Sabato 6 febbraio, davanti a ospedali, distretti socio-sanitari, sedi comunali ed RSA del Veneto è proseguita la mobilitazione regionale sulla questione socio-sanitaria, lanciata in sinergia da diverse realtà dopo l’assemblea telematica dello scorso 31 gennaio.
Una giornata di mobilitazioni che segna la prosecuzione di un percorso comune di lotta sul tema della salute in una delle regioni più duramente colpite dagli effetti catastrofici della sindemia, che proseguirà con una manifestazione regionale il prossimo 20 febbraio a Padova.
Nonostante la propaganda del governatore Luca Zaia e della sua giunta regionale racconti che tutto stia andando bene, sappiamo che il “modello veneto” si è dimostrato un fallimento, le morti sono state oltre 9000 (il 10% del dato nazionale) e la diminuzione dei contagi e dei ricoveri alla quale stiamo assistendo in questi giorni è dovuta semplicemente alle opportune restrizioni del periodo natalizio. I decessi, invece, sono sempre in aumento e il tracciamento dei contatti -vera arma per arginare il contagio senza ricorrere alle restrizioni- non ha mai funzionato; allo stesso tempo è stato reso strumento di propaganda politica lo scorretto utilizzo dei tamponi rapidi.
Per questo motivo, numerose persone ai Venezia, Padova, Verona, Rovigo, Belluno, Vicenza e Treviso hanno dato vita a manifestazioni per chiedere un nuovo piano sanitario che metta da parte le logiche del profitto e si prenda veramente cura della salute delle persone.
Diverse le rivendicazioni dei comitati, delle associazioni e dei centri sociali presenti nelle strade e nelle piazze.
In primis, in questo momento storico, viene chiesto che le case farmaceutiche che hanno sviluppato i vaccini – grazie a imponenti finanziamenti pubblici- cedano i brevetti e per una volta rinuncino a lucrare sulla vita e sulla salute. Questo permetterebbe di aumentare immediatamente la produzione di vaccini senza aspettare eventuali accordi commerciali.
La scelta di fare mobilitazioni coordinate davanti agli ospedali di prossimità non è stata un caso: gli organizzatori, infatti, chiedono la ricostruzione della medicina di prossimità, territoriale e non basata sulla centralizzazione delle cure e l’aziendalizzazione che mette in competizione i sistemi regionali.
«La sanità alla quale aspiriamo» dichiarano molti degli interventi sentiti nelle varie piazze «va oltre il concetto di pubblico e mira, invece, a una riappropriazione sociale della produzione e gestione di beni e servizi fatti per la comunità. Una sanità che sia realmente un bene comune deve prendersi cura del welfare più largamente inteso, preoccupandosi non solo della cura delle patologia, ma tanto più della loro prevenzione attraverso la garanzia di diritti di base quali ad esempio la casa, l’accesso all’acqua, la sovranità alimentare, la salubrità delle città e la giustizia climatica».
A Padova un centinaio di persone si sono radunate davanti all’Ospedale Sant’Antonio, recentemente ceduto all’Azienda Ospedaliera di Padova e depauperato delle risorse che gli consentivano di essere il nodo di medicina territoriale per i padovani.
In 150 sono scese/i in piazza dei Signori a Vicenza per reclamare un modello diverso di Salute, sotto lo slogan “mettiamo al centro la salute”. Dall’esperienza dal basso e autogestita della Caracol Olol Jackson è partita una discussione generale sul modello di salute e cura a cui aspirare.
A Venezia il presidio si è tenuto davanti al distretto socio-sanitario di via Cappuccina. Anche qui si è registrato un dato numerico importante in termini di adesioni da parte dei comitati presenti sul territorio, tra cui spicca il Comitato Veneto per la Salute Pubblica (COVESAP) da sempre impegnato nella difesa e promozione della salute come diritto universale.
A Treviso il presidio si è tenuto davanti all’ospedale Ca’ Foncello. «In un territorio tra i più inquinati del Paese non è possibile morire e trovarsi senza un sistema sanitario decente in grado di curare» hanno dichiarato gli attivisti del CSO Django, promotori del flash-mob, insistendo anch’essi sull’accesso e la distribuzione democratiche del vaccino.
Buona la partecipazione anche a Verona davanti all’ospedale di San Bonifacio ed a Rovigo e Belluno davanti ai relativi ospedali. A Schio (VI) sono stati affissi alcuni striscioni davanti all’ospedale recanti la scritta “Modello Zaia: sanità al collasso”.
Immagine di copertina: foto di Attilio Pavin scattata al presidio di Vivenza in Piazza dei Signori.