questo ordine.

Ricordiamoci della storia: è solo quando le città del Nord Italia raggiungono di fatto l’indipendenza sociale ed economica che possono richiedere benefici politici (con la Pace di Costanza 1183).

Verso un nuovo Umanesimo

La gemeinschaft del futuro è primariamente fondata su concetti umani profondi e si oppone a entrambi i materialismi: sia a quello capitalista-consumista che a quello proposto dall’analisi marxista. Un ritorno all’Umanesimo quindi, alla società a misura d’uomo piuttosto che a misura di macchine e industrie.

Noi ci opponiamo fermamente alla gesellschaft globalista proposta dalla élite che trova la sua apoteosi nella industry 4.0 nella quale le macchine prendono il posto dell’Uomo ed esso stesso si fonde con la macchina. In essa il valore dell’essere umano non è misurato in base alla quantità di ricchezza prodotta, ma piuttosto alla qualità del suo contributo all’organismo comunitario.

Con questo non rigettiamo la “tecnologia” per sé.  Chi scrive non solo usa tecnologie avanzate ogni giorno: fa parte di quel gruppo che le progetta in modo che altri le possano usare. Allo stesso tempo osserviamo con orrore come esse vengano usate per attuare nuove forme di controllo, distruggere il nostro ambiente e tenerci costantemente in uno stato di torpida distrazione.

Sei felice?

Nel comunitarismo, la presenza fisica di coloro che amiamo, di quelli con cui lavoriamo e interagiamo, conferisce qualità all’interazione umana e dà risposte alle fondamentali domande esistenziali tipo: “sei felice?”

La statistica della felicità, fatta sui dati globalisti

Sono felici solo perche’ prendono pillole?

Il Comunitarismo come inevitabilità storica

Per quanto questa prospettiva possa apparire utopica, essa deriva dall’analisi antropologica dei gruppi sociali storicamente prevalenti negli ultimi 25,000 anni. Presentiamo questo ritorno come inevitabile e ciò si potrà verificare in due modi: la fondazione pianificata di comunità organizzate e strutturate, oppure la frammentazione in piccoli gruppi in guerra fra loro per la conquista di risorse di base. Noi auspichiamo il ritorno ad una organizzazione sociale antica, senza rinunciare alle conoscenze dell’epoca moderna.

La potenza dell’analisi marxiana risiede nella descrizione di forze storiche che, a parere del filosofo tedesco, avrebbero portato inevitabilmente verso una certa conclusione. Secondo Marx la società comunista si sarebbe realizzata in maniera naturale per effetto di queste forze storiche.

Ma, come hanno dimostrato i precedenti 100 anni, non ci stiamo avvicinando alla vittoria finale del comunismo. Piuttosto, l’avanzamento tecnologico, pur previsto dal filosofo tedesco, non ha liberato il lavoratore, bensì lo ha reso ancora di più schiavo del capitale. Noi proponiamo un’analisi storica che afferma l’ineluttabilità del comunitarismo, che sarebbe radicato nella naturale tendenza umana di aggregarsi in piccoli gruppi di fronte alla fragilità della società globalista.

Le forze della storia, descritte dai classici greci, si muovevano in maniera circolare, o ciclica. A partire dalla Rivoluzione Industriale, a causa di una continua crescita di ricchezza e conoscenza scientifica, ha preso invece piede questa nuova percezione della storia, che viene immaginata come una linea retta in continuo avanzamento. Si crea così la prospettiva, comune al comunismo ed al capitalismo, di un futuro sempre più radioso, impresso nell’immaginario collettivo da film come Star Trek. Con l’esaurimento della crescita infinita , le forze della storia, che nel XX secolo spingevano verso la continua modernizzazione, si muovono oggi verso una riduzione della complessità sociale umana. In questo senso, il ritorno verso forme sociali comunitarie ci sembra ineluttabile.

Il nostro contributo qui è la definizione di un sistema di minimi valori comuni che possa portare a un modello etico e pacifico, anziché al homo hominis lupus di hobbesiana memoria. Abbiamo descritto questi valori nel manifesto delle Altre Alternative. In aggiunta, abbiamo descritto i valori della comunità di Eliopoli nel suo manifesto.

Ci troviamo di fronte a un bivio epocale, le élite spingono per un Grande Reset che mantenga i loro privilegi a scapito non solo dei nostri diritti, ma della nostra stessa umanità.

Il comunitarismo si configura come soluzione alternativa ai grandi problemi della società globale: l’ingiustizia economica, l’alienazione provocata dalla solitudine sociale, oltre che i macro problemi come inquinamento e guerra interstatale.

Le proteste democratiche non possono avere effetto quando i rapporti di forza che avevano definito le istituzioni rappresentative non esistono più. La fondazione di partiti, le petizioni e tutto il resto non funzionano più in quanto non e’ possibile riformare il sistema dall’interno. In Italia, l’esperienza del Movimento 5 Stelle e’ emblematica in questo senso. Nell’analisi di Marx, la forza del proletariato deriva dalla sua mano d’opera, che è necessaria alla classe borghese. Oggi, il proletariato tutto ha perso questo potere: nel cosiddetto primo mondo, si trova sotto costante ricatto.

Il comunitarismo propone di riconquistare i mezzii di produzione e, una volta raggiunta questa libertà economica, di riprendersi quella politica.

È tempo di abbandonare il ruolo di schiavi a cui siamo stati ridotti, è il momento di ricordarsi che siamo umani, e che noi non esistiamo solo per servire un piccolo gruppo elitario che ci tiene schiavi della paura. È tempo di lasciarci alle spalle un mondo morente per fondarne uno migliore.

di Corvo per Comedonchisciotte.org

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