Quello che pensa Putin della NATO lo sappiamo ormai a memoria. Sentiamo invece quello che ne pensa la Cina, attaverso questo suo articolo pubblicato oggi sul Global Times, intitolato “L’uscente Stoltemberg continua a seminare mine nel mondo”.
Il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg sta per lasciare il suo incarico, e il prossimo vertice della NATO che si terrà negli Stati Uniti il mese prossimo sarà il suo tour d’addio. Negli ultimi due giorni, Stoltenberg si è recato a Washington per riscaldarsi in vista del prossimo vertice, ventando nel contempo alcuni dei suoi “risultati” come eredità politica degli ultimi nove anni di incarico come Segretario della NATO.
Ha vantato il fatto che 23 dei 32 membri del blocco abbiano raggiunto l’obiettivo di spendere il 2% del PIL per la difesa, rivelando allo stesso tempo che la NATO sta discutendo lo spiegamento di altre armi nucleari.
Le frasi di Stoltenberg, che provocano nel mondo grandi preoccupazioni, sono pronunciate con disinvoltura e persino con entusiasmo. Il capo della NATO ha inoltre continuato a minacciare la Cina, affermando che la Cina non può “tenere il piede in due scarpe”, tra Occidente e Russia, e che se non cambia rotta “dovrebbero esserci delle conseguenze”.
Nei suoi nove anni in carica, il mondo ha assistito alla prolungata guerra civile siriana e allo scoppio del conflitto Russia-Ucraina, nonché del conflitto Israele-Palestina. Il ruolo della NATO in conflitti di tale portata è disonorevole. La crisi ucraina, in particolare, causata dall’espansione del blocco verso est, ha gettato l’Ucraina nella guerra, ha ulteriormente dilaniato l’Europa e ha riportato in vita la NATO. Persino negli Stati Uniti e in Europa ci sono state dure critiche e avvertimenti al riguardo.
Ma Stoltenberg non è ancora soddisfatto, visto che lunedì a Washington ha continuato a chiedere all’Occidente di fornire altre armi all’Ucraina, sostenendo che questa è la “via verso la pace”. Neppure lui riesce a giustificare queste affermazioni, ammettendo che questo “può sembrare un paradosso”.
Questo è il modo in cui Stoltenberg nasconde i suoi desideri di guerra e il suo senso di colpa, nonché il modo in cui opera la NATO nel suo insieme: creare conflitti in nome della prevenzione delle crisi ed esacerbare le catastrofi in nome della gestione delle crisi. Come ha sintetizzato uno studioso occidentale, le invasioni sono salutate come “intervento umanitario”, i colpi di stato come “rivoluzione democratica”, il sovvertimento di un regime come “promozione della democrazia”, la diplomazia delle cannoniere come “libertà di navigazione”, l’espansione del blocco militare come “integrazione europea”. “, e il dominio come “negoziare da una posizione di forza”.
Sotto la guida di Stoltenberg, la NATO ha anche tentato di interferire nella regione dell’Asia-Pacifico, allineandosi con la direzione strategica degli Stati Uniti e promuovendo la “pacificizzazione dell’Asia da parte della NATO”. Sebbene tali tentativi abbiano incontrato la resistenza della maggior parte dei paesi della regione Asia-Pacifico, e rimangano quindi limitati a una ristretta cerchia di alleati degli Stati Uniti, i paesi della regione non devono ignorare il problema.
Il desiderio dei paesi della regione di mantenere la pace e lo sviluppo regionale non significa che la NATO non abbia intenzione di creare discordia. La storia stessa della NATO ha dimostrato che essa rafforza le proprie funzioni attraverso la creazione di crisi. Poiché ora intende rafforzare la propria presenza e le proprie funzioni su scala globale, è inevitabilmente costretta a creare crisi sempre più grandi.
Su questo punto, individui perspicaci a livello internazionale, compresi quelli dei paesi occidentali, hanno da tempo fornito sintesi incisive. Organizzazioni come la NATO hanno interferito in quasi tutte le guerre e i conflitti sin dalla sua fondazione, esportando costantemente la guerra e portando solo ulteriori problemi. Nel ciclo di ricerca del nemico, creazione di crisi ed estensione della propria esistenza, la NATO mira a fare della Cina l’ultimo obiettivo.
Negli ultimi anni, le dichiarazioni dei vertici della NATO hanno riguardato sempre più spesso la Cina, e le azioni provocatorie contro la Cina sono diventate più frequenti. In particolare, lo stesso Stoltenberg ha ripetutamente fatto minacce quest’anno, chiedendo alla Cina di scegliere tra l’Occidente e la Russia. Solo a febbraio, durante la sua visita negli Stati Uniti, ha creato uno scenario degno di nota rilasciando sette dichiarazioni provocatorie sulla Cina in sei giorni. I suoi discorsi sono ripieni di linguaggio conflittuale che echeggia la Guerra Fredda. Dato che alcune élites politiche negli Stati Uniti e in Europa spesso sostengono cause morali come “l’opposizione alla coercizione” e la “difesa della pace”, dovrebbero sentirsi imbarazzate dalle affermazioni di Stoltenberg.
Gli strenui sforzi di Stoltenberg per promuovere ad ogni costo la narrativa della “minaccia cinese” indicano che questo compito è in realtà molto difficile. La Cina partecipa costantemente alle questioni internazionali come una grande potenza responsabile, perseguendo la pace e offrendo opportunità positive. All’interno della stessa NATO, la Cina è uno dei principali partner commerciali per la maggior parte dei 32 paesi membri. Questo è uno dei motivi per cui la NATO definisce la Cina una “sfida sistemica”. Per un’entità dipendente dalla guerra come la NATO, una Cina che segue un percorso di sviluppo pacifico diventa naturalmente una “sfida”.
Quest’anno ricorre anche il 75° anniversario della NATO. La retorica guerrafondaia di Stoltenberg è il miglior commento sul ruolo svolto dalla NATO negli ultimi 75 anni. Se Stoltenberg ci lascia qualche eredità durante il suo mandato, è proprio quella del conflitto e della guerra. E’ necessario essere particolarmente cauti nei confronti della promozione da parte di Stoltenberg della “narrativa della minaccia”. La storia ha ripetutamente dimostrato che tale retorica va sempre contro la pace, lo sviluppo e la prosperità. Quanto più forte diventa la voce della NATO, tanto più vigili dovrebbero rimanere le persone amanti della pace.