di Marco Bersani*
articolo pubblicato su il manifesto del 5.09.2020
La ripresa della quotidianità post-vacanze lascia immutate tutte le contraddizioni sinora emerse, con l’arrivo, lo scorso inverno, dell’epidemia da Covid-19. Le preoccupazioni su una nuova ondata con l’approssimarsi dell’autunno si saldano con la constatazione di come istituzioni e ceto dirigente sembrino non aver tratto alcun insegnamento da quanto sin qui avvenuto, e continuino a navigare a vista, attraverso provvedimenti che non imprimono alcuna inversione di rotta al modello economico, ecologico e sociale.
Gli imperativi tornano ad essere “correre” e “crescere”, come se non fossero proprio queste le cause di quanto avvenuto. Nessuna considerazione per la drammaticità della crisi climatica, che si rende evidente ad ogni temporale, né per la gigantesca diseguaglianza sociale, acuita da una pandemia che ha dimostrato la propensione del sistema dominante a selezionare fra vite degne e vite di scarto.
Il “niente sarà più come prima”, speranza collettiva di tutte le persone durante il lockdown, viene agitato ora come minaccia dalle grandi imprese e dalle lobby bancarie e finanziare, le quali, da una parte chiedono di poter accedere in maniera esclusiva a tutte le risorse pubbliche a disposizione, e dall’altra, minacciano il ritorno alla trappola del debito e dei vincoli finanziari, vera causa della trasformazione di un serio problema epidemiologico in una tragedia di massa.
Per fortuna non tutti cedono alla rassegnazione: dal giugno scorso, decine di reti associative e di movimento hanno iniziato a connettersi per affrontare in maniera condivisa il problema dei problemi: mentre la crisi climatica e sociale imperversa – e la pandemia l’ha ovviamente mostrata e amplificata – è possibile mettere a frutto le innumerevoli analisi e proposte prodotte dalle esperienze di lotta e dalle vertenze in campo, provando a costruire un percorso di convergenza, che aiuti ad aprire un nuovo orizzonte e a produrre un’ampia mobilitazione della società? E’ possibile contrapporre all’economia del profitto la costruzione di una società della cura e, intorno a questo paradigma, ri-significare beni comuni, territorio, lavoro, reddito, welfare, a partire dalla strettissima interdipendenza tra società e natura?
Può tutto questo divenire, nel tempo, un’alternativa di società, per la quale donne e uomini si mettono in gioco e, mobilitandosi, aprono contraddizioni sulla riappropriazione e sulla destinazione della ricchezza sociale prodotta?
E’ un percorso agli inizi, ma che si è già dato un nuovo appuntamento di assemblea via web per venerdì 18 settembre e che mira a costruire una mobilitazione nazionale ampia e popolare per il prossimo novembre, in modo da porre, nel momento delle scelte sulla legge di bilancio e delle proposte per l’accesso ai fondi europei, la necessità di una radicale inversione di rotta in direzione della giustizia climatica e sociale.
Nel frattempo, chi volesse approfondire l’analisi e confrontarsi sulle proposte per una società della cura, può partecipare all’università estiva di Attac Italia, che si tiene a Cecina (LI) dall’11 al 13 settembre
Sono previsti seminari e dialoghi, workshop e gruppi di lavoro, confronti tra reti associative e di movimento. Ne discuteremo con Stefania Barca, Marco Bersani, Raffaella Bolini, Maria Francesca De Tullio, Gian Luca Garetti, Akira Genovese, Federica Giardini, Emanuele Leonardi, Vittorio Lovera, Sandro Mezzadra, Angela Osorio, Giulia Rodano.
Per la prima volta, dopo tanti mesi, in presenza e mantenendo il necessario distanziamento fisico. Che nulla ha a che vedere con il distanziamento sociale, tanto caro ai poteri dominanti.